
Giovanni Frangi è l’artista con cui la rassegna Selvatico sceglie di chiudere la sua dodicesima edizione, con l’opening della mostra il 4 novembre alle 18 a Rimini, negli spazi del Museo D’Arte della Città, con curatela di Massimo Pulini e Massimiliano Fabbri. Il tema, o meglio l’umore, che, come sottolinea il curatore Massimiliano Fabbri, governa la grande kermesse, partita a settembre alla Galleria Marcolini di Forlì, è la Foresta (Pittura Natura Animale), una sorta di ritorno al luogo da dove tutto è partito per Selvatico che, sin dall’inizio, ha scelto di essere «una rassegna di campagna alle sue origini, dodici anni e dodici mostre fa, e che ora chiude un cerchio, a partire dal suo stesso titolo e sguardo non addomesticato». Foresta quindi, come luogo-metafora per raccontare, attraverso una pluralità di artisti, giovani, meno giovani e giovanissimi, il ritorno alla pittura e alla materia, intrecciato all’idea della Natura, qui scelta e raccontata sotto forma di intrico di rami e foglie, di suoni animali, come paesaggio necessario in cui immergersi e perdersi, per rinascere e reinventare il mondo. Quaranta artisti da vedere, soprattutto pittori, disegnatori, hanno risposto alla chiamata di Selvatico. Citarli tutti è un’impresa impossibile, per il rischio di overflow (si rimanda al sito www.museovaroli.it, necessario cahier de voyage per chi vuole vedere, magari a tappe, l’intera manifestazione prima della chiusura) .

Si può partire dagli allestimenti site specific di un’artista storica come Lorenza Boisi (presentata da Irene Biolchini, con Lorenzo Di Lucido e Massimo Pulini, co-curatori della rassegna insieme a Fabbri), al Mic di Faenza sino al 12 novembre, con “In fondo al giardino, un volto verde”, per poi passare a Fusignano, attraversando le visioni intense e le suggestioni di Cesare Baracca, Lucia Baldini, Federica Giulianini o a Bagnacavallo, per incontrare i lavori di Mirco Baricchi, Luca Caccioni, Veronica Azzinari, Luca Coser, Massimiliano Fabbri, per poi tornare a Cotignola e, da Massimo Pulini e Vittorio D’Augusta, arrivare a Giovanni Blanco, Denis Riva, Debora Romei, Jacopo Casadei, solo per citare alcuni dei quaranta artisti presenti.
L’aspetto bizzarro e sorprendente della mostra è che tutte le opere degli artisti, in qualche modo, assomigliano alle voci di un grande coro “verde”, come gli alberi e le creature di una foresta, appartenenti a un unico bioma, fatto di mille identità viventi diverse, a volte in lotta armonica, ma sempre profondamente intrecciate e unite. Gli ecosistemi funzionano così e così funziona quest’idea di mostra, fatta di voci adulte e più giovani, di patriarchi, sciamani e apprendisti stregoni.
Seguendo questo sentiero dentro al bosco, come Pollicino fece con i sassolini bianchi illuminati dalla luce della luna, si arriva a Giovanni Frangi, al Museo della città di Rimini che con “La pittura scandaglia la superficie” ci riporta definitivamente a “ casa”, alla natura-pittura- animale attraverso una produzione che, come osserva Massimo Pulini nel testo in mostra, “sonda la profondità del pensiero nella schiuma delle onde, trova la carne nello strato più esposto della pelle, vede lo spessore della zolla nella cresta di fili d’erba.” Giovanni Frangi, milanese, artista legato alla riflessione etica ed estetica sui paesaggi della contemporaneità, è dagli esordi attento al codice “ verde” sia attraverso un’opera saldamente pittorica che attraverso progetti installativi di natura più squisitamente mentale. Cicli dedicati all’acqua, con ninfee dolcemente evocative, alghe, textures marine si uniscono a lavori dove la suggestione è invece direttamente sulla natura naturans di tron0chi, boschi, giungle, foreste, mediate da una scrittura pittorica che è insieme densa e rarefatta. Qui, a Rimini, Frangi conclude il dodicesimo viaggio di Selvatico e ci accompagna dentro la sua bellissima“ Foresta”.