Nelle ultime 24 ore solo nuovi 10 casi di positività. In totale sono 738
Alle 12 di oggi, 7 aprile, salgono a 738 i casi di positività al coronavirus registrati dall’inizio dell’emergenza in provincia di Ravenna. Nelle ultime 24 ore sono solo 10 i nuovi contagiati registrati (un dato che potrebbe anche essere dovuto ad alcune dinamiche organizzative del laboratorio Analisi dell’Ausl, sottolineano dalla Provincia) e per il secondo giorno consecutivo non ci sono stati decessi, che restano così 41 dall’inizio dell’emergenza.
Rispetto alle 10 nuove positività, 9 fanno riferimento a donne, 1 a un uomo. Due persone sono residenti fuori provincia. Sette pazienti sono in isolamento domiciliare poichè completamente privi di sintomi o con sintomi leggeri, gli altri 3 sono ricoverati, nessuno in terapia intensiva. Sul fronte epidemiologico, si tratta principalmente di pazienti che hanno avuto contatti stretti con casi già accertati.
Ci sono state altre 37 guarigioni cliniche (17 uomini e 20 donne) per le quali sono programmati i tamponi di verifica attraverso il sistema drive through, cui si aggiunge la guarigione completa di una donna. Tra i residenti nel Ravennate dall’inizio dell’infezione si sono verificate dunque 165 guarigioni cliniche, di cui 44 complete, cioè con doppio tampone negativo.
Restano 467 le persone in quarantena e sorveglianza attiva in quanto contatti stretti con casi positivi o rientrate in Italia dall’estero.
Alessandro Luparini è il direttore della Fondazione Oriani e dell’omonima biblioteca. È una delle voci che abbiamo invitato nello spazio aperto delle nostre pagine per immaginare il futuro, quando la pandemia sarà passata
Alessandro Luparini, classe 1967, fiorentino di origine, vive da molti anni a Ravenna, dove dirige la Fondazione Casa di Oriani, Biblioteca di Storia Contemporanea. Formatosi nello studio dei partiti e dei movimenti politici italiani fra Otto e Novecento, ha esteso poi i suoi interessi a molteplici altri ambiti di ricerca. È autore di numerosi contributi di storia politica e sociale ravennate ed è tra i curatori della fortunata rassegna “Storie di Ravenna” al teatro Rasi. È una delle voci che abbiamo chiamato a “collaborare” sulle nostre pagine per uno sguardo al futuro, al dopo pandemia. Ecco il suo intervento.
Alessandro Luparini
Per provare a immaginare cosa sarà del nostro Paese quando finalmente sarà passata questa terribile prova collettiva voglio partire dagli slogan, veri e propri mantra apotropaici che da ormai qualche tempo stanno dominando la comunicazione pubblica, dalla politica ai social. Il primo, il più (comprensibilmente) diffuso, è “tutto andrà bene”.
Certo, noi tutti, io per primo, confidiamo che presto o tardi le cose si metteranno per il meglio. Soprattutto che finisca quanto prima e una volta per sempre questa lunga teoria di lutti e di sofferenze. Nondimeno, non fosse che per la mia formazione di storico, abituato a misurarmi con i fatti concreti, ho l’obbligo di essere realista. E un sano realismo impone di dire che, se questo blocco pressoché totale delle attività produttive durerà a lungo, come purtroppo tutto lascia supporre, il tessuto socioeconomico della nazione ne uscirà devastato. Penso, per fare soltanto l’esempio di un settore a me caro, al mondo delle attività culturali, che sta pagando e pagherà un prezzo altissimo. E penso soprattutto alla inevitabile dilatazione della forbice delle diseguaglianze sociali, con le decine di migliaia di precari, già “invisibili” prima che arrivasse questo disastro, che stanno perdendo il poco che avevano, se già non lo hanno perso, e rischiano di precipitare nella povertà assoluta.
Occorrerà una ferma e capace politica di ricostruzione (di ricostruzione, sì, come dopo una guerra), che giocoforza dovrà prevedere una dilatazione del debito pubblico. Una politica in grado di contemperare le ragioni dello sviluppo con quelle del welfare, e che magari abbia imparato che non conviene penalizzare la sanità pubblica. Il che, sia ben chiaro, non potrà non avvenire che insieme all’Europa, e dentro l’Europa. Anche se mi preoccupano l’antieuropeismo di ritorno e la fascinazione trasversale di tanti italiani per i modelli autoritari di Cina e Russia, fomentata ad arte dalla subdola propaganda di Pechino e Mosca.
