giovedì
28 Agosto 2025

«Nessuno voleva nostro figlio, ora è felice di avere due papà»

Il presidente dei Arcigay Ravenna è riuscito, insieme al marito, a ottenere l’affido di un bambino di 8 anni, in attesa di adozione: «In Italia è vietato, ma il nostro è un caso speciale: il giudice ha deciso nell’interesse del minore»

Ciro Di Maio1

«L’affido di un bambino a una coppia omogenitoriale è un percorso molto difficile, ma non impossibile. Io e mio marito Alessandro abbiamo perseverato e ci siamo riusciti». Ciro Di Maio, presidente di Arcigay Ravenna, da sei mesi può considerarsi a tutti gli effetti un papà: risale infatti allo scorso aprile la decisione definitiva, da parte di un giudice, di affidare un bambino di 8 anni a lui e al suo compagno di vita da 17 anni. Ora, trascorso il tempo necessario, potrà partire la pratica di adozione. Di Maio e il marito hanno superato ostacoli burocratici, pregiudizi e diffidenze, ma sono infine arrivati a un traguardo che – tiene a sottolineare il presidente
locale di Arcigay – «non riguarda solo noi, bensì soprattutto gli interessi di nostro figlio». Ancora più significativo è che la pratica sia stata fatta interamente in Italia, nonostante sia opinione comune che nel nostro paese si tratti di un percorso impossibile.

Di Maio, la legge italiana non prevede l’adozione di bambini da parte di single e coppie omosessuali…
«È vero, l’adozione classica non è prevista dal nostro ordinamento; tuttavia l’articolo 44 della legge 184/1983 disciplina alcuni casi speciali. Si tratta di una pratica conosciuta soprattutto per la cosiddetta “stepchild adoption”, ovvero l’adozione del figlio del partner, sia esso il coniuge o il compagno unito civilmente. Ma
anche quando non è presente un genitore biologico, è legalmente possibile che un tribunale riconosca l’interesse superiore del minore ad avere un vincolo legale con uno o due adulti. È questa la casistica in cui siamo rientrati io e mio marito, con l’affido propedeutico alla futura adozione».

Quali motivi hanno portato il tribunale a effettuare tale scelta?
«Nel nostro caso, il minore era stato abbandonato dalla sua famiglia biologica (con tanto di decadimento della responsabilità genitoriale, ndr) e rifiutato da altre famiglie che lo avevano inizialmente preso in affido e poi restituito. Si tratta di un bambino di 8 anni che non era stato ancora scolarizzato e che aveva subito alcuni traumi, perciò si trovava in una situazione vulnerabile e svantaggiata. Nessuno lo voleva, mentre noi ci siamo dichiarati disponibili a prenderlo in affido e abbiamo iniziato il percorso legale».

È stato difficile?
«Non poco. Sul piano personale, nostro figlio era impaurito e segnato a causa dei precedenti abbandoni, perciò gli approcci delle prime settimane sono stati molto delicati. Sul piano burocratico, abbiamo dovuto superare un lungo percorso e affidarci a un tribunale con un giudice più aperto e illuminato rispetto a molti suoi colleghi».

In che senso?
«Molti tribunali dei minori, in maniera più o meno esplicita, negano la possibilità di affido ai single e alle coppie omogenitoriali. Anche quando ci sono persone disponibili ad accudire bambini che rientrano in casi speciali, si preferisce lasciarli negli istituti, solo perché le decisioni legali sono ancorate al modello di famiglia tradizionale. Nel capoluogo campano, invece, sapevamo che non avremmo incontrato questo tipo di chiusura. Anzi, nel nostro caso il giudice ha stabilito che
per nostro figlio, proprio per essere aiutato a superare il suo passato difficile, sarebbe stato preferibile avere una o due figure maschili che lo accudissero. Una cosa confermata anche dal bambino quando, pochi giorni fa mentre lo aiutavo a vestirsi, con spontaneità mi ha detto che era felice di non avere una madre e di avere due papà».

Come funziona il percorso prima di arrivare a ottenere l’affido?
«Innanzitutto occorre fare il percorso di formazione per diventare una famiglia affidataria. Io e Alessandro lo abbiamo svolto a Ravenna, insieme a molte altre persone. Poi bisogna superare la fase di istruttoria individuale, nella quale i servizi sociali valutano l’idoneità del nucleo familiare all’affido. Infine bisogna dichiarare la propria disponibilità ad accudire uno specifico bambino. Nel nostro caso, abbiamo conosciuto nostro figlio grazie all’associazione “M’aMa – Dalla parte
dei bambini”, che si occupa di casi speciali di minori non adottati; e ci siamo rivolti ad alcuni consulenti esperti in famiglie omogenitoriali».

Qual è la percezione pubblica di due genitori uomini?
«Siamo solo all’inizio del nostro percorso, ma abbiamo già visto qualche naso arricciato, per il solo fatto di vedere un bambino con due papà. Speriamo di non subire di peggio».

