venerdì
12 Settembre 2025

«La spiaggia è una medicina, fateci lavorare, lasciateci il piccolo intrattenimento»

 

Abbiamo chiesto un intervento sul tema del “dopo” coronavirus anche a Michele Casadio. Consigliere comunale a Ravenna di Italia Viva, amministratore unico di C.F.S. srl, Casadio gestisce con la socia Laura Sillato il bagno Finisterre e l’hotel Alba a Marina di Ravenna.

Michele CasadioLaura e io sentiamo crescere di giorno in giorno la voglia di estate e la mancanza del nostro amato Finisterre in cui fino al 6 aprile non potevamo neanche mettere piede per i lavori. Riceviamo sempre più mail, messaggi e chiamate, da nuovi e vecchi clienti e questo ci emoziona nel tempo in cui attendiamo di sapere cosa sarà di noi e cosa sarà dell’estate 2020, perché un’estate dovrà esserci.

Alle istituzioni direi: non venite a porci dei limiti impossibili, ragionate con noi, considerando che tanti operatori spendono 40/50 mila euro a stagione solo per affittare le strutture (sugli affitti d’azienda tutto tace scandalosamente e si rischia di intasare i tribunali di cause!), senza considerare gli investimenti annuali per migliorarle. Nel nostro piccolo anche quest’anno avevamo avviato ordini e lavori per alcune decine di migliaia di euro, lasciando forzatamente a riposare materiale incustodito fuori dal bagno per oltre un mese.

Leggo prospettive fuori da ogni logica e senza alcuna possibilità di copertura economica: non può essere che al supermercato, mantenendo le distanze di sicurezza, si può ricevere il servizio al banco mentre da noi piccoli commercianti, no. Perché dovremmo essere trattati diversamente? Imponeteci entrate contingentate negli ambienti chiusi, distanze dal banco e tra le persone, di tenere a disposizione gel igienizzanti e guanti monouso ma non prospettateci di non riuscire a lavorare e a offrire alcun servizio.

Il piccolo intrattenimento con le giuste regole lasciatecelo fare, distanziati, regolamentati, serve a noi e a tutto quel mondo di artisti e musicisti che è in ginocchio e che non può permettersi di perdere una stagione come quella estiva. Per quanto dovremmo immaginarci invece di non poter ballare? Scegliete una voce, una sola, che faccia la sintesi dei vostri tavoli di lavoro e delle vostre decisioni e diteci quando potremo tornare a ballare coi piedi nudi sulla sabbia o in una discoteca. Perché tutto è più sopportabile se vi è comunicazione e comprensione delle difficoltà altrui, per cui sfruttate il momento anche per semplificarci la vita.

A tutti quelli che, schiacciati dalle più o meno legittime paure, leggo chiedere spiagge chiuse, bagni a numero chiuso, metà degli ombrelloni, no sport, no musica, invocando che ci penseremo l’anno prossimo, mi spavento e non come imprenditore ma come uomo, tutto questo non ci ha insegnato nulla? Siamo arrivati sul baratro e sfoghiamo ogni giorno solo paure e frustrazioni come nulla fosse? Siamo passati dalla paura dell’extra-comunitario a quella irrazionale del virus? Mi sembra che troppi alimentino una società votata ai peggiori istinti e dominata da paure ma noi chiediamo regole certe e sicure, controlli, compensazioni per le possibili limitazioni e non deregolation, non immaginiamo un’estate come l’anno scorso.

Nel nostro hotel immagino non potremo più allestire i buffet per una serie di mesi, ditecelo che ci organizziamo, dobbiamo sanificare con procedure nuove le camere dopo ogni utilizzo? Ditecelo che ci organizziamo. Volete che indossiamo le mascherine o possiamo impostare distanze minime e lavorare con queste? Dobbiamo porre delle barriere tra noi e i clienti come fossimo in banca? Cerchiamo delle linee guida che tengano conto dei costi e di possibili aiuti, perché la nostra marginalità non esiste per il 2020 (era già fortemente compromessa) e non si può dare per scontato che ogni piccola, media o grande struttura abbia le risorse per adeguarsi o anche solo per riaprire. Non si può pensare che ogni persona che si ha davanti abbia voglia di indebitarsi ulteriormente senza tanta fiducia nel futuro e magari stanca di decenni di lavoro, non si può pensare che ognuno di queste persone abbia nascosto montagne di banconote nel materasso ed evaso. Non si può non capire che senza impresa privata, forte e con spinta alla crescita non ci sarebbe più lavoro, welfare di stato, sanità pubblica, scuola e ogni altro servizio, e continuare con una contrapposizione tra i giusti e gli imprenditori, visti tutti come evasori, tra gli sfruttati e gli schiavisti.

Il 24 febbraio avevamo l’albergo pieno, tanti gruppi prenotati e alcuni periodi già al completo, lavoravamo sui primi due mesi dell’anno con occupazioni record e immaginavamo già investimenti per alcune centinaia di migliaia di euro: ci siamo trovati nostro malgrado vuoti. Da allora ogni giorno stiamo letteralmente rivedendo ogni ambiente, ogni spazio, ogni camera. Ci siamo improvvisati imbianchini, muratori e falegnami e immagino avremo ancora abbastanza tempo per ristrutturare i nostri esercizi ma vorremmo non sentirci lasciati soli, poter capire come saremo aiutati, come far fronte al futuro senza chiedere una beneficienza di stato ma un riconoscimento a non abbandonare il campo, a non smettere di mettersi in gioco in questo strano Paese che penalizza l’impresa privata e non sostanzia la possibilità di mettere a frutto le energie.

