sabato
16 Agosto 2025

Insieme per Cambiare, lista civica di centro per il Pd e De Pascale

L’assessore dem Valenti con l’industriale Poggiali tra i promotori
«Puntiamo a un elettorato moderato e cattolico-liberale»

Una lista che guarda al centro e a quegli elettori che alle scorse politiche hanno scelto Monti o Ncd, alleati oggi al Pd a Roma, e a chi non vota più, con una forte connotazione locale e in grado di lavorare in rete con liste analoghe sul territorio romagnolo. Eccolo in estrema sintesi il cuore della lista civica “Insieme per cambiare” che sta nascendo per sostenere il candidato Michele De Pascale. Così infatti ce la anticipa uno dei promotori, l’assessore provinciale del Pd Paolo Valenti.

«Il primo punto per noi sarà proprio il tema territoriale, perché ci avviamo a una fase di cambiamento dove le dimensioni contano, da qui l’importanza di ragionare e agire in termini di area vasta Romagna per non restare schiacciati. Basta guardare come già oggi le città metropolitane godono di benefici e opportunità che sono negati ad altri territori». Valenti sa bene di cosa parla, essendo assessore al personale in Provincia proprio in questi anni di dismissione e riorganizzazione, secondo un modello per cui non ha mai nascosto perplessità. E prosegue: «Proprio su questi temi ci siamo incontrati e scambiati idee con Giovanni Poggiali (imprenditore portuale e non solo, già in Confindustria, di simpatie politiche in passato più vicine alla destra, vedi tra gli articoli correlati) e altre persone con cui ora si sta lavorando per una lista che oltre al tema Romagna avrà come fari educazione, cultura, sport e sicurezza».

Ad accomunare gli aderenti anche una vicinanza alla fede cattolica? «Di certo non sarà la lista dei cattolici, che saranno presenti in varie liste come sempre. E la provenienza dal mondo cattolico non è un requisito, ma è vero che in molti ci riconosciamo nella linea della dottrina sociale della chiesa e che per noi sono punti saldi i principi di solidarietà e sussidiarietà. Sì, diciamo che in una geografia del centro credo possiamo essere interessanti per un elettorato moderato e cattolico-liberale che potrebbe trovarsi senza riferimenti sul piano locale». E sul piano locale Valenti vuole restare anche alla domanda se, per esempio, sul ddl Cirinnà sulle Unioni civili proprio in questi giorni in discussione in Parlamento, gli aderenti di Insieme per cambiare sono contrari alla stepchild adoption come lo è il ministro Alfano, per intendersi. «Siamo una lista locale e non credo spetti a noi confrontarsi su questioni come queste, a differenza di quanto compete invece a un sindaco del Pd che è giusto intervenga su temi nazionali e anche internazionali».

E a proposito di Partito democratico, un dubbio pare legittimo. Paolo Valenti è non solo iscritto ma anche segretario comunale di Russi, nessuna incompatibilità? «No, nessuna, perché sto dando una mano e mettendo anche la mia esperienza al servizio di un nuovo progetto che nasce autonomo, ma in coalizione con il Pd ».

Quella che si prospetta per “Insieme per cambiare” (che par di capire si ponga l’obiettivo minimo di eleggere un consigliere) è quindi una campagna che sarà attenta a un’area di moderati tra città e forese, con l’implicita speranza forse che anche per molti elettori di Lista per Ravenna l’alleanza con la Lega Nord possa risultare indigesta. E alla luce del fatto, come accaduto a Imola e Faenza, che la forza alleata al Pd a sinistra sarà comunque più debole di quanto era stata in passato, visto che la lista a sinistra della coalizione raccoglierà solo una parte di quella che è Sel (peraltro in via di scioglimento). Dunque, uno spazio politico nuovo per “Insieme per cambiare” utile secondo i promotori a De Pascale in termini di voti, ma anche di temi e di dibattito.

