domenica
17 Agosto 2025

La lista civica della Pigna si allarga con gli animatori di “Ravenna Insieme” 

Si affiancano a Bucci, Savini e Damassa. Intanto, il capolista Roccafiorita attacca le liste civetta Pd e la “cupola consociativa“

Lista La PignaLa lista La Pigna, candidato sindaco Maurizio Bucci, annuncia nuovi sostenitori, in gran parte provenienti dall’associazione “Ravenna Insieme”, a partire da Loris Savini e Daniele Damassa. Intanto, avanza un attacco senza esclusione di colpi  alle “liste civetta“ del Pd e pubblica un documento sugli intrecci di una presunta cupola consociativa ravennate.


A dichiarare l’ingresso nei ranghi della Pigna dell’associazione culturale  “Ravenna Insieme” è uno dei suoi esponenti di punta, Loris Savini: «Quando circa un anno fa abbiamo fondato l’associazione, non c’era l’intenzione di aggregarsi a un movimento politico. Ma il degrado di Ravenna raggiunto negli ultimi tempi è stato talmente grande che abbiamo deciso anche noi di scendere in campo, sostenendo la Pigna e sciogliendo “Ravenna Insieme“. I suoi rappresentanti hanno tanti progetti che hanno la nostra approvazione ed è l’amore per la nostra città che ci ha spinto a portare il nostro contributo».

Nell’occasione, il capolista della Pigna, Giuseppe Roccafiorita, ne approfitta per sferrare un duro attacco alle “liste civetta” del Pd. «La nostra è l’unica vera esperienza civica ravennate. Per noi sono un’offesa tutte le altre liste, nate solo per portare voti al Pd in settori in cui è in palese difficoltà. Dopo Perini e i giovani “non giovani”, ecco che arriva Poggiali con una scelta che non può che lasciare interdetti. Ma non era lui che solo qualche anno fa dichiarava che le cause della crisi di Ravenna venivano dalle colpe di un solo potere? E lui che fa? Crea una lista con tanto di commissario politico, Valenti, che altro non è che uno dei numerosi esponenti del Pd all’interno di queste liste civetta. È la nostra l’unica vera lista civica, fatta da cittadini che lavorano e che producono. Se il ravennate vuole uscire dalla “cupola” che ci circonda, l’unica soluzione è la Pigna».

Rincalza la dose antagonista il candidato a sindaco Bucci, senza mezze misure: «L’entrata in campo di Poggiali è la risposta del gruppo Ottolenghi per dare un appoggio al Pd. Nel momento in cui Galliano Di Marco viene osteggiato dagli Industriali, l’Amministrazione comunale scarica il presidente dell’Autorità Portuale, nonostante fino a quel momento lo avesse sostenuto e tenuto stretto a Ravenna. La scelta di Poggiali è quindi solo di tipo affaristico, di vantaggio personale, altro che di valore civico… E tutto ciò a spese di Ravenna e dei ravennati, con oltre 200 milioni di euro disponibili per i lavori nel porto ancora congelati».

Pigna Ravenna InsiemeNel frattempo la compagine elettorale della Pigna ha diffuso anche un lungo documento su quella che definisce la “cupola sopra Ravenna“, una presunta sorta di intrecci consociativi, in cui sono chiamati in causa personaggi e società del mondo politico, economico e istituzionale ravennate di oggi e del passato prossimo.
In ordine di apparizione: Sapir spa, Consorzio Mappamondo, Consorzio Selenia, Consorzio Agape, Consorzio Sevizi Sociali, Asp, Comway srl, Gamma srl, Gruppo Ciclat, Gianfranco Bessi e i figli Gianni, Marina e Matteo, Hera spa, Ariete Invest spa, Copura scrl, Gruppo Nettuno, Costa Verde srl, Massimiliano Alberghini, Alvaro Ancisi, Gianluca Pini, Daniele Perini, Giovanni Crocetti, Dino Guerra, Pubblica Assistenza, Olympus srl, Giovanni Poggiali, Paolo Valenti, Cassa di Risparmio di Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Giordano Angelini, Compagnia dell’Albero as, Virtus as, Miro Fiammenghi, Guido Ottolenghi, Confindustria Ravenna, Setramar, Michele De Pascale, Movimento per l’Autonomia della Romagna, Legacoop, Carburanti Candiano spa, Ravenna Calcio as, Vidmer Mercatali, Giannantonio Mingozzi, Renato Serra 61 (ex Macello) srl, Interporto srl, Pir spa, Ravenna Holding spa, Ravenna Farmacie srl e via andare…

Il comunicato stampa completo e argomentato nei documenti allegati.

La lista civica della Pigna si allarga con gli animatori di “Ravenna Insieme” 

Si affiancano a Bucci, Savini e Damassa. Intanto, il capolista Roccafiorita attacca le liste civetta Pd e la “cupola consociativa“

Lista La PignaLa lista La Pigna, candidato sindaco Maurizio Bucci, annuncia nuovi sostenitori, in gran parte provenienti dall’associazione “Ravenna Insieme”, a partire da Loris Savini e Daniele Damassa. Intanto, avanza un attacco senza esclusione di colpi  alle “liste civetta“ del Pd e pubblica un documento sugli intrecci di una presunta cupola consociativa ravennate.