Se non ora quando? Quando mettere le mani al sistema degli affitti che affossa i nostri centri storici e la vita di tanti piccoli commercianti a favore di pochi grandi possessori di immobili? Se non ora quando mettere le mani al sistema bancario che prima ti sfianca e poi si lamenta della bassa redditività e liquidità delle aziende? Se non ora quando ridurre la burocrazia che ci impone di impiegare il 70% del nostro tempo in mille pratiche diverse invece che concentrarci sulle nostre aziende? Se non ora quando fare una grande riforma che comprenda che le partite Iva non sono altro che impiegati di se stessi e meritano tutte le agevolazioni e le tutele possibili?

Noi ricostruiamo il nostro albergo e il nostro stabilimento balneare ma in questo tempo vorrei che qualcuno si occupasse di rivedere il Paese e veramente dargli un nuovo inizio. Restiamo ottimisti, progettiamo un’estate senza grandi eventi ma basata su una cosciente consapevolezza del bisogno di distanziamento sociale da una parte e di socialità dall’altra parte. Lasciateci lavorare e controllateci ma mentre tifiamo e aspettiamo la scienza, le medicine e i vaccini, non dimenticatevi che la vita è anche salute mentale e psicofisica e noi di questa siamo la medicina migliore, l’estate, il mare aperto, le spiagge, i sorrisi e un cocktail con gli amici, e se dovremo limitare limiteremo ma senza immaginare sovrastrutture macchinose e assurde che terranno chiusi metà degli operatori e metteranno a dura prova l’altra metà.

Pensiamo a regalare ferie a quei lavoratori a cui le hanno fatte consumare tutte, diamo un buono vacanze, ridiamo un sorriso al Paese, non costruiamo guerre tra chi chiede di poter sopravvivere e chi ha paura di ammalarsi e vedremo che veramente #andràtuttobene.

Michele Casadio

Case di riposo, istituiti tre nuclei osservazionali. Confcooperative: «Orgogliosi»

Il punto sulle Case Residenza. L’Ausl: «Al momento situazione sotto controllo»

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Un’attività alla Casa protetta Garibaldi

«Dire che gli operatori delle nostre cooperative sociali che gestiscono le case residenza per anziani e i centri residenziali per persone con disabilità, si stanno impegnando al 100 percento nel loro lavoro è poca cosa: stanno dando, in questo periodo, un’eccezionale dimostrazione di servizio, ci stanno mettendo impegno, anima e cuore». Lo dichiara Antonio Buzzi, vicepresidente Confcooperative Ravenna-Rimini, che in una nota inviata alla stampa si dice molto orgoglioso del lavoro svolto in queste settimane di emergenza «e siamo soddisfatti, sul nostro territorio, della collaborazione con l’Ausl della Romagna e con le amministrazioni pubbliche, una collaborazione che sta dimostrando come, almeno qui da noi, il connubio tra pubblico e privato sociale funzioni».

«Ad oggi – continua Buzzi -, mentre si dà massima attenzione a salvaguardare la salute degli ospiti e dei lavoratori, la vita, pur circoscritta nelle mura e nei piccoli giardini delle strutture, continua con la stessa intensità e attenzione che contraddistinguono questi luoghi».

Diverse sono state le misure prese per evitare il contagio all’interno delle Case residenza (Cra): l’approvvigionamento, seppur con difficoltà, dei dispositivi di protezione individuale, che non sono mai mancati; la dolorosa ma necessaria chiusura alle visite dei familiari, cercando di mitigare la lontananza con ogni strumento (video-chiamate, telefonate, invio di foto e filmati, ecc.); la separazione per nuclei del personale e delle attività anche all’interno delle strutture stesse. Infine, uno degli interventi che ha caratterizzato questo territorio: l’istituzione dei nuclei osservazionali.

Tre strutture, una a Ravenna, una a Fusignano e una a Faenza sono state identificate come luoghi intermedi in cui ospitare tutti gli anziani che, pur risultanti “negativi” al virus, ma provenienti dal proprio domicilio o dimessi dagli ospedali, necessitano di un periodo di osservazione prima di poter entrare senza rischi in una Cra o per farvi ritorno dopo un ricovero ospedaliero. Il periodo di permanenza nei nuclei ha una durata massima di 14 giorni.

«Al momento la situazione nelle nostre Cra è sotto controllo e questo lo dobbiamo al lavoro di collaborazione costruito in anni precedenti, da parte della Direzione Infermieristica e Tecnica Territoriale, dal Dipartimento di Sanità Pubblica e dal Dipartimento di Cure Primarie insieme agli enti gestori – dichiara la direttrice del distretto Ravenna dell’Ausl Romagna, Roberta Mazzoni -. L’esperienza dei nuclei osservazionali, avviata sulla provincia di Ravenna, è frutto di un sistema di relazioni che ha reso possibile individuare, in tempi molto veloci, una modalità organizzativa che consentisse di garantire il percorso degli assistiti e ridurre il rischio di diffusione del coronavirus all’interno delle strutture socio-sanitarie. La scelta è stata dapprima condivisa con il Dipartimento di Sanità Pubblica e successivamente nei diversi Comitati di Distretto, trovando una risposta positiva da parte degli Enti gestori individuati che si sono attivati  prontamente per la realizzazione. L’efficacia dei sistemi a rete – continua – dipende dalle diverse sinergie realizzate fra pubblico, mondo della cooperazione, imprese e professionisti che in integrazione condividono percorsi e si attivano per trovare risposte innovative in relazione ai bisogni presentati e, in particolare, per affrontare le sfide richieste da questa emergenza sanitaria».