Cosa consiglierebbe a una coppia omosessuale che volesse intraprendere lo stesso percorso?
«La genitorialità non è mai un percorso facile, perciò è fondamentale perseverare e non abbattersi. In precedenza io e Alessandro ci eravamo dichiarati disponibili
per altri minori, ma il tribunale ha deciso di affidarli ad altre famiglie. Non ci siamo mai demoralizzati; anzi pensiamo che se quei tentativi non sono andati bene, forse è perché non erano quelli i bambini che eravamo destinati ad accudire. Allo stesso modo, ribaltando la prospettiva, le famiglie che in passato hanno rifiutato nostro figlio non erano le figure giuste per lui. Se il desiderio è forte, prima o poi arriva a esaudirsi. Comunque, chi ha bisogno di un consiglio sul percorso burocratico può venire a trovarmi nella sede di Arcigay a Ravenna».

L’attuale governo è molto chiuso su questi temi. Ha un messaggio da rivolgere alla premier Meloni?
«Questo esecutivo è molto impegnato a negare i diritti delle famiglie non tradizionali, come ha fatto per esempio stabilendo il reato universale della gestazione per altri. Eppure non muove un dito per facilitare l’adozione dei bambini svantaggiati. Affidarli a una famiglia che si prenda cura di loro è la soluzione migliore, a prescindere dall’orientamento sessuale dei genitori, eppure viene reso impossibile. Perciò penso che sarebbe ora di smettere di vedere mostri dove non ci sono.
Piuttosto, è meglio dedicare attenzione ed energie a fare una corretta informazione sulle possibilità previste dalla legge e, soprattutto, a costruire dei percorsi burocratici più snelli e privi di pregiudizi. Soprattutto per il bene dei bambini, che sono le prime vittime delle assurde battaglie ideologiche di chi vuole conservare il modello unico della famiglia tradizionale».

Elio De Capitani a San Lorenzo nei panni del “Minotauro” di Colasanti

L’ottava tappa del Rossini Open sarà dedicata al melalogo mitologico della compositrice romana. Insieme al noto attore, il soprano Laura Zacchini e l’ensemble della Cherubini

Elio De Capitani© Laila Pozzo 4 Low

L’ottavo appuntamento del festival itinerante “Rossini Open” si terrà lunedì 4 novembre alle 20.30 al Teatro di San Lorenzo (in via dei Bartolotti 9 a San Lorenzo) per una imperdibile serata interamente dedicata alla musica della nota compositrice Silvia Colasanti (autrice romana classe 1975, tra le più attive ed eseguite), che porterà nel ravennate il brano “Tre notti” per quartetto d’archi (tratto dallo spettacolo teatrale “Tre risvegli” di Patrizia Cavalli andato in scena al Festival dei Due Mondi di Spoleto) e poi una delle sue opere più apprezzate degli ultimi anni, “Arianna e il Minotauro” (2019), melologo per voce recitante, soprano e ensemble su libretto di Giorgio Ferrara e René de Ceccatty. In questa nuova produzione del Teatro Rossini di Lugo in trasferta al Teatro di San Lorenzo, il soprano sarà Laura Zecchini, la voce narrante quella straordinaria di Elio De Capitani – attore, regista e colonna del Teatro dell’Elfo di Milano – l’ensemble strumentale, di 12 elementi, è quello dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, con la direzione affidata a Paolo Marzocchi.

S.Colasanti Ph. Barbara Rigon 5 Novembre

Proseguendo un percorso di rilettura dei miti secondo un linguaggio e una sensibilità contemporanei, Silvia Colasanti sceglie la forma del melologo (tra dialettica e musica) per affrontare la storia del Minotauro. Il mito di un mostro terrificante si trasforma in un dramma “umano”: Minotauro, caratterizzato da forza bruta, non distingue il bene dal male, ma è un personaggio ingenuo, confuso e innocente, al quale si contrappone l’uomo come carnefice, capace di inganno e falsa amicizia, qui rappresentato da Arianna, sorellastra del Minotauro, poiché figlia della stessa madre Pasifae. Minotauro è un attore, mentre Arianna è un soprano. La partitura musicale di Colasanti è ricca di contrasti che raccontano la doppia anima del Minotauro e la sua confusione: spesso ad aggressivi ostinati ritmici si alternano momenti immobili e rarefatti, durante i quali il Minotauro si interroga, dialoga con sé stesso, sogna di essere un uomo. Un ensemble di 10 elementi incastona le linee vocali dei protagonisti e diventa protagonista esso stesso in alcuni snodi formali dell’azione. Alla solitudine del Minotauro si contrappone il ricordo delle giovani vittime a lui destinate, che lo accerchiano minacciosamente prima di essere uccise, una dopo l’altra, in una battaglia tutta percussiva e astratta. La tensione sfocia nel lirismo quando il mostro, vedendo una delle giovani vittime a lui destinate se ne innamora, senza però riconoscere davvero questo sentimento. Il lirismo si fa invece subdolo con l’ingresso di Arianna, sorellastra del Minotauro, entrata nel labirinto con Teseo per ingannarlo con un finto sentimento di amicizia e amore fraterno, per poi ucciderlo. Il finale è affidato alle ultime parole del Minotauro prima di morire: una lunga preghiera intima e sofferta su cupi rintocchi di campana.