Il secondo slogan è “torneremo tutti ad abbracciarci”. Anche qui, senz’altro, non v’è dubbio che ritorneremo ad abbracciarci, a toccarci, a stringerci la mano. Ma ci vorrà del tempo, quanto non è dato sapere, prima che si lascino definitivamente andare le “distanze di sicurezza”, prima che ci si torni a fidare gli uni degli altri, senza vedere in chi ci sta di fronte un possibile portatore asintomatico. Si rifletta, piuttosto, e già da ora, sulla deriva del sospetto, su questa paranoia collettiva che sta facendo assomigliare tanti utenti Facebook a informatori della Stasi. La tenuta democratica del Paese, messa a dura prova dalla pandemia, passa anche dal recuperare equilibrio e ragionevolezza. Terzo e ultimo slogan: “state a casa”. O meglio, visto che lo stare a casa è assolutamente necessario, il suo semplicistico corollario: “cosa volete che sia passare qualche giorno a casa vostra, pensate alle tante opportunità: leggere, cucinare, guardare le serie tv ecc.”
Ora, a parte che, verosimilmente, la clausura durerà un bel po’ e che alla lunga metterà a repentaglio l’equilibrio psico-fisico di ognuno di noi, c’è da considerare che non tutti hanno la fortuna di vivere in case ampie e spaziose (magari con un bel giardino), la fortuna di vivere in coppia, o comunque in buona e serena compagnia. Che dire delle persone sole, dei malati, degli anziani, dei disabili, delle donne vittime di violenza domestica, in generale dei soggetti più fragili? Mi colpisce e mi addolora, in questo tipo di comunicazione pubblica, la totale mancanza di empatia verso le categorie più deboli della società.
Concludendo, l’unica cosa certa è che, passata la malattia, la convalescenza sarà lunga e difficile.
Ancora in calo i ricoverati in terapia intensiva e negli altri reparti Covid. Sono 72 le vittime
17.825 casi di positività al coronavirus in Emilia-Romagna, 269 in più rispetto a ieri: un aumento contenuto se paragonato a quello dei giorni scorsi. E sono 75.191 i test effettuati, 3.028 in più. Questi i dati – accertati alle ore 12 di oggi (7 aprile) sulla base delle richieste istituzionali – relativi all’andamento dell’epidemia in regione.
Complessivamente, sono 7.861 le persone in isolamento a casa, poiché presentano sintomi lievi, che non richiedono cure ospedaliere, o risultano prive di sintomi (66 in più rispetto a ieri). 366 le persone ricoverate in terapia intensiva: 6 in meno rispetto a ieri. Così come continuano a diminuire anche i ricoverati negli altri reparti Covid: -54 (3.750 rispetto ai 3.804 di ieri). Purtroppo, si registrano 72 nuovi decessi: 34 uomini e 38 donne.
Continuano, nel frattempo, a salire le guarigioni, che raggiungono quota 2.597 (200 in più rispetto a ieri), delle quali 1.545 riguardano persone “clinicamente guarite”, divenute cioè asintomatiche dopo aver presentato manifestazioni cliniche associate all’infezione; 1.052 quelle dichiarate guarite a tutti gli effetti perché risultate negative in due test consecutivi.
Per quanto riguarda i decessi, per la maggior parte sono in corso approfondimenti per verificare se fossero presenti patologie pregresse. I nuovi decessi riguardano 13 residenti nella provincia di Piacenza, 14 in quella di Parma, 12 in quella di Reggio Emilia,12 in quella di Modena, 11 in quella di Bologna (nessuno nel territorio imolese), 5 nella provincia di Forlì-Cesena (3 a Forlì), 3 a Ferrara, 2 in quella di Rimini. Nessun decesso a Ravenna e fuori regione.
Questi i casi di positività sul territorio, che invece si riferiscono non alla provincia di residenza ma a quella in cui è stata fatta la diagnosi: 2.953 Piacenza (17 in più rispetto a ieri), 2.365 Parma (48 in più), 3.215 Reggio Emilia (48 in più), 2.758 Modena ( 67 in più), 2.334 Bologna (34in più), 322 Imola (5 in più), 522 Ferrara (12 in più), 738 Ravenna (10 in più), 1.034 Forlì-Cesena (di cui 564 Forlì, 18 in più rispetto a ieri, e 470 a Cesena,1 in più), 1.584 Rimini (9 in più).
Sequestrata l’auto e denunciato un 29enne ravennate
Lo ha fermato una Volante della polizia mentre era alla guida della sua auto in via Romea, a Ravenna. In regola con le prescrizioni del decreto per il contenimento del coronavirus, ma ingiustificatamente nervoso.
Così i poliziotti hanno proceduto a perquisire auto e indumenti dell’uomo, un 29enne ravennate, trovando una busta in carta e cellophane con 24 grammi di marijuana.
Il giovane è stato quindi portato in questura e denunciato per detenzione ai fini di spaccio.
L’analisi dell’economista ravennate Sergio Lugaresi: «Il Covid-19 sta agendo su tre binari: il commercio mondiale, il clima di fiducia di famiglie e imprese, gli effetti delle misure di contenimento su domanda e offerta»
Ravennate, classe 1957, laureato in Economia all’ Università di Modena, con dottorati di ricerca all’Università di Bologna, Washington University Saint Louis e Stockholm University, Sergio Lugaresi ha alle spalle una lunga carriera da economista come ricercatore Ispe, economist di International Monetary Fund, dirigente di ricerca Istat, chief economist di Banca di Roma, chief economist di Capitalia, senior vice president di Unicredit, fellow di Centro studi Luca D’Agliano. Fra gli attuali incarichi vannop segnalati: consulente di Abi e European Bank Authority, senior advisor di Oxera Consulting LLP e consigliere di amministrazione IGD spa.