Nel Pd (e non solo nel Pd) infatti secondo Valenti è di fatto scomparso il confronto fondamentale su quello che resta il cuore programmatico della nuova lista: i territori e la loro riorganizzazione. «Questa attenzione non c’è, abbiamo archiviato il Titolo V senza discuterne, la riforma che è in atto delle province non è quella che auspicavo e non sarà ottimale nei risultati, ma di tutto questo dentro il Pd che è partito nazionale e regionale si fatica a parlare. Ecco perché credo che qui ci sia lo spazio per un’esperienza civica che appunto possa avere riferimenti anche a Faenza, Cesenatico, Rimini, Imola e in altre città della Romagna».

Sanremo: il video della canzone vincitrice girato nel Ravennate, tra Bassa e mare

Gli Stadio conquistano il Festival con “Un giorno mi dirai”
Prima scena al teatro Rossini di Lugo poi fino a Marina Romea

Dal teatro Rossini di Lugo alla foce del Lamone a Marina Romea con le campagne nebbiose della Bassa che scorrono dai finestrini del Suv: c’è tanto paesaggio ravennate a fare da scenografia per il videoclip di Un giorno mi dirai, la canzone degli Stadio che il 13 febbraio ha vinto l’edizione 2016 del Festival di Sanremo. Le riprese sono state fatte a fine gennaio: dietro la macchina da presa Domenico Giovannini, regista di Castelbolognese dove ha sede anche la società di produzione Digialta.

Gli Stadio montano in auto e fanno diverse tappe Pieve Cesato, Rossetta, Savarna, Conventello, Sant’Alberto, solo per nominarne alcune. Particolarmente suggestive le immagini girate nei pressi dell’ex essiccatoio del tabacco a Savarna (nella pagina alcune foto del backstage scattate da Giovanni Scafoglio). La canzone racconta del rapporto tra padri e figli e tra le attrici che compaiono c’è anche Sara Foschini di Faenza, figlia di uno dei componenti della band. Gli altri volti che compaiono nel videoclip sono di Sara Fabbri, Gloria Melonari, Claudia Raggi e Cecilia Segatto.

Il dettaglio ravennate non è sfuggito allo scrittore ravennate Eraldo Baldini che su Facebook oggi scrive: «Non ho seguito il Festival se non con incursioni da zapping, così oggi, per curiosità, mi sono guardato il videoclip del brano degli Stadio che ha vinto. Girato in campagne piatte e sconfinate che ricordano il Midwest americano; su spiagge che confinano con il bosco; su un molo che finisce dentro la nebbia; su strade da on the road. Insomma, girato nel Ravennate, e non c’è sequenza nella quale non abbia con facilità riconosciuto il luogo. Cool». Anche il sindaco di Lugo, Davide Ranalli, celebra la circostanza sul social network: «Una bella soddisfazione per la nostra città e il nostro teatro». Poco prima infatti la fan page Fb del Rossini aveva pubblicato il video: «Chissà, forse anche il nostro teatro ha portato loro fortuna».

Sanremo: il video della canzone vincitrice girato nel Ravennate, tra Bassa e mare

Gli Stadio conquistano il Festival con “Un giorno mi dirai” Prima scena al teatro Rossini di Lugo poi fino a Marina Romea

Dal teatro Rossini di Lugo alla foce del Lamone a Marina Romea con le campagne nebbiose della Bassa che scorrono dai finestrini del Suv: c’è tanto paesaggio ravennate a fare da scenografia per il videoclip di Un giorno mi dirai, la canzone degli Stadio che il 13 febbraio ha vinto l’edizione 2016 del Festival di Sanremo. Le riprese sono state fatte a fine gennaio: dietro la macchina da presa Domenico Giovannini, regista di Castelbolognese dove ha sede anche la società di produzione Digialta.

Gli Stadio montano in auto e fanno diverse tappe Pieve Cesato, Rossetta, Savarna, Conventello, Sant’Alberto, solo per nominarne alcune. Particolarmente suggestive le immagini girate nei pressi dell’ex essiccatoio del tabacco a Savarna (nella pagina alcune foto del backstage scattate da Giovanni Scafoglio). La canzone racconta del rapporto tra padri e figli e tra le attrici che compaiono c’è anche Sara Foschini di Faenza, figlia di uno dei componenti della band. Gli altri volti che compaiono nel videoclip sono di Sara Fabbri, Gloria Melonari, Claudia Raggi e Cecilia Segatto.