I biglietti sono in vendita al costo di 10 euro online, nei punti vendita vivaticket e nella sede di spettacolo, 1 ora prima dell’inizio del concerto.

Vandalismo al parco: un gruppo di ragazzi incendia un cassonetto nella notte

I residenti della zona scrivono una lettera a “Lista per Ravenna” che interroga il sindaco durante un question time

Foto 2

Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre un gruppo di ragazzi ha dato fuoco ad uno dei cassonetti di carta e cartone del parco Bella Ciao di Carraie, situato tra il giardino Itala Valpiani a nord e via Castelladella a sud. Un video dell’accaduto è stato caricato su Instagram da un ragazzino che abita nella zona. Oltre ai carabinieri, sono dovuti intervenire i pompieri per spegnere le fiamme che lambivano gli alberi vicini e le auto posteggiate a bordo strada.

Un gruppo di residenti della zona è intervenuto denunciando l’accaduto con una lettera a Lista Per Ravenna: «La zona è oggetto di innumerevoli episodi di degrado e di oltraggio al bene pubblico, nonostante i nostri sforzi per cercare di preservare la bellezza e l’utilità del parco. Dato che le nostre segnalazioni alle forze dell’ordine non sono state sufficienti ad ottenere un cambiamento, chiediamo, se possibile, il vostro aiuto, per fare arrivare la nostra voce a chi di dovere. I carabinieri erano già stati chiamati più volte sul posto a seguito di risse tra adolescenti. Non è proprio possibile aumentare la sicurezza di questa zona?».

Il capogruppo Alvaro Ancisi ha quindi presentato gli interrogativi suggeriti dai cittadini al sindaco durante un question time, chiedendo l’installazione di fototrappole sull’isola ecologica vicino al parco e di rafforzare l’illuminazione pubblica nella zona «per contrastare – scritto dai residenti in zona – episodi di spaccio e offesa al bene pubblico».

Le richieste della lista coinvolgono anche il prefetto Castrese De Rosa, a cui viene suggerita una verifica sulla possibilità di  ampliare la fascia oraria di attività delle caserme più vicine a Carraie. I carabinieri intervenuti nella notta del 31 ottobre sono infatti giunti sul posto da Milano Marittima dopo almeno mezz’ora.

Circolazione sospesa lungo la Standiana a partire dal 4 novembre

Previste modifiche al traffico tra Mirabilandia e lo svincolo E55

Lavoti Strada

Partiranno lunedì 4 novembre i lavori di bonifica e di ripavimentazione del corpo stradale sulla strada provinciale 101 (Standiana via Lunga). Fino a venerdì 29 novembre è prevista quindi l’interruzione temporanea della circolazione lungo il tratto compreso tra Mirabilandia e lo svincolo E55 Orte Ravenna, nello specifico dal km 2+850 al km 3+300 (incrocio via Valloncello), nel comune di Ravenna.

Tutti i veicoli che percorrono la strada provinciale n. 101 “Standiana” provenienti dalla strada statale E 55 “Orte Ravenna”, dalla località di Osteria o dalla strada provinciale n. 118 “Dismano” e diretti verso la strada statale n. 16 “Adriatica” o a Mirabilandia, prima dell’interruzione, dovranno invertire la marcia e ritornare lungo la “Standiana“. Da qui potranno spostarsi sulla strada statale E 55 o sulla strada provinciale n. 118 “Dismano”, con svolta in direzione Ravenna e proseguire fino agli innesti con la strada statale 16 “Adriatica”, immettendosi su quest’ultima in direzione sud (Cervia). Percorreranno la strada statale 16 “Adriatica” fino a giungere all’innesto con la strada provinciale n. 101 “Standiana“, in località Mirabilandia.

I veicoli che percorrono la strada provinciale n. 101 “Standiana” provenienti dalla strada statale 16 “Adriatica” o da Mirabilandia e diretti verso la strada statale E 55 “Orte Ravenna” o verso la strada provinciale n. 118 “Dismano”, o verso la località di Osteria, seguiranno il percorso inverso. Sul posto sarà presente la segnaletica di preavviso indicante i percorsi di deviazione.