L’economista Sergio Lugaresi
Quale saranno gli effetti economici della pandemia? Alcuni economisti hanno studiato cosa successe nel 1918-19 in occasione della famosa influenza “spagnola” (in realtà non originò in Spagna: un bellissimo libro che la racconta è 1918. L’influenza spagnola: La pandemia che cambiò il mondo, di Laura Spinney, Marsilio).
La spagnola colpì in varie ondate e fece tra i 40 e 100 milioni di morti in tutto il mondo. In molti paesi furono prese misure di contenimento simili a quelle che hanno preso in queste settimane l’Italia e poi via via molti altri governi. Purtroppo, però, a quel tempo le statistiche economiche non erano così sviluppate come oggi, sicché l’impatto si può ricavare solo da articoli di giornali dell’epoca e altri archivi disponibili, come quelli amministrativi o delle associazioni caritatevoli. Sia per la scarsa disponibilità di dati economici, sia perché in effetti il numero di vittime fu ingente, l’attenzione si è soffermata soprattutto sull’impatto che l’aumento della mortalità ebbe sulla forza lavoro.
Negli Usa l’impatto fu un aumento temporaneo dei salari. Inoltre, solo negli ultimi decenni si è potuto studiare l’impatto che quella epidemia ebbe sui bambini messi al mondo quell’anno da madri contagiate. L’impatto per queste persone fu in media un aumento delle disabilità fisiche e una diminuzione delle capacità cognitive e quindi un reddito nell’acro della vita inferiore alla media.
Tuttavia, questi effetti è improbabile si ripresentino con il Coronavirus, Infatti la Spagnola aveva caratteristiche molto diverse: 1) intanto scoppiò in un momento molto particolare: la fine della prima Guerra Mondiale, che aveva ridotto temporaneamente la forza lavoro attraverso la coscrizione e permanentemente a causa delle numerose vittime militari e in Europa anche civili; 2) le conoscenze e le tecnologie mediche a disposizione erano assai inferiori a quelle attuali; 3) la Spagnola colpì soprattutto la popolazione nella fascia d’età tra i 18 e 40 anni, mentre il Coronavirus, come sappiamo, colpisce soprattutto nella fascia di età sopra i 70 anni.
Forse più interessante il caso svedese, studiato da altri economisti: la Svezia infatti, durante la Prima Guerra Mondiale, rimase neutrale e non partecipò al conflitto: inoltre, la Svezia aveva già da alcuni decenni un Ufficio Nazionale di Statistica, anche se allora si rilevava il patrimonio (lo stock) ma non il reddito (il flusso annuale).
L’impatto della Spagnola in Svezia fu di aumentare la povertà nel medio periodo e ridurre immediatamente ma permanentemente i redditi da proprietà, ma non ebbe un impatto significativo sui redditi da lavoro, anche se le regioni più colpite soffrirono di più anche in termini di crescita economica.
Il Coronavirus sta agendo economicamente su tre binari che al tempo della Spagnola erano meno importanti o comunque non rilevati: 1) il commercio mondiale; 2) il clima di fiducia di famiglie e imprese; 3) gli effetti delle misure di contenimento sull’offerta e sulla domanda.
Il primo effetto del Coronavirus, manifestatosi inizialmente (e reso noto in ritardo) in Cina con l’isolamento del paese e le restrizioni di viaggio, fu l’inceppamento delle cosiddette “catene del valore”, ossia della fornitura di beni intermedi prodotti in Cina e forniti alle industrie manifatturiere del resto del Mondo: uno shock di offerta. Con il diffondersi delle immagini della gravità dell’epidemia in Cina e il primo manifestarsi del Virus in altri paesi l’impatto si è via via esteso sul clima di fiducia di famiglie e imprese: uno shock sulla domanda (investimenti e propensione al consumo).
Poi via via l’impatto maggiore è venuto dalle misure prese dai governi per contenere il contagio ed evitare il collasso del sistema sanitario nazionale. In un crescendo: proibizione di assembramenti, chiusura delle zone focolaio, chiusura dei luoghi pubblici (ristoranti, teatri, musei ecc.), lavoro a domicilio, quarantene, isolamento, proibizione degli spostamenti al di fuori del proprio comune, chiusura delle attività non essenziali. È uno shock sia sull’offerta che sulla domanda.
Ora l’incertezza maggiore riguarda la durata di e quali misure di contenimento del contagio. I problemi da risolvere sono due: un allentamento troppo repentino potrebbe riportare al riaccendersi di focolai di infezione, soprattutto di fronte all’evidente asincronia dell’infezione pandemica (è quello che successe a Denver all’inizio del 1919).
