Quando c’erano i comunisti a Ravenna: ideali, lotte, mutazioni lungo cent’anni

Per i “I sabati del Moog”, il 26 novembre, dialogo sul volume fotografico dedicato al Pci locale, con gli autori Flavio Cassani e Ivan Simonini

Festa Della Gioventù 1976

Ingresso al Festival Nazionale dei Giovani organizzato dalla Fgci a Ravenna nell’estate del 1976

In uno dei momenti più drammatici delle vicende del PD, all’apice di una crisi identitaria senza precedenti, e nella fase organizzativa di un congresso dove è indispensabile un cambio radicale di strategia politica pena il rischio di estinzione, a Ravenna si parla del Pci, uno dei pro- genitori e fondatori del Partito Democratico.
L’occasione è la serie di incontri “I sabati del Moog”, dove il 26 novembre (ore 18, nel locale di vicolo Padenna 5) si presenta il libro Il Partito Comunista della provincia di Ravenna. Fotostoria 1921-2021, pubblicato lo scorso anno da Il Girasole, a firma di Flavio Cassani e dell’editore Ivan Simonini, presenti in sala, magari anche per discutere, viste le premesse, della scena più attuale.

Cover Fotostoria Pci Ravenna

La copertina del volume di Cassani e Simonini, con la foro di un comizio di Enrico Berlinguer a Ravenna

La voluminosa opera (grande formato, 400 pagine con oltre 800 immagini) in effetti ha un orizzonte locale (il territorio ravennate) e non ha pretese di approfondimento storiografico. Attraverso un accurato recupero di foto d’archivio e private (scovate nei cassetti di dirigenti e militanti) vuole ricostruire uno spaccato visuale e per certi versi “confidenziale” di personaggi, luoghi, situazioni. Una dimensione umana in cui si sono dispiegate le vicende del partito di Gramsci, Togliatti, Longo, Berlinguer… fino alla progressiva dissoluzione, simbolica (falce e martello), nominalistica (comunista) e di linea politica (classe operaia, riscatto sociale) di quell’epopea.

Uno degli autori, Flavio Cassani – noto imprenditore ravennate, già proletario di origini contadine e militante di sinistra di lunga data (si iscrisse alla Fgci negli anni ’60 a 14 anni) racconta di un progetto perseguito per un decennio, fino alla conclusione in occasione del centenario della fondazione del Pci nel 2021.
Gli ostacoli sono stati in gran parte quelli di raccordare le immagini, i volti, i luoghi, con i nomi, le date, le circostanze – ci spiega Flavio – precisando che a volte le didascalie sono parziali e le date un po’ generiche. In vari casi si tratta di immagini provenienti da fondi privati, senza indicazioni specifiche e quindi si basano su testimonianze personali non sempre precise. «Qualche volta siamo riusciti a incrociare le fonti testimoniali – commenta – ma in certi casi restano dei dubbi o dei vuoti su chi fossero alcune persone presenti o in quale occasione fosse stata scattata la foto. Magari sfogliado il libro, chissà, qualcuno potrebbe suggerirci quello che noi finora non siamo riusciti a svelare, Per questo penso che quello che abbiamo raccolto con notevole impegno, e grazie anche a studiosi e archivisti di storia contemporanea come l’istituto Storico della Resistenza di Alfonsine, la Biblioteca Oriani, e altri archivi istitituzionali, possa essere un lavoro “aperto” a chiunque voglia arricchirlo con altre immagini e informazioni, e che possa dare un contributo utile alla ricostruzione delle vicende del Partito Comunista del nostro territorio anche e soprattutto in quel periodo che va dal secondo dopoguerra agli anni ‘80, che non sono ancora materia per gli studiosi di storia ma non sono già più cronaca politica attuale».