«Quello dei nuclei di osservazione è uno dei diversi e importanti tasselli di una complessiva strategia messa in campo per rendere più sicure le strutture sociosanitarie per anziani, tra i luoghi a maggior rischio focolaio Covid-19 – aggiunge il sindaco di Ravenna Michele De Pascale -. Un rischio che non si può azzerare, ma che stiamo cercando di ridurre al minimo. Una soluzione possibile in virtù della positiva collaborazione tra l’Ausl della Romagna e le cooperative sociali, che ringrazio. Anche in questo complesso momento il mondo della cooperazione, e con esso più in generale tutto il terzo settore, sta dimostrando come la grande forza di Ravenna sia quella di riuscire ad affrontare insieme le difficoltà, superandole con l’impegno, le competenze e la forza di volontà, tutti allo stesso modo indispensabili, di ciascuno».

La maschera da sub che dà voce a medici e infermieri mentre li protegge dalla Covid

Un ingegnere ravennate tra le menti che hanno realizzato la C-Voice Mask, nata dalla collaborazione tra l’Università e l’azienda Siropack: «Prodotti e donati 160 pezzi, senza fini di lucro»

90712210 2983754781718207 819464998274203648 OPrendi una maschera da mare, di quelle colorate con il boccaglio per guardare il fondale a riva a Punta Marina, e trasformala in una protezione per medici e infermieri contro il coronavirus consentendo a chi la indossa anche di essere sentito quando parla. È la sfida tentata e vinta da una cordata di accademici e imprenditori privati: a capofila il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Bologna nel Campus di Forlì e la Siropack Italia di Cesenatico. Tra le menti che hanno ideato i progetti per i primi prototipi della C-Voice Mask c’è il ravennate Marco Troncossi, professore associato di Meccanica Applicata alle Macchine.

«Tutto è partito da quel vulcano di idee di Rocco De Lucia, titolare della Siropack Italia – spiega l’ingegnere –. Ci ha presentato l’idea e ci siamo messi al lavoro». Il dipartimento di Troncossi e l’azienda cesenaticense hanno una collaborazione consolidata da tempo che ha portato allo sviluppo del laboratorio di formazione e ricerca Tailor (Technology and Automation for Industry LabORatory). Questa volta la spinta è venuta dall’emergenza, dalla voglia di mettere le proprie capacità a disposizione della collettività.

93414257 3031859643574387 9162069882739621888 NLa pensata iniziale, che distingue questo progetto da altri in Italia che hanno fatto ricorso al materiale da immersione, è stata quella di consentire la comunicazione a chi è dietro allo schermo: «In un primo momento avevamo pensato di intervenire sui caschi indossati da pazienti che hanno bisogno di ossigeno per aiutarli a parlare poi abbiamo abbandonato quella strada perché non avevamo accesso alle strumentazioni degli ospedali, era molto più delicato e abbiamo cominciato a vedere che il personale in corsia era in difficoltà per la mancanza di protezioni. E chi indossa certe protezioni fatica a farsi capire senza toglierle».

Si è partiti da un oggetto reperibile in commercio (in negozio le maschere viaggiano fra i 30 e i 40 euro) con caratteristiche strutturali già utili: «Di prassi l’obiettivo di chi fa ricerca accademica è quello di innovare progettando da zero cose che non esistono. Ma in questo caso c’era l’esigenza di fare anche presto per offrire prima possibile il risultato e poi non ha senso reinventare la ruota tutte le volte…». Le maschere da sub di quel tipo hanno un sistema piuttosto semplice di valvole e membrane di silicone che dividono i flussi di aria in entrata e in uscita: con la stampa in 3D sono stati realizzati degli alloggiamenti ermetici da posizionare al posto del boccaglio e in cui mettere un filtro per l’aria in ingresso mentre l’aria in uscita esce frontalmente senza filtraggio anche per non creare ostacoli al flusso e rendere più agevole la respirazione dell’operatore. Nella parte superiore poi è stata installata la piccola scatola di amplificazione che fa uscire la voce di chi la indossa (come si vede nel video in fondo a questa pagina), realizzata dal Laboratorio Lelli Odo & C. di Cesena.

91513579 2983754558384896 7580616319662292992 OUna precisazione è d’obbligo: «Non abbiamo richiesto le certificazioni che attestino la totale protezione dal rischio di contagio perché sono nominalmente previsti circa 6 mesi per la procedura, ma i risultati dei test condotti sono positivi e siamo quindi fiduciosi che i dispositivi funzionino correttamente e in sicurezza. Per come abbiamo realizzato l’oggetto – spiega ancora Troncossi – è chiaro che è indirizzato principalmente al personale medico che si trova a lavorare con pazienti positivi e quindi deve proteggersi da infezioni. Il filtro è fatto di tessuto-non-tessuto come le Ffp2 e Ffp3 che ci è stato fornito dall’azienda Farè di Varese». Una fornitura consegnata con una scena da film hollywoodiano: una staffetta della polizia stradale per accelerare i tempi.

Dopo i primi esemplari creati per testare la funzionalità, è partita la produzione di uno stock di 160 pezzi che verranno donati gratuitamente: 60 a spese dell’azienda e il resto a carico del Rotary Club di Cesena che ha coperto i costi di realizzazione senza rincari. Alla produzione di questo primo stock contribuiscono a titolo gratuito anche il Tacchificio Zanzani per la produzione dei componenti stampati in rapid prototyping, la Tranceria Gollinucci, nonché la Confartigianato che è stata fondamentale nell’interconnettere le aziende.

