Cameristica al Ravenna Festival, fra partiture classiche e note contemporanee

Domina la forma quartetto ma sono previsti anche concerti per clarinetto e mimo, per otto contrabbassi e per piano “preparato“ con oggetti artistici e video

Arlekin

Harlekin

Il Ravenna Festival è sempre stato molto attento alla proposta cameristica offerta al pubblico, tuttavia questa edizione si può definire estrema. Quest’anno, infatti, saranno di scena sui palchi della capitale dell’Esarcato le estreme propaggini della musica da camera, dal Seicento ai giorni nostri.

L’esordio è affidato alla solista Roberta Gottardi – che il 6 giugno si cimenta in una performance fra musica e mimo, rievocazione della Commedia dell’Arte e virtuosismo strumentale – nell’esecuzione dell’Harlekin di Karlheinz Stockhausen. Si tratta di una composizione per clarinetto del 1975, scelta per ricordare il grande compositore tedesco nel decennale della scomparsa.

Il secondo appuntamento vedrà, il 9 giugno, The Smith Quartet, gruppo inglese nato nel 1988 con l’obiettivo di diffondere la musica contemporanea, specialmente d’oltremanica, nel mondo, impegnato nell’esecuzione di brani di stampo minimalista. Aprirà il concerto il Quartetto N. 1 Between the National and the Bristol di Gavin Bryars, composizione dall’animo avanguardista. Sarà poi la volta del Quartetto N. 5 di Michael Nyman tra i primi ad utilizzare il termine “minimalismo”, nel 1968, per definire questa nuova corrente musicale. Concluderà il concerto Patrol di Steve Martland le cui composizioni subiscono forte il fascino degli States.

Arcangelo Corelli sarà protagonista indiscusso del secondo appuntamento, il 13 giugno, nel primo dei due concerti dedicati all’esecuzione integrale delle sue sonate op. 5, un vero banco di prova per ogni violinista. Sarà l’Imaginarium Ensemble diretto dal violinista Enrico Onofri con le sei sonate da camera della raccolta ad aprire questo mini-ciclo dedicato all’opera somma del compositore fusignanese. Una piccola curiosità sarà rappresentata dal violoncello suonato da Alessandro Palmeri: lo strumento è il “violone romano” costruito da Simone Cimapane nel 1685 ed utilizzato dallo stesso liutaio nell’orchestra di Corelli.

Andrej Tarkovskij rappresenta il filo conduttore del terzo appuntamento cameristico, il 14 giugno, quando il Duo Gazzana interpreterà alcune delle pagine che il celebre regista russo, la cui visione del cinema era imperniata sull’idea del tempo, tema anche del Festival 2017. Sarà quindi Johann Sebastian Bach, vero maestro dell’organizzazione del tempo in musica, il compositore che più troverà spazio nel repertorio di questo concerto, insieme ad altri che hanno fatto del tempo materia d’indagine nel Novecento, quali Arvo Pärt e soprattutto il francese Olivier Messiaen.

Ludus Gravis2

Ludus Gravis

C’è chi considera la radiazione di fondo dell’universo il suo peculiare suono, superstite del Big Bang. È quindi facile l’analogia che assimila questa radiazione al suono del contrabbasso, fondamento del suono dell’orchestra. Ludus Gravis è l’ensemble di contrabbassi che, il 20 giugno, si occuperà di contestualizzare questo suono universale nello scorrere del tempo particolare della nostra epoca. Ampio spazio sarà dato in quest’ottica alle composizioni di Sofija Gubajdulina con Studi, Quaternion e Mirage: The Dancing Sun, mentre concluderanno questa indagine due composizioni commissionate proprio da Ravenna Festival e l’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli a Filippo Perocco  e Fabio Cifariello Ciardi, rispettivamente su ricordi di canti popolari della Grande Guerra e su Martin Luther King.

Evidentemente non poteva mancare un appuntamento con la musica che usualmente è udibile nelle sale da concerto. Anche in questo caso vi è un’idea che delinea il programma che il Quartetto Adorno eseguirà il 26 giugno, ed essa è il progressivo dissolvimento tonale. Il quartetto op. 59 n. 2 Razumowsky di Ludwig van Beethoven aprirà questo concerto nel corso del quale si contrapporranno i Cinque pezzi op.5 di Anton Webern. Come nello schema della dialettica hegeliana, alla tesi beethoveniana si oppone l’antitesi weberniana prima di arrivare ad una sintesi con il quartetto op.10 di Claude Debussy, vero unicum nella produzione del compositore francese e punto di arrivo indiscutibile di quel movimento tutto transalpino di fine Ottocento racchiuso nel motto della Société Nationale de Musique, “Ars gallica”.

Sarà quindi la volta, il 27 giugno, del violinista Stefano Montanari che eseguirà le sonate da chiesa dell’op. 5 di Arcangelo Corelli e concluderà con la Follia, trait d’union tra i due concerti dedicati all’opera del compositore di Fusignano. In un’intervista su queste pagine ci racconta i particolari della sua interpretazione.

Citazione a parte meritano altri due appuntamenti.
Quello con il Quartetto Noûs che eseguirà il celeberrimo quartetto n.8 di Dmitrij Shostakovich, testamento spirituale del compositore sovietico che lo volle eseguito alle proprie esequie in quanto esempio della pietra tombale che tutta la sua musica rappresenta. L’occasione è l’incontro del 28 giugno (ore 18), a preludio dello spettacolo teatrale 1917, della compagnia ErosAntEros (in scena la sera stessa) a cui parteciperanno anche i protagonisti della pièce Davide Sacco e Agata Tomsic e lo studioso di letteratura russa Fausto Malcovati.

E inoltre, l’evento (il 3 luglio), fra “suoni e visioni” Metamorphosis che vede il valente autore e pianista ravennate Matteo Ramon Arevalos proporre quattro sue composizioni che intrecciano le note del pianoforte “preparato” con elementi artistici e la visione diretta in video delle interazioni/evoluzioni fra strumento musicale e gli oggetti coinvolti. La performance è ideata e realizzata in collaborazione con gli artisti Roberto Pagnani, Marco Bravura, Vanni Cuoghi e Dandy Ruff.

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