A dichiarare l’ingresso nei ranghi della Pigna dell’associazione culturale  “Ravenna Insieme” è uno dei suoi esponenti di punta, Loris Savini: «Quando circa un anno fa abbiamo fondato l’associazione, non c’era l’intenzione di aggregarsi a un movimento politico. Ma il degrado di Ravenna raggiunto negli ultimi tempi è stato talmente grande che abbiamo deciso anche noi di scendere in campo, sostenendo la Pigna e sciogliendo “Ravenna Insieme“. I suoi rappresentanti hanno tanti progetti che hanno la nostra approvazione ed è l’amore per la nostra città che ci ha spinto a portare il nostro contributo».

Nell’occasione, il capolista della Pigna, Giuseppe Roccafiorita, ne approfitta per sferrare un duro attacco alle “liste civetta” del Pd. «La nostra è l’unica vera esperienza civica ravennate. Per noi sono un’offesa tutte le altre liste, nate solo per portare voti al Pd in settori in cui è in palese difficoltà. Dopo Perini e i giovani “non giovani”, ecco che arriva Poggiali con una scelta che non può che lasciare interdetti. Ma non era lui che solo qualche anno fa dichiarava che le cause della crisi di Ravenna venivano dalle colpe di un solo potere? E lui che fa? Crea una lista con tanto di commissario politico, Valenti, che altro non è che uno dei numerosi esponenti del Pd all’interno di queste liste civetta. È la nostra l’unica vera lista civica, fatta da cittadini che lavorano e che producono. Se il ravennate vuole uscire dalla “cupola” che ci circonda, l’unica soluzione è la Pigna».

Rincalza la dose antagonista il candidato a sindaco Bucci, senza mezze misure: «L’entrata in campo di Poggiali è la risposta del gruppo Ottolenghi per dare un appoggio al Pd. Nel momento in cui Galliano Di Marco viene osteggiato dagli Industriali, l’Amministrazione comunale scarica il presidente dell’Autorità Portuale, nonostante fino a quel momento lo avesse sostenuto e tenuto stretto a Ravenna. La scelta di Poggiali è quindi solo di tipo affaristico, di vantaggio personale, altro che di valore civico… E tutto ciò a spese di Ravenna e dei ravennati, con oltre 200 milioni di euro disponibili per i lavori nel porto ancora congelati».

Pigna Ravenna InsiemeNel frattempo la compagine elettorale della Pigna ha diffuso anche un lungo documento su quella che definisce la “cupola sopra Ravenna“, una presunta sorta di intrecci consociativi, in cui sono chiamati in causa personaggi e società del mondo politico, economico e istituzionale ravennate di oggi e del passato prossimo.
In ordine di apparizione: Sapir spa, Consorzio Mappamondo, Consorzio Selenia, Consorzio Agape, Consorzio Sevizi Sociali, Asp, Comway srl, Gamma srl, Gruppo Ciclat, Gianfranco Bessi e i figli Gianni, Marina e Matteo, Hera spa, Ariete Invest spa, Copura scrl, Gruppo Nettuno, Costa Verde srl, Massimiliano Alberghini, Alvaro Ancisi, Gianluca Pini, Daniele Perini, Giovanni Crocetti, Dino Guerra, Pubblica Assistenza, Olympus srl, Giovanni Poggiali, Paolo Valenti, Cassa di Risparmio di Ravenna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Giordano Angelini, Compagnia dell’Albero as, Virtus as, Miro Fiammenghi, Guido Ottolenghi, Confindustria Ravenna, Setramar, Michele De Pascale, Movimento per l’Autonomia della Romagna, Legacoop, Carburanti Candiano spa, Ravenna Calcio as, Vidmer Mercatali, Giannantonio Mingozzi, Renato Serra 61 (ex Macello) srl, Interporto srl, Pir spa, Ravenna Holding spa, Ravenna Farmacie srl e via andare…

Il comunicato stampa completo e argomentato nei documenti allegati.

Da Cinemaincentro a Berlino per premiare i film d’essai

Il racconto di Tiziano Gamberini, segnalato da Fice per rappresentare l’Italia fra i giurati internazionali del prestigioso festival tedesco 

Gamberini Berlino 2016Cinque film al giorno per sette giorni, pellicole d’autore, di giovani registi, provenienti da paesi ermergenti, tutte le trentatré che sono state selezionate per la sezione “Panorama“ al Berlino Film Festival, tra i più prestigiosi a livello mondiale. Ecco la testimonianza del faentino Tiziano Gamberini, al lavoro come giurato nella città tedesca.

Gamberini è infatti presidente del circuito Cinemaincentro, è uno dei tre membri della giuria internazionale e indipendente incaricata per attribuire l’Art Cinema Award della Berlinale 2016, insieme a un collega polacco e una collega tedesca. È stato scelto dall’organizzazione della manifestazione cinematografica tedesca dopo essere stato segnalato dalla Fice, la rete di 250 sale di cinema d’essai italiana cui aderisce Cinemaincentro con ben quattro sale: due a Faenza (Sarti e Italia), una a Imola e una in centro a Ravenna (Mariani).