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Anche una staffetta della polizia stradale ha dato un contributo per la realizzazione della C-Voice Mask

In quella parola “gratuito” c’è tutto il senso dell’impresa. Si è scelta una linea di totale solidarietà verso le istituzioni: non è stato depositato un brevetto e i disegni per la realizzazione sono a disposizione di chiunque voglia farne altre a patto che non ci sia scopo di lucro. Sono già arrivate richieste dal Brasile, da Porto Rico, dal Marocco. La produzione di Cesenatico è quasi completa e verranno distribuite a varie strutture sanitarie tra cui il Bufalini di Cesena, il Rizzoli di Bologna, l’Infermi di Rimini ma anche a Matera, a Fiumicino, a Pesaro. «Aspetteremo i loro feedback per capire come muoversi in futuro. Al momento non si possono fare previsioni. Potrebbero segnalarci alcuni aggiustamenti oppure evidenziare qualche criticità. Le prove fatte finora dicono che l’utilizzo è funzionale. In ogni caso è stato un bell’esempio di collaborazione fra realtà diverse, mi auguro che questo spirito rimanga anche in futuro quando non ci saranno pandemie da affrontare».

«Sicurezza, green economy e innovazione: così ripartirà il settore turistico»

 

Abbiamo chiesto un intervento sul tema del “dopo” coronavirus anche ad Andrea Accardi, direttore del settore hospitality alle terme di Punta Marina. Il resort, con 29 camere a servizio dello stabilimento, registra circa novemila pernottamenti all’anno, che coinvolgono solo una parte delle 35mila presenze annue registrate dalle terme (che raggiungono un fatturato annuo da 4,2 milioni di euro con circa 80 persone impiegate).

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Andrea Accardi, direttore del settore hospitality delle Terme di Punta Marina

Mi è stato chiesto di dare la mia idea o previsione sul come sarà il dopo per il comparto del turismo e dell’hospitality. Purtroppo non ho la sfera di vetro, però siamo tutti chiamati a immaginare un mondo nuovo oggi e a costruirlo domani. L’emergenza Covid, in tutta la sua violenza e velocità, ci ha detto che siamo frangibili, per natura umana ma non solo, anche per errori e scelte fatte negli ultimi 30 anni. Basta guardare le statistiche suddivise per province ed è lampante notare come le aree che hanno estirpato la sanità di prossimità e territorio a favore di una concentrazione in grandi strutture abbiano avuto la funzione di detonatore dell’epidemia. Altri territori invece hanno lavorato bene negli anni e il risultato si vede.

Quello della sicurezza e quindi della salute sarà un valore fondamentale nel mondo di domani. Un valore che entrerà a far parte nel “paniere” di scelte per una persona che dovrà decidere dove passare un periodo di vacanza. La sicurezza sarà un paradigma su cui declinare molte delle scelte e delle offerte. Toccherà anche il settore turistico e soprattutto dell’hospitality, trasporti e ristorazione. Adeguarsi alle nuove necessità, linee guida e richieste del pubblico sarà una sfida molto difficile, importante e anche molto costosa. Le imprese italiane non hanno mai avuto paura di investire o scarsa fiducia nel futuro e quindi lo faranno ancora una volta anche grazie agli strumenti finanziari del Governo. Il timing di tutto questo processo però sarà fondamentale: progetti da sviluppare e finanziamenti accessibili al momento giusto. Un binomio che dovrà essere messo in moto, acceso, da una tempistica adeguata da parte delle amministrazioni pubbliche per concedere le necessarie autorizzazioni.

Molto cambierà e quindi tutti dovranno adeguarsi. È probabile che i viaggi di lavoro caleranno molto perché le aziende si vorranno adeguare al rischio sfruttando il più possibile le tecnologie e mettere in condizione un proprio dipendente di fare una riunione a Milano al mattino e a Los Angeles al pomeriggio senza muoversi dalla propria sede. Abbasserà il rischio, limiterà le spese di trasferta e impatterà di meno sul pianeta in termini di produzione di CO2. Il fatturato di hotel portato dal corporate potrebbe calare ma potrebbero essere richiesti nuovi servizi come la disponibilità di una postazione per video conferenza già settata sulle varie piattaforme con condivisione di schermo per poter effettuare riunioni o formazioni a distanza.

L’altro grande tema sarà l’impatto ambientale. Dopo le epidemie di Marburg, Ebola, Sars e ora Covid abbiamo capito che la contiguità fra uomo e animale e un disequilibrio in questo rapporto può essere deleterio per il genere umano. La deforestazione, l’agricoltura intensiva e lo sfruttamento delle risorse hanno portato l’uomo a un contatto troppo vicino con la fauna selvatica e lo spillover di patogeni impattanti sull’uomo è la conseguenza. La green economy spero fortemente subisca una accelerata definitiva e l’impatto ambientale di un territorio o di una struttura possa influire sulla scelta di chi vorrà andare in vacanza. Tra un hotel-plastic free e una offerta tradizionale è probabile che la prima risulterà vincente e questo approccio riguarderà tutto. Non solo la singola struttura o servizio ma come un territorio si adeguerà a queste richieste.

Sicurezza, linee guida e protocolli, basso impatto ambientale, servizi innovativi potrebbero essere le direttrici che regoleranno i flussi turistici nel prossimo futuro.

Andrea Accardi

Scuola online e voti, la prof: «Tutti i banchi sono uguali. E anche le cattedre»

La replica di Ilaria Cerioli, insegnante di scuola superiore di Ravenna, a un articolo pubblicato da Ravenna&Dintorni. Al centro del dibattito le pagelle ai tempi delle lezioni da casa

Chairs Classroom College Desks 289740Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta firmata da Ilaria Cerioli, professoressa di scuola superiore a Ravenna. Il testo vuole essere una replica dopo un nostro articolo pubblicato online il 17 aprile in cui riportavamo un pensiero espresso dalla docente in un post sulla sua bacheca Facebook. Cerioli ha criticato, sempre dallo stesso social network, la nostra scelta di prendere quanto da lei postato per riportarlo sul nostro sito perché, a suo parere, troppo sintetico e quindi rischioso di risultare superficiale e tendenzioso.