Tessera Pci 1925

Una delle prime tessere del Pci, a cinque anni della fondazione avvenuta a Livorno nel 1921

Ma insomma, nel volumone ci sono le facce, persone in carne ed ossa, episodi e scenari in cui si sono spese donne e uomini, per una vita di passioni, militanza, sacrifici, vittorie e sconfitte, errori e traguardi raggiunti, in nome della politica partecipata, nella convinzione di edificare un mondo migliore.
Potrebbe sembrare un’operazione editoriale che presta il fianco alla nostalgia, ma Flavio Cassani a proposito del fatto che il libro è stato apprezzato da molti suoi compagni, simpatizzati o ravennati semplicemente interessati alle vicende politiche locali, non lo ritiene solo dovuto al piacere di sfogliare un album di ricordi ma anche alla voglia di capire e confrontarsi su temi svolti e risvolti di quella lunga storia.

«Certo un effetto immediato è quello del “io c’ero quella volta…” o “quella me la ricordo…” – rimarca Cassani – ma il libro ha suscitato anche curiosità e discussioni, ad esempio, su quando e come il Pci cambiò pelle, dalle istanze rivoluzionarie e massimaliste, di forte antagonismo politico e sociale a quelle riformiste e socialdemocratiche. Credo che il germe di questa evoluzione venga da lontano e incroci dentro il Pci, a partire dagli anni ‘70, l’esperienza imprenditoriale della cooperazione, la necessità di mediazione del sindacato e, soprattuto, l’esperienza di governo degli enti locali: Regione, Provincia, Comune… Quello che poi fu chiamato “buon governo”, molto attento a realizzare strutture e servizi per il welfare, dedicate all’infanzia, all’istruzione e alla cultura, alla sanità e agli anziani. Cimentarsi con una certa rappresentanza ma a confronto diretto con la complessità della realtà del mondo economico e sociale – commenta Cassani – ha iniettato pian piano una dose fondamentale di pragmatismo nel partito che così ha allargato anche il proprio consenso, la capacità di incidere per il bene dei cittadini. Non dimentichiamoci che a Ravenna e nelle cosiddette “regioni rosse”, Emilia-Romagna in testa,  il Pci ha cominciato a rappresentare anche una bella fetta di piccoli imprenditori, commercianti, artigiani, agricoltori, piccola borghesia impiegatizia, ben oltre una aderenza puramente ideologica».

Congresso Pci Ravenna 1977

Congresso del Pci ravennate del 1977 in un affollato cinema Astoria

Nel mentre ci fu la tragedia della scomparsa di Berlinguer del 1984, uno snodo fondamentale nelle vicende del grande partito…
«Proprio nel solco della svolta riformista e del compromesso storico – ricorda Cassani – questa perdita non solo portò rimpianto e sconcerto ma anche forti contrasti e divergenze dentro il Pci. Questo smarrimento verso il futuro  generò un’occasione perduta, a mio parere, quella di eleggere a segretario, dopo Berlinguer, il sindacalista Luciano Lama. Forse la storia del partito avrebbe preso un’altra piega. D’altra parte voglio ricordare che, a suo tempo, durante una occasionale conversazione col senatore Arrigo Boldrini, il mitico comandante Bulow, sugli scenari politici in evoluzione, anche a livello internazionale, oltre a ribadire la sua attenzione verso i cosiddetti Paesi non allineati, che sanciva una distanza sia dalle potenze capitaliste occidentali ma anche dall’Unione Sovietica, mi consigliò di valutare il pensiero politico di Olof Palme, leader della socialdemocrazia svedese».

A proposito di leader quali sarebbero invece le figure di riferimento o gli eredi del Pci ravennate, in tempi relativamente recenti? Ne ha parlato con i suoi compagni? «Senza togliere nulla all’impegno di tanti dirigenti e amministratori che si sono succeduti nel tempo alla guida del partito e come amministratori pubblici, direi Decimo Triossi, Mauro Dragoni, Vasco Errani. E due dirigenti che ci hanno lasciato troppo presto, Pier Paolo D’Attore, e qualche anno fa il giovane Enrico Liverani».

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