Lo abbiamo contattato proprio mentre si trova nelle capitale tedesca, in una delle rare pause dalle proiezioni per farci raccontare qualcosa di queste giornate da giurato.
«È un’esperienza molto bella e devo dire molto stimolante – ci racconta – anche perché ho incontrato due compagni di giuria con i quali sono entrato subito in sintonia. Ogni giorno guardiamo circa cinque film e la mattina ci confrontiamo su impressioni e pareri». Trattandosi di film “di nicchia”, di produzioni non commercialmente forti, il premio per la pellicola vincitrice significa la possibilità di essere doppiata e di trovare una distribuzione in Europa che altrimenti difficilmente potrebbe avere. «Stiamo vedendo un panorama davvero vastissimo con produzioni che vanno dal Kazakhistan alla Corea, davvero una cinematografia mondiale e non sarà facile scegliere. Stiamo cercando di giungere a una short list cercando di pensare anche a film che possano trovare effettivamente un pubblico, per quanto selezionato, nelle sale europee».

Venerdì 19 è il giorno in cui la giuria è stata chiamata a redigere le motivazione, sabato 20 è prevista la premiazione e poi, nei mesi a venire, la proiezioni in migliaia di sale europee, anche naturalmente in quelle romagnole di Cinemaincentro.

L’addio di Spadoni: «Al Mar risorse dimezzate, così non si può lavorare»

Lo storico direttore a tutto campo, tra polemiche e rimpianti
alla vigilia della vernice della mostra da Picasso a Duchamp

Lo incontriamo nel suo vecchio ufficio, in un museo quasi deserto, nonostante manchino pochi giorni all’inaugurazione del 20 febbraio della grande mostra del 2016 (vedi tra i correlati). «Ad allestire siamo in tre-quattro in tutto, neanche in teoria tenuti a farlo, tra cui custode, curatore e registrar (colui che di fatto cura l’organizzazione dal punto di vista tecnico, ndr). A Forlì, per esempio, ci sono all’opera qualche decina di allestitori, ogni sezione ha addirittura un piccolo staff, non so se rendo l’idea…». Allarga le braccia Claudio Spadoni, direttore del Museo d’Arte della città di Ravenna (Mar) fino al 2012, quando andò formalmente in pensione continuando però a svolgere il suo ruolo prima come consulente esterno per il Comune e ora, da un paio d’anni, a spese della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna.

Spadoni, inutile negarlo, continua a essere il Mar e viceversa. Un museo che ha rilanciato fino a farlo diventare tra i migliori italiani secondo una ricerca della stessa rivista (l’autorevole Il Giornale dell’arte) che pochi anni prima il suo ingresso lo aveva invece “incoronato” peggior museo d’Italia dal punto di vista della gestione. Ora il suo percorso è destinato a concludersi in maniera simbolica con una mostra il cui sottotitolo (“La seduzione dell’antico”) rappresenta anche il filo rosso – quello del confronto tra attualità e passato – che ha unito tutte le mostre del Mar targate Spadoni, che ora pare stanco soprattutto di alcune polemiche (in particolare non gli sono piaciute le critiche del presidente di Confcommercio, Mauro Mambelli) relative al numero dei visitatori e ai confronti con Forlì, che negli ultimi anni ha puntato tutto sulle grandi mostre dei Musei di San Domenico, investendo budget considerevoli.

Spadoni, cerchiamo di fare chiarezza sui numeri, per prima cosa.
«Mi sembra semplicemente molto scorretto dare numeri di affluenze, di resa, senza parlare dei costi (come fatto dallo stesso Mambelli e da alcuni soggetti politici in queste ultime settimane, ndr): altrove, a Forlì come a Ferrara, spendono circa quattro volte rispetto a noi (in media circa 2 milioni di euro contro poco più di mezzo milione, ndr), per essere corretti bisognerebbe allora fare paragoni con quelle città sommando i dati dei visitatori delle nostre ultime quattro mostre…».

Ma a Ravenna è sempre stato così?
«Assolutamente no. All’inizio potevamo contare quasi sul doppio del budget e sul doppio delle risorse umane. La prima mostra su Roberto Longhi, nel 2003, poteva contare su quasi un milione di euro (e non per niente, forse, resta la più visitata, con circa 55mila visitatori registrati, ndr) e negli anni immediatamente seguenti siamo oscillati tra 700 e 800mila euro, potendo contare oltretutto su uno staff composto da una quindicina di persone».

Oggi invece in quanti lavorate alla mostra?
«Circa la metà delle persone rispetto a quei tempi, in cui come istituzione (nata su iniziativa del Comune nel 2002, proprio con l’arrivo di Spadoni, per rilanciare l’attività culturale del museo, ndr) potevamo scegliere liberamente collaboratori, anche solo per brevi periodi, che pagavamo autonomamente. Tra pensionamenti, trasferimenti e l’impossibilità per legge di aprire nuove collaborazioni, non siamo più in numero sufficiente e non esiste più, per fare un esempio, anche solo un collaboratore dell’ufficio relazioni esterne che si occupi esclusivamente, come accadeva anni fa, di fare telefonate per promuovere la mostra e organizzare le visite dei gruppi».