Il dettaglio ravennate non è sfuggito allo scrittore ravennate Eraldo Baldini che su Facebook oggi scrive: «Non ho seguito il Festival se non con incursioni da zapping, così oggi, per curiosità, mi sono guardato il videoclip del brano degli Stadio che ha vinto. Girato in campagne piatte e sconfinate che ricordano il Midwest americano; su spiagge che confinano con il bosco; su un molo che finisce dentro la nebbia; su strade da on the road. Insomma, girato nel Ravennate, e non c’è sequenza nella quale non abbia con facilità riconosciuto il luogo. Cool». Anche il sindaco di Lugo, Davide Ranalli, celebra la circostanza sul social network: «Una bella soddisfazione per la nostra città e il nostro teatro». Poco prima infatti la fan page Fb del Rossini aveva pubblicato il video: «Chissà, forse anche il nostro teatro ha portato loro fortuna».

Da Sanremo all’Alighieri Virginia Raffaele a Ravenna

La comica in scena il 15 febbraio con i personaggi che hanno conquistato il pubblico del Festival, da Belen a Sabrina Ferilli. A marzo sarà a Faenza

Da Belèn Rodriguez a Sabrina Ferilli, da Ornella Vanoni al ministro Elena Boschi: saranno tutte sul palco del teatro Alighieri a Ravenna lunedì 15 febbraio messe in scena da Virginia Raffaele, la comica romana che con le sue imitazioni e la sua ironia ha conquistato il pubblico dell’Ariston al festival di Sanremo concluso appena ieri.

Nello spettacolo Performance (a Ravenna alle 21, a Faenza alle 21 del 10 marzo) per la prima volta Virginia Raffaele porta nei teatri le sue maschere più popolari. Donne molto diverse tra loro, che tra arte, spettacolo, potere e politica sintetizzano alcune delle ossessioni ricorrenti della società contemporanea: la vanità, la scaltrezza, la voglia di affermazione e, forse, la scarsa coscienza di se. Il tutto raccontato attraverso la lente deformante e irriverente dell’ironia e della satira, tipici elementi che compongono lo stile di Raffaele. I personaggi monologano e dialogano tra loro, anche grazie alle proiezioni video, in un gioco di specchi e di rimandi. Qua e là, tra le maschere, in scena appare anche Virginia stessa, che interagisce con le sue creature, come una sorta di narratore involontario che poeticamente svela il suo “essere – o non essere”.

Da Sanremo all’Alighieri Virginia Raffaele a Ravenna

La comica in scena il 15 febbraio con i personaggi che hanno conquistato il pubblico del Festival, da Belen a Sabrina Ferilli. A marzo sarà a Faenza

Da Belèn Rodriguez a Sabrina Ferilli, da Ornella Vanoni al ministro Elena Boschi: saranno tutte sul palco del teatro Alighieri a Ravenna lunedì 15 febbraio messe in scena da Virginia Raffaele, la comica romana che con le sue imitazioni e la sua ironia ha conquistato il pubblico dell’Ariston al festival di Sanremo concluso appena ieri.

Nello spettacolo Performance (a Ravenna alle 21, a Faenza alle 21 del 10 marzo) per la prima volta Virginia Raffaele porta nei teatri le sue maschere più popolari. Donne molto diverse tra loro, che tra arte, spettacolo, potere e politica sintetizzano alcune delle ossessioni ricorrenti della società contemporanea: la vanità, la scaltrezza, la voglia di affermazione e, forse, la scarsa coscienza di se. Il tutto raccontato attraverso la lente deformante e irriverente dell’ironia e della satira, tipici elementi che compongono lo stile di Raffaele. I personaggi monologano e dialogano tra loro, anche grazie alle proiezioni video, in un gioco di specchi e di rimandi. Qua e là, tra le maschere, in scena appare anche Virginia stessa, che interagisce con le sue creature, come una sorta di narratore involontario che poeticamente svela il suo “essere – o non essere”.