Il secondo è che finché non sarà disponibile l’antivirus (ossia testato e prodotto in quantità massicce) sono probabili varie ondate di diffusione, come successe con la Spagnola. Un autorevole studio dell’Imperial College, che ha determinato l’abbandono della rischiosa strategia di “immunizzazione di gregge” del governo britannico, stima che l’antivirus non possa essere disponibile prima di 12-18 mesi. Lo studio di Imperial ipotizza che isolamento dei casi e quarantene volontarie rimangano in vigore per tutto il periodo, ma che a seconda dell’andamento dei ricoveri attesi siano ripristinate a intermittenza le misure di distanziamento sociale e la chiusura di scuole e università.
Quale può essere l’impatto immediato di un tale scenario sul Pil italiano? È possibile farsene un’idea con una semplice e approssimativa simulazione sul Pil disaggregato per attività economica, facendo assunzioni sul grado di utilizzo della capacità produttiva di ogni settore (0 totale chiusura, 100 attività come nel 2019) nei mesi di misure più drastiche. Sulla base di evidenza aneddotica e giornalistica ho assunto il grado di capacità produttiva utilizzata in tali mesi variare dal 10% per alberghi e ristoranti, al 50% per industria, al 90% per energia e trasporti e magazzinaggio, le forniture di acqua e il trattamento dei rifiuti, mentre ho assunto invariata l’offerta di agricoltura, telecomunicazioni, finanza e i salari della pubblica amministrazione (che costituiscono il suo valore aggiunto, ossia il suo contributo al Pil).
Se i mesi di misure drastiche fossero 5 (3+1+1) nel 2020, come ipotizzato dallo studio di Imperial College, lo shock negativo sull’offerta sarebbe intorno al 15%. Sono calcoli approssimativi basati su ipotesi imprecise, ma danno una idea della dimensione dell’impatto.
Purtroppo, non è finita qui. Infatti, allo shock sull’offerta va aggiunto lo shock negativo sulla domanda. L’incertezza sul futuro, i timori di dover affrontare tempi duri, le restrizioni alla mobilità, la dimensione globale dell’emergenza e la chiusura dei confini determinano una riduzione degli investimenti, delle esportazioni e della propensione al consumo. Le misure esistenti per affrontare l’emergenza sanitaria (aumento della spesa sanitaria) e gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, reddito di cittadinanza, sussidio di disoccupazione) compensano solo parzialmente tale shock di domanda.
Nel grafico (sopra), lo shock negativo di offerta è rappresentato dallo spostamento della curva di offerta da S a S1. A tale spostamento, a parità di domanda, corrisponde un livello di prodotto (il Pil) Q azzurro inferiore a Q nero. Lo spostamento della curva di domanda da D a D1 rappresenta lo shock negativo di domanda. L’equilibrio economico passa da B a C cui corrisponde un livello di prodotto Q rosso, inferiore a Q blu.
Tuttavia, lo scenario dell’Imperial College è pessimistico. Infatti, l’armamentario di misure e strumenti di contenimento della pandemia si sta arricchendo (test intensivi, misurazione di massa della temperatura, tracciamento dei casi) e non sembra necessaria un’alternanza di misure drastiche e lievi. Una volta finita l’emergenza, le misure più drastiche ed economicamente costose potranno essere gradualmente rimosse per essere reintrodotte localmente nel caso di recrudescenza della pandemia.
Nel frattempo, tali misure permetteranno di guadagnare tempo, mentre viene potenziato il sistema sanitario, progredisce la ricerca scientifica sul virus a vengono testati nuovi farmaci. L’immunizzazione di massa, soprattutto dei giovani, spesso portatori sani, dovrebbe aumentare, anche se non vi sono garanzie per ora che possa reggere a mutazioni importanti del virus. Infine, molte imprese stanno reagendo sperimentando nuovi metodi di organizzazione del lavoro, nuove tecnologie o riconvertendo la propria attività.
È perciò ipotizzabile che lo shock di offerta sia minore di quanto abbiamo sopra stimato. Ipotizziamo per esempio che la riduzione temporanea della capacità produttiva duri solo tre mesi (2 più l’alternarsi di varie misure equivalenti a 1 mese di misure drastiche): in questo caso lo shock negativo di offerta potrebbe essere intorno al 9% del PIL.
Ma cosa bisogna aspettarsi nel medio periodo, oltre il 2020-21?
Se gli shock di domanda e offerta fossero puramente temporanei e così i loro effetti, la curva d’offerta potrebbe tornare alla sua posizione iniziale (S) o anche spostata più a destra, poiché la capacità produttiva di alcuni settori sta aumentando (aspiratori, maschere ecc.); anche la curva di domanda potrebbe tornare al suo livello iniziale o anche oltre a sinistra, poiché imprese e famiglie potrebbero recuperare spese che hanno rinviato a causa dell’emergenza.
Questo però è uno scenario ottimistico, che potrebbe avverarsi solo nel caso in cui nessuna impresa fallisce a causa della sospensione delle attività e che nessun lavoratore o lavoratrice diventi disoccupato. I fallimenti di imprese e l’impoverimento delle famiglie metterebbe a dura prova il sistema finanziario.