Che il Comune si sia affidato troppo alle sue capacità? Potrebbero aver pensato: “Tanto ci pensa Spadoni a fare una bella mostra anche senza risorse”…
«Certo, non mi ha mai creduto nessuno fuori Ravenna quando dicevo che il Comune non mette più un euro (dal 2011 in avanti, ndr) per le attività espositive, che vorrei sottolineare non si limitano alla sola grande mostra, offrendo il Mar un ventaglio di offerte durante l’anno, senza mai un mese chiuso, come pochi altri musei possono vantare, spesso a costo zero, ma che portano comunque visitatori».

Qualche rimpianto?
«Diciamo che 7-8 anni fa sono stato molto indeciso: ero stato scelto tra poco meno di cento candidati per la direzione della Gam di Torino, probabilmente il museo più importante in Italia per ottocento e novecento. Ne parlai con il sindaco Matteucci, che mi chiese naturalmente di restare qui, essendo all’inizio del nostro percorso. Feci una scelta di cuore, ma restai anche perché credevo molto nel progetto e nel rilancio del museo di Ravenna, avevo una squadra giovane, selezionata e motivata, che avevo costruito personalmente. Davo per scontato che se avessimo dimostrato che la nascita dell’istituzione aveva effettivamente dato una nuova identità al museo, come confermavano gli apprezzamenti incondizionati della critica, il Comune avrebbe continuato a sostenerci come nei primi anni. Quando una cosa funziona penso che sia logico insistere o semmai potenziarla. Non è stato proprio così, forse anche per la congiuntura economica negativa, e adesso la situazione è cambiata».

Ma ne ha parlato con il sindaco, dopo che l’aveva convinta a restare?
«Ho spiegato credo in varie occasioni, anche in maniera abbastanza precisa, quali erano le necessità del museo e che cosa sarebbe stato necessario per poter continuare a restare almeno al livello dei primi anni, a fronte anche di una concorrenza serrata».

Quale crede che sia stata la strategia dell’Amministrazione?
«È stata fatta una scelta di frammentazione di risorse in campo culturale, che ha aspetti positivi e negativi. Da un certo punto di vista è una ricchezza perché si possono soddisfare esigenze diverse da parte del pubblico e assecondare abitudini della città. Dall’altra parte è ovvio che in questo modo si indeboliscono alcuni settori, quelli già più deboli…».

C’è chi dice che in fondo Ravenna è già una città d’arte, ha già i mosaici e potrebbe non aver così bisogno di grandi mostre, a differenza di Forlì, per esempio.
«Sono certo che Ravenna abbia ancora grandi potenzialità derivanti dalla propria storia e dalla consapevolezza della propria storia: puntando sulla propria identità si possono ottenere risultati anche nel presente e nel futuro, senza andare a caccia di chimere o copiare modelli altrui. Come dimostra una città d’arte come Ferrara. A Forlì invece la situazione è diversa, con il Comune che non avendo le risorse ha delegato una fondazione bancaria (la Cassa di Forlì, ndr) a occuparsi autonomamente del recupero di spazi meravigliosi per un progetto che è risultato vincente e che vede tutta la città coinvolta. Credo si faccia fatica a trovare un forlivese che non vada alla mostra, mentre i ravennati che vengono al Mar sono davvero pochi e sempre gli stessi».

A proposito di fondazioni bancarie, qui recentemente hanno investito o stanno investendo pesantemente sul restauro di palazzo Rasponi, la cui destinazione non è però ancora del tutto chiara, o sul museo di Classe, la cui inaugurazione slitta da anni. Cosa ne pensa?
«Sono state fatte scelte di politica culturale, degli investimenti, legittimamente, e che non commento. Ricordo che si diceva che erano investimenti giusti, che sarebbero stati un volano per il turismo. Vedremo. Al momento però sottolineo come a qualcuno non sembrino interessare altre offerte culturali, i numeri che fanno altre istituzioni o fondazioni presenti in città, in diversi settori culturali, a fronte di investimenti consistenti. Ma perché mai si tira in ballo solo il Mar?».

Del Mar, intanto, ha già parlato anche il candidato sindaco del Pd, Michele De Pascale, assicurando sul nostro giornale maggiori risorse per le grandi mostre in futuro…
«Se l’ha detto non ho motivo per non crederci. Mi permetto di fare una piccola osservazione però: una mostra seria, dall’ideazione alla verifica della fattibilità e alla realizzazione vera e propria, richiede come minimo un paio d’anni di preparazione. A questo punto per un’ipotetica ed eventuale grande mostra del 2017 bisognerebbe aver già iniziato a lavorare».

E lei ci ha già pensato?
«Assolutamente no, il mio contratto scade con questa mostra e nessuno mi ha chiesto nulla, qui a Ravenna».

Sarà quindi la sua ultima mostra al Mar?
«Suppongo di sì. A queste condizioni non mi sembra una bella prospettiva progettare per un museo in cui sono sempre più ridotti i margini di manovra, con risorse inadeguate, per poi farmi accusare di non aver portato abbastanza turisti a Ravenna».

Ma crede che in ogni caso il Comune dovrebbe investire maggiori risorse sul Mar?
«E a discapito di chi? Non credo che qui possa essere pensabile…».