La nuova vita di Palazzo Guiccioli: dal 30 novembre musei, bar, negozi e ristorante

Si avvicina la data di un’inaugurazione attesa da dieci anni. In via Cavour l’omaggio a Byron e al Risorgimento

Palazzo Guiccioli

È slittata ancora la data di riapertura in pieno centro a Ravenna di palazzo Guiccioli, storico edificio che si affaccia su via Cavour (al civico 54) comprato nel 2011 dalla fondazione della Cassa di Risparmio di Ravenna, dopo anni in cui versava nel degrado. La date ufficiali da segnare in agenda sono ora quelle di sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre con l’apertura ai visitatori (su prenotazione) in occasione dell’inaugurazione.

Il cantiere a Palazzo Guiccioli era partito ormai dieci anni fa ed è stato molto più impegnativo del previsto, complice anche la pandemia. Ora però è tutto (quasi) pronto per il taglio del nastro di quello che sarà un nuovo complesso museale della città. Al piano superiore del palazzo troverà spazio infatti il museo Byron, dedicato alla vita ravennate del poeta simbolo del romanticismo, Lord George Byron: un museo prettamente letterario che sarà coinvolgente anche tramite un uso importante delle nuove tecnologie. Dalle stanze dedicate a Byron si passerà poi, in perfetto ordine cronologico, a quelle del rinnovato (aveva sede in Classense) museo del Risorgimento, con collezioni e cimeli garibaldini provenienti anche dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia di Firenze e dalla Fondazione Craxi. A completare il polo culturale (oltre al bookshop con articoli a tema Byron e Risorgimento, che sarà gestito dalla fondazione Ravennantica) ci sarà poi il museo delle bambole e altri balocchi di Graziella Gardini Pasini che trova posto (dopo il trasferimento da via Fantuzzi, vicino a piazza Kennedy) nel retro del palazzo, verso via Morigia.

Come già annunciato, inoltre, saranno presenti anche spazi dedicati all’enogastronomia. Apriranno sempre il 30 novembre e a gestirli sarà la neonata società “Lumaca” fondata da Massimo Serena Monghini (dell’Osteria del Tempo Perso, che proseguirà comunque regolarmente l’attività nella vicina via Gamba), Bianca Scudellari e Lucio Fossati. Il ristorante (gestito in particolare da Scudellari) si chiamerà Taverna Byron, avrà due ingressi (uno dei quali su via Cavour) e una settantina di posti a sedere (anche all’aperto, nella corte interna del palazzo). Il menù sarà romagnolo, con prodotti annunciati di «primissima qualità» e un’offerta di vini che spazierà tra tradizione italiana e francese.

E a questo proposito, in uno spazio adiacente al ristorante aprirà anche la Cantina Guiccioli, bottega che venderà vini e prodotti gastronomici.

A completare l’offerta proposta dalla nuova società anche un bar con affaccio sulla corte in via Cavour, di fianco all’uscita del complesso, che sarà aperto fin dal mattino e proporrà aperitivi e serate anche oltre l’orario di apertura del museo.

Annata da record con una raccolta olive eccellente per qualità e qualità

Stefano Monti, presidente della sezione locale di Coldiretti: «Ci sono tutte le condizioni per una campagna importante e per un olio di altissimo pregio. Stiamo viaggiando verso il traguardo dei 10-11mila quintali»

Brisighella

È entrata nel vivo la campagna di raccolta olive a Brisighella, con grande soddisfazione degli olivicoltori che si trovano davanti a quella che probabilmente sarà una delle raccolte migliori degli ultimi 20 anni, con la qualità che va finalmente a braccetto con la quantità.

«Dopo annate caratterizzate da una produzione quantitativamente bassa – afferma Sergio Spada, presidente di Cab Terra di Brisighella – quest’anno, mentre ci avviciniamo a metà raccolta, possiamo già parlare di una campagna record in termini di quintali, ma anche di qualità delle olive, perfette, in salute, senza difetti e questo nonostante la tanta pioggia caduta nel 2024».

Notizie positive, dunque, dalle colline che possono fregiarsi della prima Dopo nazionale dell’olio extravergine: «Le piante hanno resistito bene alle ultime piogge all’interno di un contesto fitosanitario che non ha evidenziato presenza di mosca dell’ulivo – prosegue Spada – quindi, nonostante rese lievemente più basse, la produzione è abbondante e la qualità ottima».

Nettamente diverso, invece, il trend che si registra a livello nazionale con cali di produzione superiori anche al 30%, in particolare per via della siccità record che ha interessato in particolare gli oliveti del sud.

«Tornando a Brisighella – conferma Stefano Monti, Presidente della sezione locale di Coldiretti nonché socio conferitore alla Cab – ci sono tutte le condizioni per una campagna importante e per un olio di altissima qualità, le olive sono veramente sane, abbondanti e stiamo viaggiando, nonostante rese più basse e qualche difficoltà nella raccolta per via di terreni ancora bagnati,  verso il traguardo dei 10-11mila quintali».