Le banche centrali e i governi nazionali, incluso il governo italiano, hanno già adottato ingenti misure economiche, monetarie e di vigilanza bancaria a sostegno della liquidità e dei redditi. Le banche hanno annunciato una moratoria sui pagamenti di quest’anno.
Per ora l’intervento italiano non è inferiore a quello di altri paesi: a parità di metriche (cioè includendo le garanzie pubbliche e i crediti attivati), le misure prese dal governo italiano equivalgono al 18% del Pil, superiori a quelli del meno indebitato governo tedesco (15% del Pil).
Ma altri interventi saranno necessari. Tali interventi possono incontrare due ostacoli; 1) l’elevato debito pubblico; 2) la burocrazia. In Europa ora la discussione verte su se e come rimuovere gli ostacoli dell’elevato debito pubblico di alcuni paesi. L’intralcio della burocrazia è competenza dei governi nazionali. Come e in che misura tali ostacoli verranno rimossi determinerà gli effetti di lungo periodo della pandemia e l’intensità della ripresa post-virus.
La manifestazione di interesse è rivolta a medici chirurghi e infermieri iscritti all’albo del Paese di provenienza
Medici e infermieri dall’estero per rinforzare la schiera di personale impegnato a fronteggiare, in Emilia-Romagna, l’emergenza Coronavirus. La chiamata giunge dalla Regione, che ha aperto oggi un bando per reclutare operatori sanitari da destinare subito e temporaneamente alle strutture ospedaliere di tutto il territorio regionale, da Piacenza a Rimini.
La manifestazione di interesse è rivolta a medici chirurghi e infermieri iscritti all’albo del Paese di provenienza (da qualsiasi parte del mondo), interessati ad esercitare sul territorio regionale la professione conseguita all’estero e regolata da specifiche direttive dell’Unione Europea.
Le Aziende sanitarie e gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico regionali che ne hanno necessità, potranno selezionare, tra i professionisti che manifesteranno interesse, quelli più idonei alle esigenze di cura della popolazione nell’attuale fase emergenziale Covid-19.
«Con questo nuovo bando si rafforza il piano straordinario di assunzioni, che come Regione abbiamo varato dall’inizio dell’emergenza sanitaria e che ci ha permesso di assumere già più di duemila operatori- sottolinea l’assessore alle Politiche per la Salute, Raffele Donini-. Le Aziende sanitarie e gli Irccs, a partire dalle province più colpite, potranno avvalersi di professionalità provenienti da tutto il mondo, per affiancare e dare sollievo al nostro personale sanitario, già tanto provato in questo periodo critico. Si tratta di un arruolamento di medici temporaneamente in organico al nostro sistema sanitario- prosegue Donini- fermo restando il rapporto con la propria organizzazione di provenienza».
Tra le 20.08 del 7 aprile e le 4.35 dell’8 il satellite sarà in fase piena nel punto più vicino alla Terra. L’associazione degli astrofili ravennati ha cancellato gli eventi ma la passione per le stelle e la divulgazione si sposta sui social con soci e appassionati
La Luna
Il cielo serale di oggi, 7 aprile, offrirà lo spettacolo della cosiddetta Superluna. Il satellite apparirà particolarmente grande e luminoso «perché – spiega il Planetario di Ravenna dalla sua pagina Fb – si troverà in fase piena e al tempo stesso nel punto più vicino alla Terra. È quello che viene chiamato pseudo-fenomeno astronomico» (a questo link alcune storie di ravennati che abbiamo raccolto in occasione del 50esimo anniversario dello sbarco sulla Luna).
In tempi di isolamento forzato nelle proprie abitazioni per contrastare il coronavirus, gli astrofili dell’associazione Arar hanno dovuto annullare tutti gli appuntamenti in calendario ma si inventati qualcosa per mantenere i rapporti a distanza tra appassionati. E così è nata “Io osservo da casa”.
«Ci siamo trovati improvvisamente senza poter fare quello che ci riesce meglio e cioè insegnare, divulgare l’astronomia e condividere con altri le nostre osservazioni del cielo – spiega Paolo Alfieri, segretario dell’associazione –. Quelli di noi che hanno un balcone o un giardino hanno iniziato ad osservare il cielo da casa, in solitudine e riscoprendo sia la bellezza del cielo che la tecnologia che ce lo fa osservare e riprendere: telescopi, binocoli, webcam, macchine fotografice. Allora ci siamo detti: perché non condividiamo con tutti queste esperienze?».
E così la passione ha cominciato a viaggiare sui canali social: siti, pagine e gruppi Facebook, Instagram, Whatsapp: «Abbiamo pubblicato spunti, traiettorie di satelliti e della stazione spaziale, proposte di osservazione e ognuno ha postato le proprie foto e commenti. È una rubrica aperta a tutti, non solo ai soci, e tutti possono trarre ulteriori spunti e pubblicare le proprie immagini ed esperienze. È un po’ come essere tornati ad osservare tutti insieme…». Ma non solo: i tanti astrofili hanno realizzato filmati con brevi lezioni e chiacchierate su astronomia e scienza dedicati a chi vuole saperne di più e anche ai più piccoli.