Quale dovrebbe essere il profilo del suo successore?
«Credo che la soluzione più auspicabile per un museo sia quella del bando pubblico, o di una chiamata per titoli, ma indipendentemente dal metodo, bisognerà tenere conto di una complicazione che ha il museo di Ravenna, quello di essere contemporaneamente di arte antica e moderna-contemporanea, dal trecento in avanti, una tipologia un po’ insolita e che presupporrebbe nel direttore delle competenze in tutto quest’arco di tempo, o perlomeno una forma mentis e una formazione adeguata. La scelta credo debba essere tarata sull’immagine che il Comune vuole dare al museo. Dando per scontato che si cerchi un direttore scientifico (al momento, come noto, il direttore ufficialmente è Maria Grazia Marini, dirigente comunale, che si occupa prettamente della parte amministrativa, ndr) e non si voglia affidare di mostra in mostra l’incarico a un curatore diverso, facendo perdere però così al nostro museo una sua identità».

Quali sono le mostre che ricorda con più orgoglio tra quelle organizzate dal 2003 a oggi al Mar?
«Il filone degli storici dell’arte (Longhi, Arcangeli, Corrado Ricci e Testori, ndr) ha dato appunto al museo un’identità forte, siamo stati i primi a organizzare un ciclo di mostre non sugli artisti ma su coloro che hanno orientato il gusto e spostato le ricerche. Anche quella sul Dopoguerra in Italia non era mai stata fatta altrove in maniera così mirata mentre quella di Giacometti era la più grande e completa mai realizzata fino a quel momento in tutta Europa, tanto che ora sarebbe irrealizzabile anche solo per i costi di assicurazione che oggi risulterebbero più che decuplicati».

E una mostra che non rifarebbe?
«Diciamo che paradossalmente non rifarei in quel modo sempre quella su Corrado Ricci, forse tra le più importanti come standard qualitativo, ma fin troppo specialistica, per la quale avevo dato per scontato alcune conoscenze che invece non lo erano. E rimasi raggelato quando alcuni mi fermarono proprio in via Corrado Ricci, a Ravenna, per chiedermi chi fosse questo Corrado Ricci a cui stavo dedicando la mostra…».

Cosa farà dopo questa esposizione?
«Ho ricevuto alcune proposte concrete fuori regione, ma su pressione di moglie e figli credo che mi riposerò un po’, anche perché quello di Artefiera a Bologna (di cui è direttore, ndr) è comunque un impegno pesante e stressante».

In questi mesi entra nel vivo anche la campagna elettorale, mai pensato di fare politica?
«Mi fu chiesto in gioventù ma avevo altri interessi . E poi, troppi compromessi. Per quanto riguarda questa campagna elettorale, al momento il panorama complessivamente non mi pare entusiasmante. Penso comunque che la città abbia bisogno di qualche scossa, e anche di un cambio di mentalità. Ravenna sconta i problemi che ha una città piccola, aggravati dal suo relativo isolamento geografico. Credo che continui a essere una città parecchio chiusa e che proprio per questo ha accentuato la forma peggiore di provincialismo, ossia la paura stessa di apparire provinciale; una città dove si coltivano piccoli miti locali ma al tempo stesso si considera provinciale ciò che non lo è e si dà voce, attribuendo loro autorevolezza, a figure che in una città appena più grande non sarebbero ascoltate neanche nel loro quartiere».

Ha già deciso per chi votare?
«Deciderò a ragion veduta a tempo debito, non sono mai stato il tipo che avendo scelto una fede ne è rimasto tenacemente fedele, ma non sono nemmeno una banderuola che può passare da destra a sinistra con disinvoltura. Credo sempre di più che anche in politica la differenza la facciano gli uomini. Sono cresciuto all’ombra del campanile, i miei genitori erano cattolicissimi (il fratello Gianfranco è da anni esponente di spicco dell’Udc locale, ndr), ma io ho deciso di allontanarmi da quell’ombra convincendomi sempre di più che non avrei mai potuto iscrivermi a un partito e giurare fedeltà a un credo politico: tendenzialmente mi sento in totale sintonia con il mio maestro Francesco Arcangeli che si diceva anarchico. Ma per rivendicare, in questo modo, la mia totale autonomia di giudizio».

«In Israele a studiare la sicurezza Poi un progetto alternativo per il porto»

Alberghini, candidato Lega-Lpr, con felpa alla Salvini: «Ridurremo
le partecipate». Pini è sicuro: «Faremo piangere De Pascale»

Dice di sentirsi un politico solo nell’accezione filosofica del termine che si rifà alla Grecia e parla di chi si occupa della cosa pubblica, per il resto si sente un vero candidato civico. La prima uscita pubblica di Massimiliano Alberghini, candidato sindaco a Ravenna per l’inedita alleanza tra Lista per Ravenna e Lega Nord, ha i toni pacati del 43enne commercialista e tesoriere dei Lions che traccia la linea di cosa vorrà fare la sua squadra una volta vinte le elezioni comunali di giugno evitando entusiasmi prematuri: «Non pensiate che da luglio la città possa essere diversa. Serviranno anni per cambiarla e per ridare ai suoi cittadini il senso di orgoglio di appartenza».

Di proposte concrete, per il momento, poche. «Perché non è questo il momento», ha detto Alvaro Ancisi, capogruppo di Lpr e decano dell’opposizione in consiglio comunale. Per ora ci sono le linee di indirizzo (documento integrale scaricabile dal link in fondo alla pagina), i principi generali che ispireranno la squadra di lavoro che apre le porte ad altri soggetti politici interessati al progetto messo in chiaro ancora da Ancisi e dal deputato ravennate della Lega Nord Gianluca Pini: «A fare da traino c’è un candidato civico che avrà una giunta in maggioranza civica e la politica fa da supporto. Questa è l’unica via per innovare».