Diamo spazio alla replica della professoressa ma per fare chiarezza cogliamo l’occasione per alcune precisazioni da parte nostra, a beneficio anche dei lettori.

Scuola Elementare Bambini GenericaIl post è stato pubblicato su un profilo aperto e quindi visibile e condivisibile da chiunque anche se non virtualmente amico della professoressa che è anche blogger e scrittrice e ha quindi confidenza con i mezzi di comunicazione anche perché collabora con la stampa locale. Ma soprattutto quel post ci è sembrato che avesse tre caratteristiche importanti e anche rare su Fb: pur essendo sintetico entrava nel merito della questione e proponeva la visione dei fatti di un’addetta ai lavori con un punto di vista diverso rispetto alla linea scelta dal ministero. Se qualcuno titolato a dire la sua espone, in maniera circostanziata, un parere che si stacca dalla linea ufficiale secondo noi la sua pubblicazione a beneficio di nostri lettori non fa altro che offrire un spunto di riflessione in più. Ed ecco perché l’abbiamo pubblicato.

A seguire la lettera di Ilaria Cerioli.

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Ilaria Cerioli, docente di scuola superiore, scrittrice e blogger

“Tutti i banchi sono uguali” (e, aggiungo io, anche le cattedre). Così si intitola il libro di Christian Raimo (Einaudi 2017), in cui l’autore compie una riflessione critica e documentata sulla scuola. Parlare di scuola non è certo facile perché ognuno di noi ha una sua visione: i genitori ricordano i cari vecchi tempi della loro esperienza tra i banchi e molti pensano che nulla sia cambiato da Don Milani ad oggi; dirigenti e docenti, invece, sono ingabbiati in una burocrazia elefantiaca che inutilmente si impone di normare una complessità in continuo divenire. Oppure, secondo la solita retorica comune, il lavoro dell’insegnante varia da missione a professione privilegiata. Dura a morire, infatti, è la vulgata dei tre mesi estivi di vacanza! Per questo ritengo sia doveroso da parte mia spiegare l’articolo che Ravenna e Dintorni ha pubblicato il 17 aprile prendendo spunto da un mio post critico verso le parole della Ministra Lucia Azzolina.

Ammetto di avere avuto la fortuna essere entrata di ruolo quasi subito rispetto a tanti colleghi e di avere rivestito ruoli diversi che mi hanno permesso una visione ampia e articolata del mio lavoro. Insegno in un istituto superiore, dove si sono avvicendati per lo più dirigenti illuminati che mi hanno concesso di lavorare con serenità. Non ho mai considerato la mia professione una missione e se posso, preferisco terminare tutti gli impegni a scuola, perché a casa ho una vita. Non appartengo alla categoria di quelle docenti che trascorrono notti insonni a correggere verifiche. Di notte preferisco dormire. Per quanto mi riguarda è un lavoro come tanti altri, con diritti e doveri da onorare.

Penso però anche che sia un mestiere bellissimo in quanto mi permette di sentirmi viva in un mondo dove non c’è più spazio per chi invecchia o vive di ricordi. E, prima di essere sputata via da una società arrogante, provo ad assolvere quel compito banale a cui sono stata chiamata quando ho firmato il contratto: trasmettere cultura. Il mio dovere, infatti, non è solo “insegnare”, ma trasmettere valori universali attraverso la letteratura e la storia. Mi rifiuto di essere un dispenser di nozioni e non approvo neppure la semplificazione per cui “sono un’insegnante e dunque insegno!”. Perché prima del mio ruolo mi immagino come essere umano che interagisce con altri esseri umani. Il mio compito non è quello di pretendere performance dai miei studenti. Il mio, è un compito educativo, accompagnarli, cioè, in un percorso di crescita comune e condiviso per entrare nel mondo degli adulti.

E’ anche vero che rifiuto, come Girolamo De Michele (La scuola è di tutti, Minimum Fax 2010) un modello di scuola museale dove il voto sta diventando sempre di più identità della persona. Per questo non sono d’accordo con le parole della Ministra che pongono al centro di nuovo l’insufficienza come deterrente ai “lavativi e a chi non si impegna” senza riflettere che in una situazione così grave possono esserci mille motivi per cui viene meno l’interesse. Inoltre non trovo corretto basare la valutazione sul primo quadrimestre o, per le superiori, al trimestre. E’ diritto degli studenti, infatti, avere tempi adeguati per i recuperi, cosa che non è stata sempre possibile perché molti di noi, quando è avvenuto il lockdown erano ancora impegnati nelle verifiche.

Ma, proprio perchè ci troviamo difronte a un cambiamento per tanti aspetti bello e terribile, non possiamo permetterci né di essere superficiali né di rincorrere in modo consolatorio il caro vecchio modello. Siamo tutti chiamati a una sfida straordinaria e, guardate, noi docenti l’abbiamo capito subito! Ognuno di noi, chi meglio chi peggio, si è impegnato a mantenere attiva la scuola. Nessuno ha abbandonato il campo di battaglia, magari ci siamo presi tempo per capire cosa dovevamo fare e come.  Se nessuno nasce imparato anche per noi cambiare da un giorno all’altro una modalità didattica consolidata non è stato certo semplice. E se, all’inizio ero molto scettica sull’online, oggi credo sia solo una soluzione d’emergenza che però ci ha permesso di crescere professionalmente e di instaurare un clima più disteso e costruttivo con gli studenti. Grazie alle telecamere, infatti, è venuta meno quella distanza emotiva che divide la cattedra dai banchi. La scuola ha rivelato il suo volto umano e democratico. Tutti noi, alunni, famiglie e docenti ci siamo visti accumunati nella medesima sorte, abbiamo condiviso paure e incertezze.