Il macellaio trovato impiccato, «fu ucciso nel suo negozio»

Il gip di Ravenna ordina l’imputazione coatta per due indagati

Domenico Montanari
Domenico Montanari

Gli inquirenti pensavano a un suicidio quando all’alba del 25 luglio 2019 lo trovarono impiccato nella “Antica Macelleria Bandini” di Faenza, della quale era contitolare. E invece nelle carte del Tribunale di Ravenna, la morte del 64enne Domenico Montanari si è trasformata in un omicidio in concorso.

Il Gip Janos Barlotti, tramite apposita ordinanza, ha infatti ordinato alla Procura di formulare entro 10 giorni una imputazione coatta per il 55enne ex vigile urbano Gian Carlo Valgimigli, che alle 5.50 aveva rinvenuto il corpo e dato l’allarme. E per il 31enne di origine albanese Daniel Mullaliu, fratello dell’allora compagna del primo e il cui telefonino quella mattina aveva agganciato una cella compatibile con la macelleria. I due sono difesi dagli avvocati Gabriele Bordoni e Luca Donelli.

All’inizio il caso era stato inquadrato come il gesto estremo di un negoziante sommerso dai debiti e finito nella morsa dello strozzinaggio: tanto che l’ex vigile urbano – che gli aveva prestato soldi (circa 300mila euro) con interessi da capogiro (fino a 30mila al mese) e che cercava di vendergli la casa ad altre persone – era stato condannato per morte come conseguenza di altro reato, l’usura appunto. L’ipotesi omicidio aveva preso corpo più di recente quando nel carcere di Ferrara un compagno di cella di Vagimigli – un pregiudicato anche per reati di stampo mafioso – aveva a suo dire ricevuto confidenze dal 55enne proprio sul possibile omicidio del macellaio faentino.

Tanti particolari quelli poi riferiti in Procura a partire da fine 2022: come il tipo di cordino usato (di nylon), il tipo di azione imbastita (il 55enne che dà appuntamento al 64enne nel suo negozio e poi tre complici che arrivano da dietro e lo immobilizzato rapidamente) e il movente (il macellaio, stufo di pagare, voleva denunciare).

Tuttavia, premesso che sul cadavere il medico legale non aveva trovato segni di colluttazione, per la Procura esistevano scenari alternativi: ovvero il pregiudicato poteva avere parlato solo per avere benefici dal Tribunale della Sorveglianza. O Valgimigli poteva avere millantato per accreditarsi con un delinquente ai suoi occhi di alto rango. Da qui la richiesta di archiviare. Ma per il Gip, le dichiarazioni accusatorie del pregiudicato appaiono “intrinsecamente attendibili poiché logiche, coerenti e adeguatamente circostanziate“, peraltro “intrise di dettagli ben difficilmente frutto della fantasia o della rielaborazione di chi le rende” tanto più che quei particolari non erano mai usciti sulla stampa.

E poi la scena del crimine presentava dettagli definiti inquietanti: la luce era spenta, il telefonino era in ricarica (azione non compatibile con uno che voglia togliersi la vita), le chiavi erano inserite nella toppa dall’interno e il macellaio toccava con i piedi per terra. Inoltre i conoscenti del defunto lo avevano descritto come persona genuina e solare che mai si sarebbe risolta a un gesto estremo tanto più che doveva occuparsi di una familiare disabile: ragione quest’ultima per la quale mai avrebbe venduto la loro casa a cuor leggero. Attendibile anche il contesto delle rivelazioni. (Ansa.it)

Dalle imprese degli anni ’90 alla scrivania: Gaudenzi al vertice del tennis mondiale

Il ravennate è presidente Atp. «I ricordi più belli? La storica finale di Davis del 1998 e la semifinale a Montecarlo. Sinner? Un ragazzo fantastico»

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Tra i pochi tennisti italiani nella storia a entrare nella top 20 mondiale, Andrea Gaudenzi è stato il volto del tennis tricolore negli anni Novanta, quando ancora nessuno si sarebbe immaginato che un italiano sarebbe potuto arrivare addirittura al numero 1.

Classe 1973, nato a Faenza (dove il nonno fu l’ideatore del primo campo dell’attuale Tennis Club) e cresciuto (fino alla seconda media) a Ravenna, Gaudenzi fu specialista della terra rossa, dove ha conquistato tre titoli Atp. Dal 2020 è al vertice del tennis mondiale nella veste di presidente dell’Atp (l’associazione che riunisce i tennisti professionisti di tutto il mondo e i tornei, a eccezione dei quattro Slam), rieletto l’anno scorso per una carica che ricoprirà quindi fino almeno al 2026.