Su un paio di temi però si è scesi un po’ più nel dettaglio. Sul porto: «Ci siamo affidati a un gruppo di esperti competenti per elaborare un progetto alternativo a quelli finora visti, con la ferma convinzione che i fondali vadano adeguati ma non vadano fatte casse di colmata a mare. Presenteremo il documento al commissario di Ap o al futuro presidente». E sulla sicurezza: «Andremo in Israele che credo possa insegnare a chiunque in tema di sicurezza – ha spiegato Pini – e andremo a studiare il loro modello per valutare se è applicabile nel nostro contesto».

Di sicuro c’è che che lo sguardo dei componenti dell’alleanza si spinge lontano: arriva fra dieci anni e vuole immaginare la città dopo dieci anni di governo Alberghini: «Il nostro progetto si chiama Ravenna 2026», dice Pini. Dal discorso pronunciato dal candidato, visibilmente emozionato per la prima uscita come ammesso da lui stesso ricorrendo a frequenti sorsi d’acqua, si può immaginare una Ravenna con meno burocrazia, con meno società partecipate del Comune, con servizio organizzati meglio per risparmiare risorse, con più meritocrazia e una lotta più serrata all’evasione fiscale ma una pressione fiscale locale ridotta. «Mi dispiace per De Pascale quando piangerà»: Pini non ha dubbi sulle lacrime del candidato sindaco Pd successive alla futura sconfitta elettorale.

Si sente male in campo poi perde i sensi: rugbista in rianimazione

Il giocatore ha lasciato l’allenamento all’ippodromo andando a sedere in panchina poi si è accasciato. L’assessore: «Grande dispiacere»

Ha lasciato l’allenamento di rugby andando a sedere in panchina perché non si sentiva bene e poi le sue condizioni sono andate peggiorando fino a quando ha perso i sensi: un 40enne di Alfonsine è ricoverato in rianimazione al Bufalini di Cesena da ieri sera quando è stato soccorso dal 118 al campo sportivo dell’ippodromo Darsena di Ravenna. L’uomo è in gravissime condizioni. Al momento non è stato ancora possibile stabilire le origini del malore. Non è chiaro se sia trattato delle conseguenze di uno scontro di gioco o di un malore indipendente dall’attività fisica. Il giocatore non avrebbe dato particolari informazioni ai compagni prima di svenire e gli stessi compagni non ricordano di averlo visto in difficoltà prima di uscire dal terreno di gioco.

«Con grandissimo dispiacere – dichiara l’assessore allo Sport Guido Guerrieri – ho appreso di quanto accaduto ieri sera a un giocatore di rugby, colpito da malore mentre si stava allenando con la squadra dei Passatelli all’interno dell’area dell’ippodromo. In merito all’evoluzione delle sue condizioni di salute, sulle quali la famiglia ha chiesto il massimo riserbo, sono in contatto con il presidente del Ravenna Rugby.  Esprimo alla famiglia e allo stesso atleta tutta la vicinanza possibile».

Zika, il responsabile dell’Oms smentisce «Non ho parlato di allarme a Ravenna»

Bertollini: «Interpretate le mie parole in modo distorto. Ho anzi citato Ravenna come esempio virtuoso per il contrasto alla Chikingunya»

«Per quanto riguarda il virus Zika non c’è alcun pericolo in Europa per ora, ma Ravenna è la città con il rischio più alto, dato l’elevato numero di zanzare tigre presenti nella zona». È questa la dichiarazione attribuita al dottor Roberto Bertollini, esperto dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) da parte del giornalista Jacopo Natali su uno dei quotidiani on line più letti in Italia, Repubblica.it (a questo link). Dichiarazione che – considerato la fonte autorevole – abbiamo ripreso in mattinata anche sul nostro sito (vedi articoli correlati) e che ha fatto scattare l’allarme anche in città. Ma lo stesso Bertollini, contattato dall’Ausl, ha nettamente smentito.

«Ho citato Ravenna – si legge in una sua mail inviata all’Ausl che Bertollini ha invitato a rendere pubblica come forma di smentita – nel mio speech (al parlamento europeo, ndr) per indicare che una risposta pronta ed efficace come quella che si è verificata a Ravenna in occasione dell’epidemia di Chikungunya del 2007 dimostra come un buon sistema sanitario può contenere un epidemia trasmessa da vettori di questo tipo utilizzando sperimentate modalità di controllo dei vettori e di conoscenza del territorio. Non ho fatto alcuna affermazione sul rischio a Ravenna o altrove ma solo sottolineato che tutta l’Italia, così come un’ampia parte della Grecia, Francia e Spagna che si affacciano sul Mediterraneo, ospita la zanzara tigre e quindi può in teoria essere coinvolta dall’epidemia nel futuro».

«Francamente – termina Bertollini – non riesco a capire come i giornalisti possano aver interpretato in questo modo totalmente distorto le mie parole. La citazione aveva lo scopo opposto. Dimostrare, in un contesto europeo, l’eccellenza del sistema sanitario della Emilia-Romagna e dell’Italia».

