Zingaretti: «Mai partecipato a una riunione di corrente, serve un congresso libero»

Il presidente della Regione Lazio ospite alla festa dell’Unità a Porto Fuori. Sul possibile sfidante Bonaccini verso la segreteria: «Un ottimo collega». I timori del sindaco De Pascale sul futuro del partito

Cambiare, aprire il partito, farsi trovare pronti quando il velleitarismo di questo Governo deluderà gli elettori. Nicola Zingaretti – presidente della Regione Lazio, unico vincitore del Pd nella disastrosa tornata elettorale del 4 marzo per i dem con una coalizione ampia che includeva anche Leu e liste civiche che sono arrivate a prendere oltre il 4 percento – era ieri sera 13 luglio in Romagna con tappa alla festa dell’Unità di Porto Fuori per iniziare de facto una sorta di campagna per il congresso che ancora non c’è. È lui infatti al momento l’unico che si è detto pronto a correre per la segreteria. A chi lo vede come un ritorno al passato, risponde invece che serve guardare avanti e le parole centrali dovranno essere innovazione e diritti.

Ma che Zingaretti rappresenti comunque un’anima più a sinistra, per quanto per la verità non abbia per esempio espresso giudizi critici su una misura come il jobs act spostando il discorso più in generale sulla necessità di nuove politiche industriali per il paese, lo diceva anche la platea di ieri sera. Diverse decine di persone tra cui anche ex Pd ora in Leu o esponenti di Sinistra per Ravenna. Del resto, appunto, Zingaretti con loro in Lazio ci vince le elezioni e governa.

Senza mai pronunciare il nome di Renzi, accettando il patto proposto dal sindaco Michele de Pascale, l’idea è quella di guardare avanti e non indietro, di non fare processi a nessuno, ma di dare nuove proposte per il futuro. Certo, per un partito che ha governato fino a pochi mesi fa è un’operazione complessa, perché è inevitabile chiedersi perché mai non sia stato fatto prima tutto ciò che ora viene visto come prioritario.

Forse contenuti più concreti emergeranno una volta che saranno in campo anche altre candidature. Le voci ieri davano Stefano Bonaccini per l’area renziana. «Ho letto anche io le notizie – ha sorriso Zingaretti –, vedremo. Lo conosco come ottimo presidente di una magnifica regione. L’importante è che sia un confronto libero». Anche De Pascale, che continua a sostenere che il congresso sia da fare a novembre e non a febbraio, perché altrimenti talmente a ridosso delle Europee da rischiare di slittare ancora. E il suo auspicio più volte ribadito è che non sia una conta tra correnti, come troppo spesso è avvenuto. E Zingaretti, classe 1965 in politica fin da giovanissimo, gioca comunque la parte di chi in questi anni è stato lontano dalle stanze del partito perché impegnato a fare il presidente di Regione e rivendica: «Non ho mai partecipato a una riunione di corrente».

Ma fare il presidente di una regione come il Lazio e il segretario di un partito come il Pd? «Credo che avere più sindaci e presidenti di Regione e amministratori, persone abituate a rispondere ai bisogni della gente, alla guida del partito potrebbe essere un bagno di umiltà e realtà utile». Va detto che anche l’ex segretario era stato sindaco.

Proposte concrete, messaggi chiari? Magari arriveranno quando una data del congresso ci sarà e ci saranno gli avversari, per ora Zingaretti ripete il mantra dell’apertura, a partire dai circoli e dai territori, e lancia l’idea per una raccolta di 100 milioni di firme in tutta Europa per chiedere l’elezione diretta del presidente degli Stati Uniti d’Europa. Una proposta che secondo il presidente potrebbe soprattutto lanciare il messaggio di un Pd che vuole un’Europa diversa da quella attuale e che metterebbe in particolare i 5Stelle di fronte a una possibile contraddizione. Del resto, che gli elettori smarriti dal centrosinistra siano finiti soprattutto lì è cosa ormai nota. La questione è come recuperarli, ma mentre appunto Zingaretti parlava della necessità di cambiare, di guardare avanti, di superare le correnti, di aprire, il neosegretario Maurizio Martina presentava la sua segreteria con nomi come quelli di Boccia, Madia, Cuperlo. E Calenda commentava «un harakiri». La festa dell’Unità nazionale che si terrà quest’anno proprio a Ravenna potrebbe prospettarsi quanto mai interessante.

 

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