Le «mitiche» segretarie dell’epoca d’oro del cinema italiano in un documentario

Raffaele Rago, originario di Bagnacavallo, è uno degli autori di una pellicola che narra la storia di sei donne “nell’ombra” di grandi registi e produttori: «È un racconto emotivo, non solo per cinefili»

D&R Cannes

Raffaele Rago e Daniela Masciale a Cannes

“Mitiche” le chiamavano: sei donne si raccontano davanti alla cinepresa. Sei segretarie. Sei protagoniste di una delle più gloriose stagioni cinematografiche italiane. Un tuffo nel passato per raccontare cosa significava lavorare nel mondo del cinema quando le nostre pellicole facevano incetta di premi, da Venezia a Los Angeles, passando per Cannes. Un tuffo nella loro vita, dentro e fuori dal set, tra ricordi, rivelazioni e immagini inedite.

Prodotto dalla World Video Production, Segretarie – Una vita per il Cinema è il titolo del documentario ideato da Daniela Masciale e diretto da Raffaele Rago che – uscito nelle scorse settimane nelle sale, in tour promozionale e con l’augurio di arrivare presto in tv – sta facendo parlare molto (bene) di sé.

Alla base di questo progetto c’è l’idea romantica di rivivere un periodo d’oro della nostra cultura, attraverso le voci di Cesarina Marchetti, Paola Quagliero, Liliana Avincola, Anna Maria Scafasci, Resi Bruletti e Fiammetta Profili, ovvero professioniste che hanno lavorato con grandi maestri come Fellini e Monicelli, grandi produttori come i fratelli De Laurentiis, Franco Cristaldi, Goffredo Lombardo e attori del calibro di Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Ogni giorno li assistevano nelle loro battaglie, negli uffici affollati e festosi in cui si stava scrivevendo la storia del cinema. Donne che hanno dedicato la vita all’arte, ma che in pochissimi conoscono. “Una vita nell’ombra, ma quest’ombra era il posto più bello”, afferma una di queste speciali signore, tutt’altro che subalterne. Rago e Masciale accendono una luce suoi loro bei volti ancora pieni di grinta.

Classe 1964, romagnolo doc (nato a Bagnacavallo) e ora residente a Roma, regista e montatore, docente di tecnica e regia televisiva, non ci resta che fare due chiacchiere con uno degli autori: Raffaele Rago.

Fiammetta Profili Con Fellini E Delli Colli

Fiammetta Profili con Fellini e Delli Colli

Raffaele da dove nasce l’idea di raccogliere le testimonianze di queste donne?
«L’idea nasce dalla mia compagna, nonché co-autrice del documenatrio, Daniela Masciale. Lei ha iniziato la sua carriera cinematografica qui a Roma con Giuseppe Tornatore. Per entrare in contatto con lui conobbe Cesarina Marchetti e poi Paola Quagliero. Per due anni è stata la personal assistant di Tornatore, poi è passata ad altro, fa la producer. Comunque ogni tanto, parlando tra di noi, il nome di queste due signore saltava fuori e nel 2016 circa ci siam detti ma perché non fare un documentario su questa cosa. L’idea ha preso piede e nell’arco di due anni abbiamo dovuto convincere loro, rintracciare le altre, fare le interviste, raccogliere il materiale d’archivio…».

Resi Bruletti Con G. Peck

Resi Bruletti con G. Peck

Come ha preso forma il documentario?
«Prima abbiamo contattato direttamente loro. Ci dissero “ma la nostra storia a chi vuoi che interessi?”. Abbiam faticato un po’ a convincerle, tra l’altro si era nel pieno periodo dello scandalo sulle aggressioni sessuali dei produttori hollywoodiani. Temevano che fossimo due giornalisti televisivi all’arrembaggio. Quando hanno capito che era una cosa seria, hanno accettato, si son lasciate andare e ci hanno dato i contatti di altre colleghe viventi. Va detto che una grossa mano viene da Tornatore, grande supporter morale dell’idea».
Il punto, se non sbaglio, era quello di mettere in risalto la loro dedizione, la loro passione per il cinema…
«Parlerei di doppia passione: la prima è quella proprio di essere donne. Voler lavorare, la voglia di essere indipendenti. Questo nel documentario si vede bene. Le prime hanno iniziato negli anni ’40, dopo la guerra… erano le prime donne a lavorare e in un settore privilegiato, un settore prettamente, anche ora, maschile».
Sembra anche una bella testimonianza di lavoro “nell’ombra”, come dice una di loro, ma non come sfruttate o sottomesse, ma in ruoli rispettati, fondamentali…
«Esatto. Una delle molle che hanno portato alla realizzazione del documentario – dopo il raccontare una storia che altrimenti sarebbe andata perduta inesorabilmente per ragioni naturali (tranne Profili, la più giovane, le protagoniste hanno tra i 77 e 90 anni, ndr) e quindi un valore di testimonianza – era indagare un po’ facendo domande “sociologiche”: come è possibile che nessuna segretaria avesse ambizioni? Voglio dire, nel mondo di oggi tutti vogliono visibilità, non ci si accontenta certo dell’ombra. Loro non capivano nemmeno la domanda. Erano più che felici. Nella carrellata finale del film dichiarano di essere soddisfatte e senza rimpianto. Loro, come raccontano, non erano al servizio, ma al fianco di uomini importanti. Era un tipo di rapporto lavorativo che forse non esiste più, un certo modo di fare cinema, la fedeltà di una vita, un rapporto tra collaboratori… Erano del resto uomini eccezionali, e loro erano donne eccezionali, a 90 anni sono ancora piene di energia. Il documentario funziona, commuove anche, perché c’è una sorta di nostalgia, anche per chi non l’ha vissuta, per i più giovani, nostalgia di un’Italia che non c’è più, una serietà, un modo… oggi è tutto più approssimativo, più superficiale».
I racconti e gli aneddoti sono tanti, come avete scelto quali montare e quali scartare?
«Abbiamo raccolto parecchie ore per ognuna, sicuramente abbiamo cercato di restituire un sentimento, il sentimento di un’epoca che è quella degli anni ’50, ’60, in parte anche ’70, tutto quello che andava in quella direzione, dall’anedotto drammatico a quello più frivolo. E poi, altra ragione, il repertorio: i loro racconti vengono evocati da immagini, film che citano. Una scelta obbligata dal materiale a disposizione».
A quale archivi avete potuto accedere?
«Abbiamo consultato gli archivi Titanus, gli archivi dell’Istituto Luce, quelli della Cineteca di Bologna, Rai Teche, Cinecittà… gli archivi fotografici personali delle protagoniste ovviamente. E abbiamo voluto fare un montaggio molto pop: ecco una parola chiave. È un film poco “storia del cinema”, solo per cinefili puri. È un racconto emotivo per tutti.Siamo sbalorditi, e contenti, dall’accoglienza del pubblico e anche di critici importanti della stampa».

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