A dare una bella spinta all’entusiasmo è stato quanto successo il 3 aprile. Lo racconta Marco Garoni, presidente dell’Arar: «Da pochissimo è stata attivata la possibilità di comandare a distanza il telescopio del nostro osservatorio, sostanzialmente per fare ricerca in collaborazione con l’Inaf-Osservatorio di Asiago. I lavori necessari, durati un anno, si sono conclusi proprio alla vigilia dello stop imposto dall’emergenza Covid-19. Un colpo di fortuna. E quindi, come ogni venerdì sera, ci siamo virtualmente ritrovati a scambiare due battute, a vedere quanto siamo ingrassati, ma soprattutto ad inaugurare questa nuova attività. Ci siamo trovati online in parecchi. Stefano Moretti era al comando del telescopio e dopo qualche minuto arriva la prima immagine: la cometa Atlas, C/2019 Y4 per gli amici, che in questi giorni si sta avvicinando al Sole. Scoperta il 28 dicembre scorso, forse sarà visibile ad occhio nudo da fine mese. Dopo questa prima foto si è riaccesa la nostra indole di divulgatori».
Poi visto che l’isolamento domiciliare per molti coincide con le interruzioni degli impegni lavorativi, c’è più tempo libero ed è nata un’altra “rubrica”: «Si intitola “Un libro a settimana” nella quale viene recensito e consigliato un libro scientifico da leggere».
La speranza è di riprendere prima possibile la regolare attività e così, per non essere impreparati, l’Arar sta pensando a un “Sun Party” per il 21 giugno: «Il 20 giugno cade il solstizio d’estate e ci piacerebbe, se le condizioni lo permetteranno, una sorta di festa ai giardini del planetario durante la quale, mantenendo rigorosamente tutte le cautele e le distanze che la situazione sanitaria impone, proietteremo su schermi il nostro Sole, lanceremo razzi ad acqua, racconteremo un po’ di astronomia, ci sarà un astro-quiz».
Il vigile del fuoco non ha mai perso conoscenza e non è in pericolo di vita. Nessun ferito nella famiglia residente
Durante un intervento a Sant’Antonio, per spegnere le fiamme divampate dalla canna fumaria di una casa, un vigile del fuoco è caduto dal tetto. L’incidente è accaduto nella frazione di Ravenna nella notte tra il 6 e il 7 aprile. L’uomo è stato trasportato all’ospedale di Cesena con diversi traumi: non ha mai perso conoscenza e non è in pericolo di vita. L’incendio è partito dalla canna fumaria e ha poi coinvolto il sottotetto in legno anche per via di una buona ventilazione nella zona che ha spinto le fiamme. L’abitazione non è agibile ma non ci sono feriti: sono stati gli stessi abitanti a chiamare il 115.
Il racconto del ravennate Carlo Vaglio, residente in Germania dalla fine degli anni ‘80. Al tempo della pandemia insegna italiano tramite video-lezioni. «Anche qua si teme recessione e disoccupazione ma c’è ancora un welfare molto efficiente»
Ha lasciato Ravenna nel 1983 per la Germania, e dopo un po’ di lavori intrapresi fra l’Alto Adige, la Francia e il Canada ha iniziato a risiedervi stabilmente. Oggi Carlo Vaglio, 66 anni, insegnate di italiano e linguistica in istituti superiori e universitari, vive a Altdorf, a una ventina di chilometri da Norimberga, in Baviera, con la compagna Petra che lavora in banca. La figlia Anna invece sta concludendo un master in Scienze sociali ed ha un impiego fisso a Magonza.
Lo abbiamo sentito al telefono di casa, di ritorno da una passeggiata nei boschi nei dintorni della cittadina dove abita.
Allora Carlo potete uscire voi lì in Germania…
«La disposizione delle autorità è quello di uscire il meno possibile da casa, però si può camminare e fare sport da soli oppure con la famiglia. Sono chiusi i parchi gioco per bambini ma le grandi aree verdi sono frequentabili. Ad esempio, il fiume Pegnitz, che pure passa attraverso il centro storico Norimberga, ha sponde verdi e boscose percorribili a piedi, coi pattini, in bicicletta… Anche in questo periodo è per così dire “affollato” di coppie e bambini. Grosso modo il divieto di assembramento viene rispettato anche se gli adolescenti e i più giovani tendono a fare gruppo…».
Ma delle imprese e delle attività commerciali e sociali cosa è stato chiuso? «Gran parte dei cittadini lavorano. In linea di massima non c’è nessun settore della produzione industriale e dei servizi che sia stato chiuso, a parte le grandi industrie automobilistiche, Volkswagen, Bmw, Mercedes, che però hanno cessato l’attività in modo volontario, per ragioni di sicurezza ma anche di carenze nella filiera dei componenti e per la contrazione globale del mercato. A parte il commercio non alimentare, sono sbarrati negozi, ristoranti e bar, ma anche cinema, teatri, strutture sportive, e le scuole, ormai da tre settimane. Ma le restrizioni più importanti e consistenti sono avvenute con ritardo di almeno una decina di giorni rispetto all’Italia».