Libri, torna Bambine di Baldini Asciutto e senza sbavature

Dopo vent’anni il romanzo di nuovo in libreria

Bisogna ringraziare l’editore Fernandel per aver riportato in libreria un romanzo vecchio di oltre vent’anni che il tempo sembra, se possibile, aver addirittura migliorato. Si tratta di Bambine di Eraldo Baldini, un romanzo breve ma che dentro riesce a contenere più storie, più romanzi. C’è la voce narrante del protagonista, un uomo di 35 anni che sta affrontando un difficile momento di passaggio personale, dopo un divorzio, dopo la morte del suo migliore amico, prigioniero di una solitudine che cerca di combattere dedicandosi alla figlia dell’amico scomparso, Chiara, e di annegare in troppa birra nelle notti di Marina di Ravenna. Giornalista, si trova suo malgrado a lavorare su un caso di cronaca terribile che sconvolge la quiete della provincia ravennate: un serial killer che sceglie come obiettivo, appunto, bambine tra gli otto e gli unidici anni.

E qui davvero non si può dire di più della trama se non che è sviluppata magistralmente, senza sbavature di compiacimento nella contemplazione né del male né dell’orrore (male spesso comune ai romanzi di questo genere) e che funziona e convince. Una delle prime storie di serial killer pubblicate in Italia, probabilmente, che proprio per l’asciuttezza e l’essenzialità del racconto non subisce effetti di usura del tempo.

Infine, c’è l’ambientazione tra il centro di Ravenna e Marina, tra la spiaggia e le pinete, un occhio di profondo conoscitore qual è quello di Baldini, e di un conoscitore legato visceralmente a questa terra, che ne mette in rilievo la ricchezza, la varietà, i tesori mento noti, che ci permette di osservare la città sotto più angolazioni e riscoprirla meravigliosa. E che, a vent’anni di distanza, rappresenta anche una fotografia piuttosto impietosa (se paragonata all’oggi) di quello che era Marina con il baretto, l’Hemingway là dove oggi sorge la desolata e desolante Marinara.

I contadini lasciano le banchine «Il mercato in darsena è un fallimento» 

Pochi clienti, gli ambulanti a marzo se ne andranno e criticano
il Comune che vuole trasferirli agli Speyer: «Nessuna promozione»

Le verdure e la frutta di stagione a chilometro zero stanno lì, nelle cassette di plastica sui banchi, ma nessuno passa a fare spesa. L’incasso di Christian a fine giornata è di 35 euro fatti con nove clienti. Va peggio a Maria Luisa: «10 euro, ma ci sono stati anche giorni in cui sono tornata a casa con 3 euro in tasca». L’antivigilia di Natale del 2014 alla testa del Candiano in darsena di città con Christian e Maria Luisa c’erano altri venti venditori per l’inaugurazione del mercato contadino, l’8 febbraio scorso erano sei in tutto: «Nei giorni migliori arriviamo a essere una decina – dicono in coro i superstiti –. Allo stato attuale l’esperienza risulta fallimentare, continuare così non ha più senso».

L’appuntamento settimanale, ogni martedì pomeriggio, doveva essere la mossa del Comune per dare vitalità al quartiere sull’acqua e invece si sta rivelando una mazzata per le aziende agricole selezionate con un bando pubblico: «Per presentarsi qui con la merce in vendita è stato necessario rivedere l’organizzazione delle nostre attività anche con degli investimenti. E se poi non si vende non c’è ritorno. Dal prossimo 18 marzo – si legge in una lettera inviata all’assessore Massimo Cameliani (Attività produttive) – intendiamo interrompere l’esperienza sul canale e vorremmo spostarci nell’area di sosta a ridosso dell’incrocio tra via Rotta, via Cavalcoli e via Severini». Dagli incontri svolti finora l’amministrazione non sembra intenzionata ad accogliere la proposta e offre invece la zona dei giardini Speyer: i produttori si dicono disponibili a provare l’ipotesi solo a patto che sia già autorizzata l’altra area dove andare appena ci si dovesse accorgere di scarsi risultati del piano in viale Farini.