Gaudenzi, cosa fa il presidente dell’Atp?
«Rappresento l’associazione del tennis professionistico maschile e mi occupo quindi della sua gestione, anche e soprattutto per quanto riguarda l’aspetto dell’entertainment. Un lavoro complesso a causa della varietà di interessi che ci sono in ballo e che possono essere contrastanti, da quelli dei giocatori fino a quelli degli azionisti dei tornei. In questo momento ci sono troppe entità che gestiscono il mondo del tennis, la sua struttura frammentata è una delle cause principali per cui non si è stati in grado di massimizzarne il potenziale finanziario. Per questo motivo, da presidente, sto cercando di portare avanti la strategia “OneVision” che si basa su tre capisaldi: promuovere l’unità di governance fra le varie entità che dirigono il mondo del tennis, migliorare l’esperienza dei fan e sfruttare l’opportunità di crescita su scala in vari ambiti, tra cui soprattutto i media e l’evoluzione tecnologica a livello di dati e contenutistica».

Sfruttando anche la sua esperienza maturata una volta terminata la carriera…
«A fine carriera mi sono allontanato dal tennis per occuparmi di sport e marketing (dopo la laurea in giurisprudenza, Gaudenzi ha conseguito un Master in Business Administration a Londra e lavorato per la piattaforma di giochi online Bwin e della startup Real Fun Games, ndr) e poi anche in ambito musicale (in Musixmatch, una data company in contatto con case discografiche che detengono i diritti delle canzoni, ndr). L’esperienza all’estero e in altri settori mi ha fatto capire quanto a volte nel tennis non si tenda davvero l’attenzione verso gli appassionati, come per esempio nel campo della musica fa invece una piattaforma come Spotify. Noi rendiamo loro la vita un po’ complicata. L’obiettivo deve essere quindi quello di migliorare l’esperienza degli appassionati e avvicinarne altri al mondo del tennis. Senza dimenticare il ruolo dei giocatori, per i quali abbiamo comunque già ottenuto risultati importanti, come la divisione dei profitti in maniera equa e in totale trasparenza».

Che rapporto ha mantenuto con la Romagna?
«Vivo fra Londra, Montecarlo e la Florida, ma tutti i miei amici sono ancora in Romagna, quando posso ci torno. E quando riparto mi porto dietro il cibo romagnolo, cappelletti e piadina in primis…».

Quali sono i momenti che ricorda con più piacere della sua carriera?
«Difficile. Potrei dire la storica finale di Coppa Davis del ’98 a Milano (l’ultima finale italiana, persa contro la Svezia, prima della vittoria dell’anno scorso, ndr), la semifinale a Montecarlo (nel 1995, persa contro la sua bestia nera Muster, campione austriaco che è stato anche numero 1 al mondo, ndr). E poi naturalmente le prime vittorie, il primo titolo, il primo punto Atp».

Rimpianti?
«Se mi guardo indietro, alla luce anche dei nuovi metodi di allenamento, mi rendo conto di aver fatto una marea di errori, sia tecnici che di prevenzione degli infortuni, penso ad esempio a tutto il tema dell’alimentazione. Ma se ripenso ai miei sogni a 17 anni, credo davvero di aver fatto il massimo, considerando quei tempi, in base alla mia capacità».

Il tennis oggi è troppo fisico, troppo veloce?
«In realtà non credo. Negli ultimi vent’anni per esempio Federer non è stato stravolto da alcun cambiamento. Se invece si paragona il tennis di oggi con quello degli anni 70 e 80, allora sì, grazie ai nuovi materiali è tutto molto diverso. Anche a causa del cambiamento delle superfici, che una volta erano molto differenti una con l’altra mentre oggi si è tutto omogeneizzato, migliorando comunque la qualità dello spettacolo che ora vede sempre i migliori che giocano contro, indipendentemente dalla superficie».

Che rapporto ha con Sinner?
«Ho sempre avuto un ottimo rapporto con lui, ancor prima di diventare presidente. È un ragazzo fantastico che esprime la cultura della propria terra: estremamente umile, ordinato, quadrato, stakanovista. Una mentalità ideale per uno sportivo e un ragazzo esemplare anche fuori dal campo. La sua debolezza potrebbe essere solo legata al rischio infortuni, da gestire nel corso della carriera. Ma la sua mentalità è incredibile: già quando ci parlavo prima ancora di entrare nel circuito aveva l’obiettivo di arrivare in cima; tutto il contorno non lo tocca minimamente, è una cosa rara da vedere. Mi affascina anche la freddezza che ha sul campo nei momenti importanti: non sente la paura».

A questo proposito, cosa ne pensa del caso doping? E delle polemiche per la mancata partecipazione alle Olimpiadi?
«Sul tema doping faremo una comunicazione ad hoc come Atp e preferisco non commentare fino alla decisione del Cas (la Corte Arbitrale dello Sport, che dovrà esprimersi sul ricorso della Wada per il caso che coinvolge Sinner, giudicato senza colpa o negligenza dall’Itia per essere risultato due volte positivo al clostebol a marzo 2024, ndr). Sulle Olimpiadi, Sinner ha fatto la cosa giusta a livello di programmazione: il calendario è molto fitto e avendo avuto un problema fisico credo abbia fatto bene a non andare. La sua bravura – e quella anche di Novak (Djokovic, ndr) e Roger (Federer, ndr) è anche quella di saper dire di no. Djokovic ha vinto le Olimpiadi a 37 anni, per dire, Sinner avrà altre occasioni».