E, in un contesto così fragile è naturale che il voto sia venuto meno. Non più un simbolo di potere in mano alla categoria, ha rivelato tutta la sua inconsistenza proprio perché sono venuti a mancare i paradigmi su cui si basava il monitoraggio delle prestazioni. In compenso però sta emergendo qualcosa di nuovo e di straordinario. La possibilità, cioè, di una maieutica non basata sull’obbedienza da caserma ma sul desiderio di apprendere. In questo frangente la scuola non è sentita come un obbligo ma come un’opportunità e un diversivo dopo tante ore lontano da amici, dallo sport e dagli affetti.

Non ho intenzione di valutare i miei alunni secondo gli schemi obsoleti. Metterò al centro la loro partecipazione, il loro ruolo attivo, e la loro capacità di interazione con me. Nessuno di noi ha avuto indicazioni precise su come dovevamo procedere o griglie condivise adeguate. Ma, nonostante la precarietà credo sia avvenuto un piccolo miracolo: si sono rotti equilibri e sono emerse prepotenti tutte le criticità di un organismo che si reggeva su modelli di valutazione per nulla neutrali, su una mania di classificazione e un formalismo che alla luce dei fatti sta facendo acqua da tutte le parti.

Covid-19: 8 nuovi contagi e un morto. Il commissario regionale apprezza gli sforzi

Negli ultimi sei giorni l’aumento medio giornaliero è stato di 9 casi

PA Ambulanza CovidIn provincia di Ravenna il totale dei contagiati da Covid-19 arriva a 934 alle 12 di oggi, 20 aprile: 8 casi in più rispetto a 24 ore prima. L’aumento giornaliero medio negli ultimi sei giorni è stato di 9 casi. Un dato che porta il commissario regionale per l’emergenza coronavirus, Sergio Venturi, a spendere parole di apprezzamento per gli sforzi messi in campo sul territorio.

La notizia negativa del giorno è però data da un decesso, un uomo di 87 anni. Si tratta del 58esimo morto collegato alla provincia dall’inizio dell’epidemia (primo contagi il 28 febbraio). Si sono inoltre verificate ulteriori 11 guarigioni complessive più 4 guarigioni cliniche.

Rispetto alle 8 positività comunicate oggi per il Ravennate si tratta di 7 donne e un uomo. Nessuno di loro è ricoverato ma sono tutti seguiti al proprio domicilio. Sul fronte epidemiologico, si tratta di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati o relativi alle medesime strutture per anziani dei casi comunicati nei giorni scorsi.

Sono 277 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.

Complessivamente i casi sono dunque 934, confermati alle 12 del 20 aprile.

49 residenti al di fuori della provincia di Ravenna
424 Ravenna
124 Faenza
60 Cervia
65 Lugo
49 Russi
28 Alfonsine
31 Bagnacavallo
22 Castelbolognese
8 Conselice
11 Massa Lombarda
3 Sant’agata Santerno
15 Cotignola
8 Riolo Terme
19 Fusignano
6 Solarolo
10 Brisighella
2 Casola Valsenio

Il quadro regionale dice che in Emilia-Romagna sono 22.867 i casi di positività al coronavirus, 307 in più rispetto a ieri. I test effettuati hanno raggiunto quota 129.530, 4.614 in più rispetto a ieri. Aumentano le guarigioni: 281 in più di ieri. Le persone complessivamente guarite salgono a 6.266: 2.162 “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione, e 4.104 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi. Calano le persone in isolamento a casa, cioè quelle con sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (complessivamente 9.141, 63 in meno rispetto a ieri). 283 i pazienti in terapia intensiva: sei in meno di ieri. E diminuiscono anche quelli ricoveratinegli altri reparti Covid (-22). Si registrano 56 nuovi decessi: 25 uomini e 31 donne.

Il chiarimento del Governo: si può andare nell’orto, spostandosi anche di comune

Restano vietati gli assembramenti ed è necessaria l’autodichiarazione con il percorso più breve con la propria abitazione

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I vigili durante i controlli negli orti al parco Baronio di Ravenna

Si può andare a coltivare il proprio orto. Ora lo specifica una Faq (domanda / risposta) sul sito internet del Governo, dopo che erano giunte numerose richieste di chiarimento anche ai comuni della provincia di Ravenna. E dopo che due anziani, tra gli altri, erano stati invitati a tornare a casa dai vigili, sopresi appunto a lavorare nell’orto del parco Baronio, a Ravenna.

A rendere noto le nuove indicazioni è il Comune di Faenza.

L’accesso agli orti – si legge nella nota istituzionale – «è però soggetto all’insieme delle prescrizioni, non derogabili in alcun modo, che vietano gli assembramenti e limitano gli spostamenti».

«L’attività di orticoltura è permessa alla singola persona, anche per appezzamenti ubicati in un Comune diverso da quello di residenza, fatto salvo l’assoluto rispetto delle norme antiassembramento (distanze interpersonali da altri soggetti eventualmente presenti in loco) e un’autodichiarazione che consenta di verificare la proprietà o la concessione d’uso dell’orto, una produzione finalizzata all’autoconsumo e l’indicazione del percorso più breve con la propria abitazione. Resta invece il divieto di spostarsi in un altro comune per la cura di orti e giardini di pertinenza di seconde case».