Il progetto è nato sulla scia del grande successo dell’analoga esperienza consolidata in piazza della Resistenza dal 2010: lunedì e giovedì trenta venditori ambulanti (solo alcuni di quelli che vanno anche in darsena) fanno buoni affari. «Tutto è nato con le miglior intenzioni per volontà del Comune che contava molto su questo mercato come attrazione per riqualificare le banchine. La cosa è da apprezzare e abbiamo aderito». Si è capito ben presto che gli spazi dietro la stazione sono altra cosa dall’area in città: «Non siamo in una zona residenziale in cui magari la gente esce di casa per comprare i nostri prodotti ma nemmeno in una zona di passaggio di lavoratori che potrebbero fermarsi a fare acquisti. I nostri clienti sono persone che vengono apposta qui e l’accessibilità è difficile». Niente clienti vuol dire niente business. «Va riconosciuto che abbiamo una tassa di stazionamento molto agevolata, 150-160 euro all’anno. Ma se ci sono settimane in cui l’incasso arriva a tre euro, bisogna stare attenti a fare i conti…». Nonostante questo ben presto i primi hanno gettato la spugna valutando più proficuo non presentarsi: come vogliono le leggi del mercato, se l’offerta cala altrettanto fa la domanda innescando un circolo vizioso che ormai strozza «gli ultimi romantici», come si definiscono con un sorriso quelli che incontriamo con il sottofondo incessante del traffico continuo.

Per contrastare gli ostacoli che impedivano il decollo del mercato ci sarebbe voluto un volano, quello che secondo i venditori avrebbe dovuto fare il Comune: «È mancata qualunque promozione. Basterebbe almeno una cartellonistica con due stendardi per informare le auto in transito su via Darsena invece nemmeno quella. Chi ci vede qua?». Per non buttarsi giù c’è chi prova a prenderla sul ridere: «In piazza del Popolo è caduto un lampione e c’è chi dice sia stata anche colpa di uno stendardo, almeno qua non abbiamo corso rischi inutili». Qualche iniziativa promozionale c’è stata – come il mercato serale durante le feste più frequentate in darsena durante l’estate – ma non è stato sufficiente: «La gente a spasso di sera non si compra cinque chili di verdura andando in giro con le borse ma noi eravamo qua per farci conoscere. Non può essere tutto lì».

I contadini lasciano le banchine «Il mercato in darsena è un fallimento» 

Pochi clienti, gli ambulanti a marzo se ne andranno e criticano il Comune che vuole trasferirli agli Speyer: «Nessuna promozione»

Le verdure e la frutta di stagione a chilometro zero stanno lì, nelle cassette di plastica sui banchi, ma nessuno passa a fare spesa. L’incasso di Christian a fine giornata è di 35 euro fatti con nove clienti. Va peggio a Maria Luisa: «10 euro, ma ci sono stati anche giorni in cui sono tornata a casa con 3 euro in tasca». L’antivigilia di Natale del 2014 alla testa del Candiano in darsena di città con Christian e Maria Luisa c’erano altri venti venditori per l’inaugurazione del mercato contadino, l’8 febbraio scorso erano sei in tutto: «Nei giorni migliori arriviamo a essere una decina – dicono in coro i superstiti –. Allo stato attuale l’esperienza risulta fallimentare, continuare così non ha più senso».

L’appuntamento settimanale, ogni martedì pomeriggio, doveva essere la mossa del Comune per dare vitalità al quartiere sull’acqua e invece si sta rivelando una mazzata per le aziende agricole selezionate con un bando pubblico: «Per presentarsi qui con la merce in vendita è stato necessario rivedere l’organizzazione delle nostre attività anche con degli investimenti. E se poi non si vende non c’è ritorno. Dal prossimo 18 marzo – si legge in una lettera inviata all’assessore Massimo Cameliani (Attività produttive) – intendiamo interrompere l’esperienza sul canale e vorremmo spostarci nell’area di sosta a ridosso dell’incrocio tra via Rotta, via Cavalcoli e via Severini». Dagli incontri svolti finora l’amministrazione non sembra intenzionata ad accogliere la proposta e offre invece la zona dei giardini Speyer: i produttori si dicono disponibili a provare l’ipotesi solo a patto che sia già autorizzata l’altra area dove andare appena ci si dovesse accorgere di scarsi risultati del piano in viale Farini.