Anche se lei non si occupa di sport femminile, sta seguendo le vicende di Sara Errani, di cui condivide le origini romagnole?
«Non la conosco personalmente, ma la seguo sempre. Lei e Jasmine (Paolini, ndr) sono ragazze stupende, allegre, simpatiche. Vederle giocare e vincere è una gioia per il cuore».

Da cosa dipende questo exploit del tennis italiano?
«Credo ci sia dietro un ottimo lavoro della Fitp ma siano anche semplicemente momenti storici. Quando giocavo io c’erano quasi solo americani tra i top, mentre negli ultimi vent’anni praticamente non ce ne sono stati. Non credo sia possibile costruire un fenomeno come Sinner a livello “industriale”. Certo, la base era ottima e il sistema in Italia adesso funziona, sono state fatte scelte importanti, come la decentralizzazione dei centri di allenamento federali, l’introduzione di tanti Challenger e anche SuperTennis a livello di comunicazione. Servono tanti ingredienti, tra cui anche un pizzico di fortuna».

A proposito di allenamenti, il tennis è sport solo per ricchi?
«Non è facile da genitore, lo capisco, però è così un po’ per tutti gli sport individuali. La federazione fa il possibile per sostenere gli atleti nelle trasferte, ma deve puntare per forza solo su alcuni, non può fare molto di più».

Cosa ne pensa del fenomeno Padel?
«Credo che la federazione abbia fatto bene a comprenderlo sotto la propria ala. Il tennis ha una curva di apprendimento lunga, un percorso complicato. Quindi cominciare da uno sport più semplice come il Padel può essere utile, così come averlo nello stesso circolo: se c’è più gente che passa, anche il movimento del tennis può trarne giovamento».

Sbanda sull’E45, muore un automobilista

[+++AGGIORNAMENTO+++ La strada è stata regolarmente riaperta alle 19 di venerdì 1 novembre]

Una persona è morta in un incidente avvenuto nel pomeriggio di oggi (venerdì 1 novembre) lungo l’E45, al confine tra la provincia di Ravenna e quella di Forlì-Cesena.

La strada statale è temporaneamente chiusa al traffico lungo la carreggiata in direzione Ravenna. La circolazione è provvisoriamente indirizzata in uscita sulla viabilità provinciale allo svincolo di Cesena Nord/Pievesestina con rientro in E45 allo svincolo di Casemurate.

Per cause in corso di accertamento un’autovettura ha sbandato in maniera autonoma, senza coinvolgere altri veicoli. Il conducente è deceduto.

Sul posto sono intervenuti il personale Anas e le Forze dell’Ordine per la gestione dell’emergenza e per il ripristino della normale circolazione nel più breve tempo possibile.

Lavori al ponte mobile di Cervia che chiude al traffico per una settimana

Dal 4 novembre, dopo il rinvio per maltempo

Ponte Mobile

Da lunedì 4 novembre per tutta la settimana sarà eseguito l’intervento di manutenzione straordinaria al piano viario del Ponte mobile di Cervia. I lavori, originariamente previsti a metà ottobre, sono stati rimandati a causa del maltempo e saranno eseguiti a partire dal 4 novembre, sempre permettendo condizioni meteo.

Il Comune ricorda che per l’esecuzione dei lavori si rende necessaria la chiusura del ponte al transito dei veicoli, mentre viene garantito il transito a pedoni e bici nei due marciapiedi laterali.

L’intervento consiste nel ripristino dello strato di materiale carrabile ruvido realizzato con collante e quarzo granuloso, garantendo in questo modo la sicurezza della circolazione stradale. Inoltre, vengono effettuati anche lavori di risitemazione delle parti usurate con saldature stuccature, resine e collanti.

La storia del ponte mobile

Il ponte mobile, progettato dall’architetto genovese Giancarlo De Carlo (pioniere nell’architettura partecipativa e sostenibile, nonché, piccola curiosità, padre del celebre scrittore Andrea), rappresenta un’importante infrastruttura della città di Cervia, in grado di permettere la fruizione degli ampi spazi di banchina posti a nord di via Delle Paratoie fino al ponte Cavour, e contemporaneamente rappresenta uno dei principali elementi di collegamento viario tra la zona di Cervia-Borgomarina e Milano Marittima.

Il ponte mobile basculante di Cervia è un opera progettata alla fine degli anni ‘90 e costruita nel 2001. Nel 2017, al fine di garantire un impiego in sicurezza e continuativo in previsione di una maggiore frequenza delle aperture richieste dall’Amministrazione, sono stati eseguiti importanti interventi di manutenzione straordinaria sulle principali componenti elettriche, oleodinamiche e meccaniche del ponte.