Anche le scuole sono chiuse, quindi come porti avanti il tuo lavoro di insegnate? «A distanza ovviamente. Insegno italiano in una scuola superiore per interpreti e traduttori che è a Erlangen, 50 chilometri da dove abito, che di solito raggiungo con due treni. Adesso sono ben contento di non dovermi muovere. Faccio da casa le stesse ore di prima con video-lezioni al computer. Utilizziamo app tedesche, perché è sconsigliato l’uso di software di colossi dell’informatica come Microsoft e Google, ma non sono proprio efficientissime».
Ma come stanno andando le lezioni a distanza?
«Oggi navighiamo a vista, non possiamo fare compiti in classe, solo colloqui orali, senza vere e proprie valutazioni. Per ora non ci sono normative in merito da parte del Ministero della Cultura bavarese. Gli studenti sbuffano perché è aumentato il carico dei compiti, e anche per noi insegnanti è cresciuto l’impegno per questo incremento di esercizi. Per quanto mi riguarda ci limitiamo a leggere e tradurre testi quasi tutti dedicati alla linguistica e alla storia delle lingue. Non so come faremo con gli scrutini senza valutazioni in corso».
Che fine farà l’anno scolastico. È probabile che non si tornerà più fisicamente in classe? «Per ora non se ne parla. Figurati che c’è un Land (le Regioni della Federazione Tedesca ndr) del Nord del Paese dove si va ancora a scuola fisicamente. Ogni Land decide le sue particolari regole di restrizione. C’è una forte autonomia decisionale e ogni governatore è sovrano nel campo della sanità e della scuola. In Baviera, ad esempio, ci sono restrizioni molto più estese e stringenti che in altre regioni. In alcuni Land si stanno cominciado a prepara gli esami di maturità, che si terranno normalmente, non a distanza. Ma va detto che le vacanze scolastiche in Germania, come le ferie di chi lavora, sono scaglionate per una lunga parte dell’anno che va da maggio a metà settembre, a seconda delle regioni».
Torniamo all’emergenza sanitaria, in Italia ci si chiede come mai, nonostante un notevole numero di contagi, in Germania si registrino così pochi morti da coronavirus…
«Se ne è discusso anche qua. Non sono molto informato della stampa ma seguo sempre i telegiornali. C’è chi dice che è una conseguenza della struttura della famiglia che vede i giovani andare via dalla casa natale subito dopo la fine delle scuole superiori o per iniziare a lavorare. Per cui le coppie mature e gli anziani tendenziamente vivono soli, non ci sono nuclei familiari affollati come in Italia. E questo potrebbe aver limitato i contagi. Insomma una questione di composizione e dinamica del tessuto sociale. Qualche esperto ha anche avanzato l’ipotesi che il coronavirus in Italia sia di un ceppo particolarmente letale. Ma anche che la Germania ha messo in campo subito un’azione molto efficace di protezione del personale sanitario impiegato nell’emergenza, imparando così dagli errori compiuti all’inizio dell’epidemia con il focolaio in Lombardia».
Parliamo di economia e lavoro, si teme un crisi delle imprese e dell’occupazione, una destabilizzazione sociale? «C’è una notevole preoccupazione. Già si parla di una perdita di più di 100mila posti di lavoro nel campo automobilistico, nei prossimi anni. E così si parla ormai ufficialmente di recessione economica: se va avanti così si prevede una riduzione della produzione industriale di almeno il 18%, il clima di fiducia dei consumatori è crollato, e lo stesso vale anche per gli scambi di titoli in borsa. D’altra parte in Germania c’è un welfare molto più avanzato rispetto all’Italia per il sostegno delle persone meno abbienti. Da tempo esiste una sorta di quello che adesso in Italia si chiama reddito di cittadinanza che ammonta a oltre 800 euro al mese. Ma se questi soldi non bastano, a chi ne ha diritto, viene pagato anche l’affitto o le bollette. Oggi chi abita in una grande città tedesca ha il problema del caro affitti, non ci sono abbastanza case, spazi abitativi. Un tempo non era così, si tratta di una tendenza emersa una decina d’anni fa, che sta allargando il disagio sociale».
E come viene affrontata la precarietà del lavoro? «Da molto tempo in Germania c’è molta gente che vive di “lavoretti”, di impieghi precari, senza garanzie. Si possono guadagnare fino a 450 euro al mese con notevoli sgravi fiscali sia per il datore di lavoro che per il lavoratore. Di solito con due o tre di questi impieghi si riesce a costruire un reddito dignitoso. Anche se non c’è alcuna sicurezza di continuità, perché spesso sono incarichi temporanei, che riguardano principalmente il commercio e la ristorazione. È una zona grigia della società tedesca, un piccolo esercito che conta alcuni milioni di persone per cui la sopravvivenza dell’occupazione è a rischio. Peraltro si tratta di un sistema occupazionale in fase di contrazione perché negli ultimi tempi in Germania c’è sempre più richiesta di personale qualificato ed esperto».