Agromafie, Ravenna terza in regione per penetrazione della malavita organizzata

Indagine Eurispes con Coldiretti sulla base di 29 indicatori specifici viene rappresentata la diffusione malavitosa

Un livello medio-basso di penetrazione dell’associazionismo criminale che le vale sì il 77esimo posto a livello nazionale ma anche il terzo gradino del podio emiliano-romagnolo: è lo scenario per la provincia di Ravenna che emerge dall’indice di organizzazione criminale (Ioc) elaborato dall’Eurispes nell’ambito del quarto rapporto agromafie con Coldiretti e l’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.

Sulla base di 29 indicatori specifici viene rappresentata la diffusione e l’intensità, in una data provincia, del fenomeno dell’associazione criminale, in considerazione delle caratteristiche intrinseche alla provincia stessa e di conseguenza sia di eventi criminali denunciati sia di fattori economici e sociali. «In Emilia Romagna – rileva Coldiretti – il grado di penetrazione malavitoso è più evidente nelle zone romagnole, anche se risulta contenuto rispetto al resto della penisola. Nella classifica ricavata da Eurispes con l’indice Ioc, la prima provincia in regione per presenza della criminalità è Rimini, con un Indice di Organizzazione Criminale del 21,7, che la colloca al primo posto in regione, ma al 61simo posto in Italia. Le province emiliano romagnole si collocano tutte al di sotto della media nazionale dello Ioc pari al 29,1, però emerge una penetrazione della malavita che mette a rischio la concorrenza e il libero mercato legale, soffocando l’imprenditoria onesta e compromettendo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy».

Le denunce del rapporto agromafie mettono in risalto come nel nostro Paese questo genere di notizie vengano alla luce poiché esiste un controllo severo, anche perché i consumatori possono contare sull’impegno dei diversi comparti specializzati delle forze dell’ordine, dei ministeri dell’Agricoltura, della Salute e della Giustizia. Grazie all’attività delle autorità preposte è stato possibile anche nella nostra regione confiscare beni immobili e aziende alla criminalità organizzata. Secondo i dati dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati, nella nostra regione sono stati sequestrati 230 beni immobili, di cui 78 destinati, 145 in gestione totale e 7 usciti dalla gestione. Le aziende sequestrate sono state 44, di cui 13 destinate, 19 in gestione e 12 già uscite dalla gestione.

Zika, allarme Oms: «La città europea con il rischio più alto è Ravenna»

L’esperto dell’agenzia Onu per la salute parla al Parlamento europeo La motivazione è l’elevata presenza di zanzare tigre nel territorio

[ATTENZIONE: le dichiarazioni in questo articolo, riprese da Repubblica.it, sono state smentite dal diretto interessato, tra gli articoli correlati qui a fianco]

Ravenna è la città europea con il rischio più alto di un focolaio del virus Zika dato l’elevato numero di zanzare tigre presenti. L’allarme, riportato anche da Repubblica.it, arriva dal dottor Roberto Bertolini, esperto dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità, l’agenzia dell’Onu che riunisce 193 Paesi), durante una relazione al Parlamento europeo.

Come ha spiegato da Bertolini, «la diffusione della malattia virale può avvenire in diversi modi, primo tra tutti la puntura della zanzara: dunque se una persona viene infettata in Brasile, ad esempio, e al suo arrivo in Europa viene punta da un’altra zanzara locale, l’animale diventerebbe portatore del virus, diffondendo l’epidemia anche nel nostro continente». La maggior parte dei Paesi colpiti sono stati Cile, Colombia, e Brasile.

I sintomi del virus Zika si presentano lievi sotto forma di febbre e congiuntivite e per questo «la persona infettata non si rende conto della gravità della situazione, ma una volta che una donna rimane incinta rischia di mettere alla luce un figlio con la sindrome di Guillain-Barrè o con la microcefalia, causando paralisi permanenti o insufficienze mentali irreversibili al bambino».

Secondo l’esperto dell’Oms «bisogna attuare politiche di prevenzione fin da subito, condividendo ogni informazione utile, puntando sulla ricerca in modo da trovare un vaccino nel minor tempo possibile, disinfestando gli aerei ad oggi viaggio di ritorno da zone a rischio e informando i viaggiatori che vogliono visitare questi Paesi di vestire con indumenti chiari (dai quali le zanzare non sono attratte), svuotare ogni contenitore d’acqua (dove gli insetti possono riprodursi molto velocemente e in grande quantità), e infine usare repellenti come spray e creme all’olio di citronella».

Bignardi a Rai3, l’attacco di Pini «Direttrice per meriti, vero Sofri?»

Il sarcasmo del deputato ravennate della Lega: twitta il video in cui
il marito della giornalista si rivolge a Renzi chiamandolo «capo»

Le nuove nomine dei direttori di rete in Rai hanno scatenato, come prevedibile, polemiche da diverse parti politiche e tra le critiche più accese a Daria Bignardi, la giornalista che dirigerà Rai3, c’è quella di un deputato ravennate, il leghista Gianluca Pini. La stoccata è partita da Twitter dove Pini è particolarmente attivo: «Senza dubbi la consorte di questo signore è diventata direttrice di Rai3 per meriti. O sbaglio, caro Luca Sofri?». Il destinatario del messaggio al veleno era infatti il direttore del Post, Luca Sofri, marito di Bignardi. Per comprendere meglio il senso della sua bordata Pini ha allegato un video pubblicato da Ilfattoquotidiano che riporta un momento dietro le quinti a La7 dove il premier Matteo Renzi era appena stato per un’intervista con la Bignardi e Sofri lo saluta chiamandolo «capo».