Attualmente vengono eseguite dal soggetto gestore n° 4 aperture giornaliere nel periodo 15 giugno – 15 settembre, oltre ad ulteriori aperture giornaliere e straordinarie nei periodi di bassa stagione, per oltre 450 aperture/anno.

Negli ultimi 7 anni il funzionamento del ponte è stato garantito con continuità, ad esclusione di singole interruzioni/bloccaggi dovuti a problematiche su elementi puntuali, prontamente risolte in giornata.

Ordigni rudimentali e vandalismi ad Alfonsine, esposto del sindaco

Allarme per l’utilizzo improprio di petardi da parte di alcuni ragazzini nei parchi

Petardo

Ad Alfonsine è allarme petardi, o quasi, in seguito ad alcuni episodi verificatisi nella settimana di Halloween in alcuni parchi cittadini.

Come riporta il Corriere Romagna in edicola oggi (1 novembre), un gruppetto di cinque ragazzini nei giorni scorsi avrebbe utilizzato petardi come miccia per far esplodere bottiglie riempite con del pericoloso acido muriatico. Nelle settimane precedenti, inoltre, sono stati trovati in alcuni parchi anche rudimentali ordigni autoprodotti con bottiglie di plastica. Tanto che il sindaco Riccardo Graziani ha presentato un esposto, come rivela il Comune in una nota pubblicata su Facebook.

«Gli episodi di vandalismo stanno legittimamente preoccupando alcune famiglie – scrive il Comune di Alfonsine -. Come Amministrazione comunale abbiamo, già nelle settimane scorse, denunciato alle Autorità competenti quanto avvenuto e chiesto un particolare presidio da parte delle forze dell’ordine nel corso della serata di Halloween del 31 ottobre». Presidio che ha permesso di evitare particolari disagi nei luoghi della manifestazione. Sono comunque stati esplosi petardi nei parchi, nonostante il divieto, come riportano diverse testimonianze.

«In queste ore – conclude il Comune di Alfonsine – si è assistito a un proliferare di messaggi, spesso assai generici e di originaria fonte sconosciuta, circolati in vari ambiti (ad esempio chat scolastiche). Ma bisogna ricordare che, qualora davvero si sia a conoscenza di fatti rilevanti, sia importantissimo portarli a conoscenza innanzitutto delle Forze dell’ordine, dando ogni elemento e circostanza utile a perseguire eventuali condotte pericolose».

Macellaio morto impiccato, per il giudice fu omicidio

Ordinata l’imputazione per due uomini, tra cui un ex vigile urbano

X PAVANEL

Gli inquirenti pensavano a un suicidio quando all’alba del 25 luglio 2019 lo trovarono impiccato nella storica macelleria di Faenza, della quale era contitolare. E invece nelle carte del Tribunale di Ravenna, la morte del 64enne Domenico Montanari si è ora trasformata in un omicidio in concorso.

Il Gip Janos Barlotti – come riportato dai due quotidiani locali – ha infatti ordinato alla Procura di formulare entro 10 giorni una imputazione coatta per il 55enne ex vigile urbano Gian Carlo Valgimigli e per il 31enne di origine albanese Daniel Mullaliu, fratello dell’allora compagna del primo.

All’inizio il caso era stato inquadrato come il gesto estremo di un negoziante finito nella morsa dello strozzinaggio: tanto che l’ex vigile urbano – che gli aveva prestato soldi con interessi da capogiro – era stato condannato per morte come conseguenza di altro reato, l’usura appunto. L’ipotesi omicidio aveva preso corpo più di recente quando nel carcere di Ferrara un compagno di cella di Vagimigli – un pregiudicato anche per reati di stampo mafioso – aveva a suo dire ricevuto confidenze dal 55enne proprio sul possibile omicidio del macellaio faentino. Tanti particolari quelli poi riferiti in Procura: come il tipo di cordino usato (di nylon), il tipo di azione imbastita (il 55enne che dà appuntamento al 64enne nel suo negozio e poi tre complici che arrivano da dietro e lo immobilizzato rapidamente) e il movente (il macellaio, stufo di pagare, voleva denunciare).

Per la Procura tuttavia esistevano scenari alternativi: ovvero il pregiudicato poteva avere parlato solo per avere benefici con il Tribunale della Sorveglianza. O Valgimigli poteva avere millantato per accreditarsi con un delinquente di rango. Da qui la richiesta di archiviare. Ma per il Gip, le confidenze sono credibili tanto che hanno restituito particolari mai usciti sulla stampa. E poi la scena del crimine presentava dettagli inquietanti: la luce era spenta, il telefonino era in ricarica (azione non compatibile con uno che voglia togliersi la vita) e il macellaio toccava con i piedi per terra. (fonte Ansa.it)

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