Come è vista in Germania la questione delle coperture finanziarie e degli investimenti della Comunità Europea, della solidarietà economica, rispetto ai rischi di una dura fase di depressione? «Qui si pensa sia una questione messa in campo e che preme molto a paesi come Italia, Spagna, Francia. E non se ne parla molto, non fa parte dell’attuale dibattito pubblico. Credo sia un atteggiamento della classe politica dominate, in particolare della Cdu, per non prestare il fianco alle critiche degli euroscettici, dei populisti. Dei “coronabond” non si discute proprio per ora, c’è sempre un po’ di allergia, di irritazione, anche nell’opinione pubblica, quando si sente parlare di supportare i paesi europei in difficoltà economica. In questo senso c’è una sintonia fra i governanti e i cittadini elettori, anche se credo che i politici tedeschi responsabili delle iniziative a livello europeo si stiano preparando a un compromesso rispetto alle richieste delle nazioni del sud del continente. Si cerca un equilibrio fra l’interesse dalla nazione e quello della Comunità Europea, perché anche qui si parla di recessione e avanza la paura di una crisi economica e non credo sia intenzione della Germania mettere in discussione la stabilità e le convenienze dell’Europa unita».
Quando pensi di tornare in Italia, dove vieni periodicamente in estate, a Natale, in primavera?
«Mi piacerebbe, come facevo di solito, tornare a Pentecoste, quest’anno cade a giugno. Chissà, lo spero proprio».
Un 47enne in gravi condizioni trasportato in elicottero a Bologna dopo essere stato liberato dai vigili del fuoco
Un camion frigo con un carico di animali macellati è finito fuori strada alle 6.30 di stamani, 7 aprile, mentre percorreva via Bastia all’altezza di Ca’ di Lugo. Il mezzo pesante non ha coinvolto altri veicoli nell’incidente e al momento non sono note le cause della sbandata. L’autista, un 47enne, è rimasto bloccato nella cabina del veicolo ed è stato necessario l’intervento dei vigili del fuoco per estrarlo. L’uomo è in gravi condizioni: con l’elicottero del 118 è stato trasportato all’ospedale di Bologna. Nel violento impatto il cassone del camion si è aperto e il carico di carne è finito sparso sul campo.
La ricetta di Mercatali per il rilancio: «Ho avuto il privilegio di lavorare in parlamento e so che il nostro sarà un Paese da ricostruire»
Vidmer Mercatali
«Fra qualche mese dovremo cominciare a capire come pagare pensioni, reddito di cittadinanza e stipendi pubblici». L’allarme non arriva da un cittadino qualunque, ma dall’ex sindaco di Ravenna ed ex senatore Vidmer Mercatali. «Ho avuto il privilegio di lavorare in parlamento e so che i nostri debiti quando questo maledetto virus mollerà la presa saranno aumentati del 20/30 percento e le entrate calate a picco come non era mai successo dal Dopoguerra. Il nostro sarà un paese in ginocchio, da ricostruire, rimettere in piedi».
Mercatali, su Facebook, chiede quindi di non «sparare stupidaggini» come secondo lui è la sorta di reddito universale richiesto da Grillo.
«Smettiamola con le polemiche, con la ricerca delle colpe del passato, ci si deve sedere oggi tutti attorno a un tavolo: partiti, esperti, imprenditori e lavoratori e mettere in campo tutto ciò che è possibile per ripartire, una vera e propria task force».
Mercatali lancia poi le sue idee: «Serve uno stato forte e autorevole che garantisca l’Europa e le imprese, nel Dopoguerra fu l’Iri con la Cassa del Mezzogiorno a svolgere questa funzione, oggi la deve fare la Cassa Depositi e Prestiti assieme alle banche e in accordo con l’Europa bisogna immettere liquidità e garanzie per chi vuole investire». E ancora: «Una moratoria sulla burocrazia per tre anni rivedendo tutti i meccanismi autorizzativi per le attività imprenditoriali con una grande operazione di modernizzazione tecnologica del paese; un piano Marshall per il turismo, ambiente, beni culturali, agricoltura e prodotti tipici cioè la nostra materia prima forse la più importante nel mondo. Far partire tutte le opere pubbliche già finanziate (oltre 100mld) in tre mesi».
Dopo due giorni di ricerche. Si tratterebbe di un suicidio
È stato ritrovato morto nel pomeriggio di ieri (lunedì 6 aprile) il 47enne scomparso sabato dalla propria abitazione di Ponte Nuovo, alle porte di Ravenna.
Il cadavere è stato ritrovato lungo l’argine dei Fiumi Uniti, dove si erano concentrate le ricerche.
Dai primi accertamenti pare si tratti di un suicidio.