Il progetto è nato sulla scia del grande successo dell’analoga esperienza consolidata in piazza della Resistenza dal 2010: lunedì e giovedì trenta venditori ambulanti (solo alcuni di quelli che vanno anche in darsena) fanno buoni affari. «Tutto è nato con le miglior intenzioni per volontà del Comune che contava molto su questo mercato come attrazione per riqualificare le banchine. La cosa è da apprezzare e abbiamo aderito». Si è capito ben presto che gli spazi dietro la stazione sono altra cosa dall’area in città: «Non siamo in una zona residenziale in cui magari la gente esce di casa per comprare i nostri prodotti ma nemmeno in una zona di passaggio di lavoratori che potrebbero fermarsi a fare acquisti. I nostri clienti sono persone che vengono apposta qui e l’accessibilità è difficile». Niente clienti vuol dire niente business. «Va riconosciuto che abbiamo una tassa di stazionamento molto agevolata, 150-160 euro all’anno. Ma se ci sono settimane in cui l’incasso arriva a tre euro, bisogna stare attenti a fare i conti…». Nonostante questo ben presto i primi hanno gettato la spugna valutando più proficuo non presentarsi: come vogliono le leggi del mercato, se l’offerta cala altrettanto fa la domanda innescando un circolo vizioso che ormai strozza «gli ultimi romantici», come si definiscono con un sorriso quelli che incontriamo con il sottofondo incessante del traffico continuo.

Per contrastare gli ostacoli che impedivano il decollo del mercato ci sarebbe voluto un volano, quello che secondo i venditori avrebbe dovuto fare il Comune: «È mancata qualunque promozione. Basterebbe almeno una cartellonistica con due stendardi per informare le auto in transito su via Darsena invece nemmeno quella. Chi ci vede qua?». Per non buttarsi giù c’è chi prova a prenderla sul ridere: «In piazza del Popolo è caduto un lampione e c’è chi dice sia stata anche colpa di uno stendardo, almeno qua non abbiamo corso rischi inutili». Qualche iniziativa promozionale c’è stata – come il mercato serale durante le feste più frequentate in darsena durante l’estate – ma non è stato sufficiente: «La gente a spasso di sera non si compra cinque chili di verdura andando in giro con le borse ma noi eravamo qua per farci conoscere. Non può essere tutto lì».

Cinemacity: «Porte aperte a esperti di ludopatie per consigli sui giochi accessibili ai bambini»

La direzione della multisala disponibile al dialogo dopo le critiche per le macchinette nella sala giochi e precisa: «Non sono slot machine e il meccanismo ticket redemption premia l’abilità»

Le porte della multisala Cinemacity sono sempre aperte a esperti e professionisti che si occupano di ludopatia o di rapporti dei giovani con il gioco e vogliano visitare la sala giochi per verificare la presenza di macchinette potenzialmente pericolose tra quelle accessibili ai minorenni e quindi eventualmente suggerire accorgimenti che rendano gli spazi più sicuri possibili per la tranquillità delle famiglie. Arriva dalla direzione della nota struttura di Ravenna un’apertura al dialogo «per un confronto produttivo con chi ha segnalazioni da fare o iniziative positive da proporre» dopo le critiche ricevute nei giorni scorsi da vari fronti.

Gli attacchi – tra cui anche lo «sdegno» espresso da Ravviva Ravenna, associazione che quasi certamente darà vita a una lista civica in appoggio al Pd alle prossime elezioni comunali – sono nati dopo la prima segnalazione dell’associazione culturale Gruppo dello Zuccherificio (Gdz) – da tempo in campo con iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica per constrastare la diffusione del gioco – sulla presenza al City di giochi che ricorrono al meccanismo noto come ticket redemption: una formula assolutamente legale che per legge non è equiparata al gioco d’azzardo e quindi accessibile liberamente anche da minorenni ma a giudizio del Gdz fin troppo simile alle logiche dell’azzardo al punto da considerarlo come un rischioso avviamento verso la dipendenza dal gioco che mette in pericolo i più piccoli.