Coronavirus, «in Emilia-Romagna i contagi non si azzereranno prima del 29 maggio»

Le proiezioni degli esperti dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane

Corona VirusLa fine dell’emergenza Covid-19 in Italia potrebbe avere tempistiche diverse nelle regioni a seconda dei territori più o meno esposti all’epidemia: in Emilia-Romagna, verosimilmente, l’assenza di nuovi casi si potrà verificare non prima del 29 maggio.

Sono le proiezioni fatte dagli esperti dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, coordinato da Walter Ricciardi, Direttore dell’Osservatorio e Ordinario di Igiene all’Università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio.

«In questo momento è quanto mai necessario fornire una valutazione sulla gradualità e l’evoluzione dei contagi, al fine di dare il supporto necessario alle importanti scelte politiche dei prossimi giorni», dichiara Solipaca.

«L’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane ha effettuato una analisi con l’obiettivo di individuare, non la data esatta, ma la data prima della quale è poco verosimile attendersi l’azzeramento dei nuovi contagi – spiega il dottor Solipaca – e si basa sui dati messi a disposizione quotidianamente dalla Protezione Civile dal 24 febbraio al 17 aprile».

I modelli statistici stimati per ogni regione sono di tipo regressivo (di natura non lineare) e, quindi, non sono di tipo epidemiologico, pertanto non fondati sull’ammontare della popolazione esposta, di quella suscettibile e sul coefficiente di contagiosità R0, ma approssimano l’andamento dei nuovi casi osservati nel tempo. Le proiezioni tengono conto dei provvedimenti di lockdown introdotti dai Dpcm. Pertanto, eventuali misure di allentamento del lockdown, con riaperture delle attività e della circolazione di persone che dovessero intervenire a partire da oggi, renderebbero le proiezioni non più verosimili.

Secondo le proiezioni dell’Osservatorio a uscire per prima dal contagio da Covid-19 sarebbero la Basilicata e l’Umbria, le quali il 17 aprile contavano rispettivamente solo 1 e 8 nuovi casi; le ultime sarebbero le Regioni del Centro-Nord nella quali il contagio è iniziato prima. In Lombardia, in cui si è verificato il primo contagio, non è lecito attendersi l’azzeramento dei nuovi casi prima del 28 giugno, nelle Marche non prima del 27 giugno.

Rinviate le elezioni amministrative: (anche) a Faenza si voterà in autunno

Quello manfredo è l’unico comune coinvolto della provincia di Ravenna

Elezioni Comunali 2019 Data Dove E Quando Si Vota. Il CalendarioIl Consiglio dei ministri – rivela Adnkronos – ha dato disco verde al rinvio delle elezioni amministrative che si sarebbero dovute tenere in maggio.

Sette le Regioni chiamate alle urne e che, causa emergenza Covid19, dovranno dunque rinviare l’appuntamento elettorale: si tratta di Veneto, Liguria, Campania, Toscana, Marche, Puglia e Valle D’Aosta. Ci sono inoltre oltre mille Comuni interessati al rinvio (tra cui uno in provincia di Ravenna, quello di Faenza) che è stato approvato dal Cdm.

Nel testo dovrebbe essere indicata la ‘finestra’ elettorale entro la quale le elezioni potranno svolgersi. Per i Comuni resta fermo quanto scritto nella bozza circolata venerdì scorso: le amministrative si terranno tra il 15 settembre e il 15 dicembre.

Confartigianato chiede la riapertura delle micro imprese a «basso rischio contagio»

Una richiesta in particolare per le aziende in cui opera il solo titolare o i familiari. Samorè: «Non confondere le piccole con le grandi»

Man Wearing Blue Hard Hat Using Hammer 544966«Rimettere in moto il prima possibile il sistema produttivo composto dalle micro e piccole imprese che più di altre rischiano di soccombere, per il protrarsi della restrizione forzata, sotto il crollo verticale del fatturato e della crisi di liquidità».

Lo chiede Confartigianato in una lettera inviata al Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli, sottolineando la necessità di consentire al più presto la riapertura delle micro e piccole imprese in ragione del loro ridotto impatto sul potenziale rischio di contagio.

Si tratta di un’iniziativa fortemente sollecitata anche da Confartigianato della provincia di Ravenna, che evidenzia come questa richiesta valga in particolar modo per quelle imprese in cui opera il solo titolare, magari affiancato dai propri collaboratori familiari, normalmente conviventi, e per le piccole aziende manifatturiere che normalmente hanno dipendenti e collaboratori che risiedono nello stesso comune dove ha sede l’impresa o nei comuni confinanti e che raggiungono il posto di lavoro in larghissima maggioranza con mezzi privati. Così come per le numerosissime imprese del settore delle costruzioni e dell’impiantistica, a larghissima prevalenza artigiane, che operano in cantieri dove il distanziamento tra persone è facilmente realizzabile.

«Migliaia di aziende che, anche nella nostra provincia, sono ferme ed inattive, nonostante il pericolo contagio, per le caratteristiche della propria attività, sarebbe facilmente contrastabile con normali misure di distanziamento interpersonale o mediante i più semplici dispositivi di protezione individuale».

«Quella delle piccole imprese – ha sottolineato Tiziano Samorè, segretario provinciale di Confartigianato, nel commento alla presa di posizione della Confederazione – è una realtà produttiva di cui tenere prioritariamente conto, che può essere rimessa al più presto nelle condizioni di operare, senza confonderla all’interno delle pieghe di un dibattito che coinvolge impianti produttivi di grande dimensione nei quali convergono ogni giorno tanti lavoratori in un sol punto e spesso dovendo utilizzare mezzi pubblici».