Bignardi a Rai3, l’attacco di Pini «Direttrice per meriti, vero Sofri?»

Il sarcasmo del deputato ravennate della Lega: twitta il video in cui il marito della giornalista si rivolge a Renzi chiamandolo «capo»

Le nuove nomine dei direttori di rete in Rai hanno scatenato, come prevedibile, polemiche da diverse parti politiche e tra le critiche più accese a Daria Bignardi, la giornalista che dirigerà Rai3, c’è quella di un deputato ravennate, il leghista Gianluca Pini. La stoccata è partita da Twitter dove Pini è particolarmente attivo: «Senza dubbi la consorte di questo signore è diventata direttrice di Rai3 per meriti. O sbaglio, caro Luca Sofri?». Il destinatario del messaggio al veleno era infatti il direttore del Post, Luca Sofri, marito di Bignardi. Per comprendere meglio il senso della sua bordata Pini ha allegato un video pubblicato da Ilfattoquotidiano che riporta un momento dietro le quinti a La7 dove il premier Matteo Renzi era appena stato per un’intervista con la Bignardi e Sofri lo saluta chiamandolo «capo».

Cento anni fa nasceva l’aeroporto dopo il bombardamento austro-ungarico

L’esercito trasferì a La Spreta i tre biplani dislocati in piazza d’Armi per difendere la città. Dal ’55 non è più militare. Il 19 febbraio conferenza

L’esercito italiano scelse piazza d’Armi ma non era quello il luogo più adatto per i tre biplani Farman 14 dislocati nel 1916 a Ravenna durante la prima guerra mondiale per costituire una sezione difesa aerea dopo un bombardamento della città da parte dell’impero Austro Ungarico. E così il campo volo venne trasferito a La Spreta, alle porte della città. Cento anni fa nacque così l’aeroporto di Ravenna che il 19 febbraio alle 21 ospiterà una conferenza per celebrare il centenario: “Da Cascina Spreti all’aeroporto Gastone Novelli: i primi anni di vita della Spreta”. L’appuntamento, organizzato con il patrocinio del Comune, vedrà gli interventi del vicesindaco Giannantonio Mingozzi e degli storici Rossano Novelli e Mauro Antonellini. Il 15 maggio (data da confermare) sarà organizzata una esposizione di aerei d’epoca e lo scoprimento di una lapide celebrativa.

È Mingozzi che ricorda sommariamente le vicende di quei tempi: «Il bombardamento aereo del 12 febbraio 1916, il primo che colpì Ravenna durante la grande guerra e distrusse la facciata della basilica di Sant’Apollinnare Nuovo, mise a nudo la vulnerabilità di Ravenna, priva di ogni sistema di difesa. Le pressanti richieste del sindaco Fortunato Buzzi e di Luigi Rava indussero il ministero della Guerra e quello della Marina ad avviare un programma di nuove installazioni. In giugno fu costituita la sezione aeroplani difesa che con aerei Farman iniziò ad operare dalla piazza d’Armi. Contemporaneamente si iniziò a costruire un campo d’aviazione in località Cascina Spreti. La sezione aeroplani fu operativa per tutto il conflitto».

Nel 1921 venne dedicato a Gastone Novelli, ufficiale e aviatore italiano, pluridecorato con 3 medaglie d’argento al valor militare (Asso dell’aviazione da caccia, accreditato di 8 abbattimenti durante la prima guerra mondiale, appartenente alla 91a squadriglia aeroplani da caccia di Francesco Baracca). Nel primo dopoguerra l’aeroporto (consistente essenzialmente in un grande spiazzo erboso pianeggiante e un hangar in lamiera) non svolge funzioni di rilievo.

Nel 1937 ne venne deciso l’ammodernamento, con la costruzione di un nuovo grande hangar e numerose palazzine di servizio e alloggi per il personale militare, al fine di ospitare una squadriglia caccia. Durante la seconda guerra mondiale non verrà interessato in modo rilevante dalle operazioni belliche, salvo alcune azioni di bombardamento da parte degli anglo-americani. I tedeschi in ritirata distrussero tutto quanto poteva essere utilizzato dal nemico.

Dopo i disastri della guerra, l’aeroporto viene comunque ripristinato come base militare, sia pure secondaria e, già alla fine degli anni ’40 viene ricostituito l’Aeroclub di Ravenna (intitolato a Francesco Baracca), che realizza una prima pista in erba di 650 metri. Una volta cessato l’utilizzo militare (attorno al 1955) l’Aeroclub si occupa della costruzione della nuova pista in asfalto di 1200 metri e delle altre strutture presenti sul campo (hangar e palazzina). Attualmente l’aeroporto ospita, oltre all’Aeroclub Francesco Baracca, anche la scuola di volo acrobatico “Ali sul mare” ed i paracadutisti dell’Associazione “Pull-Out”.

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