«Va precisato che nei nostri spazi non esistono slot machine per bambini – fa sapere la direzione del complesso che riunisce cinema, bowling, sala giochi, ristoranti, bar –. Non ci sono mai state e non sono in arrivo». Le macchinette a cui fanno riferimenti le critiche delle associazioni sono di altro tipo: «Ci sono giochi che utilizzano la metodologia del ticket redemption e cioè generano ticket in base al punteggio conquistato e ai ticket è associato un premio ma si tratta di giochi che non presentano le caratteristiche dell’azzardo perché in tutti i casi il punteggio corrisponde a un minimo di abilità come ad esempio tirare a canestro o avere i riflessi per colpire una talpa che spunta o calcolare il tempismo per centrare un foro con una moneta». E su un’altra cosa dal Cinemacity non hanno dubbi: «Questi giochi non devono assolutamente essere associati alla ludopatia o attività che possono essere dannose per i più piccoli perché hanno il solo scopo del premio come fidelizzazione e ricompensa. Così come il brand di merendine regala una tazza con la raccolta punti».

L’allevamento di api con arnie rubate valeva 20mila euro: un denunciato

Furti tra 2010 e 2015 ma anche 2006, in tutto 65 casette riverniciate per nasconderle: restituite ai proprietari grazie ai numeri di matricola

L’allevamento di api sulle colline di Brisighella contava 65 arnie ma le casette in legno con un valore complessivo di circa 20mila euro sono risultate rubate, la maggior parte tra il 2010 e il 2015 ma una addirittura dieci anni fa, e poi riverniciate di verde modificando il colore originale: i carabinieri hanno denunciato per ricettazione un 64enne che dovrà rispondere anche di sanzioni amministrative per l’allevamento abusivo. L’attrezzatura recuperata è stata restituita ai legittimi proprietari grazie ai numeri di matricola mentre le colonie di api, in alcuni casi stressate da trattamenti incauti, sono state affidate alle competenze dell’associazione romagnola apicoltori di Bagnacavallo.

Le indagini dei militari di Brisighella sono cominciate quando la frequenza dei furti nel settore ha assunto una frequenza che stava generando malumori e danni economici tra gli apicoltori. Le informazioni raccolte hanno permesso di individuare un allevamento in un podere nella località Bicocca con 26 arnie: quando la collaborazione della forestale ha messo in luce che non c’erano denunce di quella attività sono scattati i controlli interpellando il 64enne proprietario dell’appezzamento di terreno scoprendo altre arnie nell’oliveto adiacente l’abitazione dell’uomo e altre ancora in una zona boschiva sempre a ridosso dell’abitazione. Ritrovati anche 45 cosiddetti melari, i telai in legno per la raccolta del miele. Sul posto alcuni barattoli di vernice di colore verde con cui erano state ridipinte le casette.

«Lo sport sta perdendo valori perché è il riflesso della società»

Il ravennate Bottaro ha lavorato ai massimi livelli nazionale di calcio, volley e basket: «Alcune federazioni fanno corsi scolastici agli atleti»

Ha lavorato nella sua città ma anche ai massimi livelli nazionali nei tre principali sport di squadra: calcio, pallavolo e pallacanestro. Il ravennate Giorgio Bottaro, oggi responsabile organizzativo della Figc per le nazionali giovanili maschili e per le femminili di calcio, può fare un confronto sul sistema di valori che esiste in ogni disciplina di fronte agli ultimi episodi che hanno interessato il calcio, sia locale che nazionale in termini di ordine pubblico o presunti reati contabili (vedi articoli correlati). «Non credo si possa dire che c’è uno sport che ha più o meno attenzione a certi valori etici rispetto ad altri. È solo questione di numeri: chi raccoglie più praticanti poi ha più casi sia in positivo che in negativo».