«Cambieremo le abitudini, non i sorrisi. Non vedo l’ora di fare il primo check-in»

L’albergatore Filippo Donati: «Appena potremo riaccenderemo le luci di Ravenna. Gli stranieri? Non si può stare senza l’Italia…»

Abbiamo chiesto una riflessione sul “dopo” coronavirus anche a Filippo Donati, titolare dello storico albergo Diana in centro a Ravenna e presidente regionale di Assohotel e Assoturismo. Il suo è il punto di vista di un operatore che vive soprattutto della città d’arte.

Filippo DonatiNoi albergatori siamo già pronti per il “dopo”, pur non sapendo quando il dopo arriverà. Per noi, che eravamo in attesa e speranzosi di una stagione 2020 al pari di quella del 2019, è stato davvero un grande shock ritrovarci a dover affrontare un simile gigantesco ed inafferrabile problema.

Il nostro lavoro ci ha abituati a essere pronti, duttili e orgogliosi ad ogni evenienza, anche questa volta non ci faremo trovare impreparati e, non appena si potrà, torneremo ad ospitare tutte le persone che verranno in città, per svago, per cultura o per lavoro. Certo, il nostro lavoro non sarà più lo stesso ma allo stesso tempo sarà lo stesso; stessa accoglienza, stessa disponibilità, i nostri sorrisi, i nostri consigli e l’orgoglio di operare in una città ricca di storia e delle sue meravigliose testimonianze non mancheranno, dovremo rispettare nuove formule di fruizione degli spazi, aggiornate alle esigenze che la realtà dell’oggi ci impone; meno assembramenti, spazi comuni meno capienti, maggiore, se ce ne fosse bisogno, attenzione alla manipolazione degli alimenti ed al servizio… cambieremo il modo di pulire le stanze dei nostri ospiti, cambierà il nostro abbigliamento di protezione sul lavoro, cambieremo il modo di accogliere i clienti, non meno caloroso ma più “lontano” ma mai distaccato. Cambieranno anche le abitudini e le richieste dei nostri ospiti, e noi, insieme ai nostri collaboratori, saremo pronti ad accontentarli ed a consigliarli, per il loro comfort e la loro sicurezza.

Donatella, Anneke, Monica, Maurizio, Rinaldo, Giuseppe, Pietro, Nicola, Gianluigi, Fabrizio e tanti altri, miei colleghi, siamo tutti pronti ad una nuova e diversa stagione turistica della nostra Ravenna, che sarà basata sulle attenzioni e sul rispetto delle nuove regole ma non meno interessante dal punto di vista professionale, sarà il momento dei rapporti umani. Io non vedo l’ora di dare il benvenuto o il ben tornato al primo ospite che arriverà al check-in, sarà bellissimo ed emozionante, sarà come proseguire la scrittura di una bellissima lettera interrotta, quella che descrive la nostra città.

Non vediamo l’ora di ripartire, di rivedere persone in città, pronte a visitarla, pronte a camminare per le sue strade ricche di angoli suggestivi, di belle vetrine, di buoni ristoranti e bar ammiccanti.

Ravenna è una bellissima città e appena potremo torneremo ad accenderne le luci e a mostrarci orgoglisamente al mondo intero.

A proposito di mondo intero ho letto e riletto studi e proiezioni sulle difficoltà che avremo nei prossimi mesi con il turismo estero, sicuramente ci sarà una forte contrazione di ospiti provenienti da altri Paesi ma non credo durerà a lungo, non si può stare a lungo senza l’Italia, senza le nostre città, i nostri borghi, le nostre riviere e le nostre montagne e colline…

L’Italia è il Paese di tutti, è il Paese che tutti desiderano visitare, anzi, vivere. L’Italia è per tutti, è patrimonio mondiale e noi dovremo esserne all’altezza.

Filippo Donati

Multata mentre va a piedi dal commercialista per lavoro: «Doveva andare in auto»

Imprenditrice ravennate fermata da un carabiniere in borghese durante il tragitto nei pressi del parco Baronio

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I vigili durante i controlli negli orti al parco Baronio di Ravenna nei giorni scorsi

Un’imprenditrice è stata multata da un carabiniere in borghese per mancato rispetto del decreto “anti” coronavirus, a Ravenna, durante il tragitto da casa all’ufficio del suo commercialista, dove doveva recarsi per consegnare documenti di lavoro.

«Ho pensato di non usare l’auto – ci racconta al telefono –, per non inquinare e anche per dare una boccata d’ossigeno al mio cane».

Così – con mascherina, cane al guinzaglio e busta con i documenti sotto braccio – la ravennate si è incamminata, imbattendosi però nel tragitto in un carabiniere in borghese, a cui è stata lei a chiedere inizialmente informazioni, nei pressi del parco Baronio (ma fuori dal parco stesso, chiuso al pubblico in questo periodo di emergenza e già teatro di controlli nei giorni scorsi).

«Lui mi ha invece risposto – ci racconta – dicendomi che sarei dovuta andare dal commercialista in auto e che evidentemente avevo ceduto allo stress da reclusione, approfittandone per fare attività motoria lontana da casa».

«Dovesse anche avere ragione in termini formali – continua la donna –, credo che si stia esagerando: ero da sola, con la mascherina, il cane al guinzaglio e mi stavo muovendo per lavoro. Il commercialista quando lo ha saputo si è indignato, al punto che mi ha chiesto di portargli la multa (da 280 euro, ndr) per fare insieme ricorso».

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