L’importante è che tutti abbiano ben chiaro il ruolo del proprio settore giovanile: «Va considerato come un’attività formativa con cui i giovani devono diventare forse giocatori di livello ma di sicuro cittadini». Ecco perché «ci sono federazioni che investono soldi per avere professori durante gli stage più lunghi in modo che gli atleti continuino a fare lezione, ci occupiamo anche di formazione fuori dal rettangolo di gioco». Non solo per questioni di facciata ma anche per questioni sportive: «Se un atleta ha affinato anche qualità culturali – dice Bottaro – è un atleta migliore. La cultura e la conoscenza danno padronanza che si riflette sulle capacità della persona in ogni campo. Mi viene in mente l’esempio della pallacanestro a Ravenna dove la società da tempo collabora con il Teatro delle Albe con un percorso che cerca di trovare anche una crescita diversa del giovane».

Eppure aumentano i contesti in cui più o meno volontariamente ci si dota di decaloghi e regole disciplinari interne. Se c’è bisogno di questo forse qualcosa non sta andando come dovrebbe? «No, il contrario. È cambiato il mondo, non è più quello di una volta. Non è solo il mondo dello sport che ha perso dei valori, è la società civile tutta che li sta perdendo e lo sport è un riflesso della società ma al suo interno ha più anticorpi per reagire».

Ravenna in Comune apre la sua sede con un grande gufo fatto di post-it

Sutter, candidata sindaco: «È il mio avatar da sempre»
Apertura tutti i giorni grazie ai volontari «per ascoltare chiunque»

Tanta gente e aria di festa in via di Roma nel breve tratto tra via Paolo Costa e via Diaz per l’inaugurazione del comitato elettorale di Ravenna in Comune, la lista civica decisamente orientata a sinistra che alle elezioni di giugno a Ravenna candida a sindaco Raffaella Sutter.

I locali sono quelli di un ex negozio: in pieno centro, vetrine sulla strada, in alto campeggia l’asterisco simbolo della lista e negli spazi interni anche un grande gufo fatto di post-it. Il brindisi inauguruale è stato l’occasione per Sutter per spiegare il senso di quel gufo che campeggia anche nei materiali della campagna elettorale: «Chi mi conosce lo sa, è il mio avatar da sempre. Colleziono gufi da sempre e ne ho migliaia a casa».

E così, sotto lo sguardo ironico del rapace cartaceo sul muro, qui apre da sabato 13 febbraio e fino alle elezioni uno spazio che sarà la casa della lista: «Non essendo un partito – ha detto Sutter nel breve discorso prima del brindisi – siamo sempre stati ospiti, questa sarà la nostra sede e sarà aperta tutti i giorni, qui potremo riunirci, ma soprattutto i cittadini potranno venire per fare domande, proporre idee, incontrarci, parlare con me o i portavoce della lista Massimo Manzoli e Dora Casalino. Oltre ai gruppi di lavoro che già sono all’opera da tempo sui vari temi, continuano infatti a chiamarci singole persone con proposte e idee da sottoporci che noi siamo felici di ascoltare. Questo vorremmo quindi che fosse un punto di riferimento anche per loro». Apertura a orario continuato che impegnerà molti volontari – come volontari sono stati tutti coloro che hanno allestito lo spazio –  dalle 9 alle 20 di ogni giorno dal lunedì al venerdì, dalle 9.30 alle 19 il sabato e dalle 10 alle 18 la domenica.

L’appuntamento odierno è stato anche l’occasione per confermare il flash mob previsto ai giardini Speyer domenica 14 febbraio (vedi tra gli articoli correlati), nonostante il sindaco abbia intanto annunciato di voler rimettere le panchine e arredi più consoni. «Non si tratta naturalmente di una panchina da mettere o togliere – dice Sutter – ma di un simbolo su un tema che non è solo quello del degrado, su cui si è fatto troppo poco, ma per parlare anche di accoglienza e socialità tra gli stessi ravennati».

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