Festival Polis: Ares Tavolazzi e la mistica sonora del contrabbasso

Parla il musicista, noto per la sua militanza negli Area, in scena con l’attrice Silvia Pasello per un concerto teatrale dedicato al grande Carmelo Bene

PaselloTavolazzi Amor MortoAres Tavolazzi è uno dei nomi che ha fatto la storia della musica italiana, stando spesso nelle retrovie. Per molti resta semplicemente il bassista degli Area, uno dei gruppi più avventurosi del panorama del progressive rock e non solo, ma Tavolazzi può vantare una carriera cinquantennale che lo ha visto collaborare anche con mostri sacri come Francesco Guccini, Paolo Conte, Mina o Lucio Battisti, fino agli anni più recenti con Vinicio Capossela, passando dalla musica sperimentale al pop, con una predilezione per il mondo del jazz, che lo vede ancora grande protagonista. 71 anni da compiere tra poco, Tavolazzi continua a fare musica senza curarsi troppo degli steccati, aderendo a progetti diversi tra loro e trovando ora nuova linfa anche nel teatro.

Sabato 25 maggio nell’ambito del Festival Polis sarà al teatro Rasi di Ravenna con la pluripremiata attrice Silvia Pasello in Amor morto. Concerto mistico, spettacolo dedicato al grande Carmelo Bene.

Come è nato questo progetto?
«Come un omaggio a Carmelo Bene, in occasione di un evento a Perugia (ideato e realizzato dal saggista Piergiorgio Giacché nel settembre del 2017, ndr). Con Silvia (Pasello, ndr), che è la vera protagonista dello spettacolo (e con cui Tavolazzi ha già collaborato in passato, ndr) abbiamo analizzato alcuni testi che ho cercato di rendere dal punto di vista musicale, con un effetto direi piuttosto mistico, come da titolo, ispirato da una delle estasi di Maria Maddalena de’ Pazzi, Amor morto».
Che rapporto ha con il teatro? Lo frequentava anche da spettatore?
«Non molto. Tutto è iniziato anni fa grazie all’amicizia con Roberto Bacci di Pontedera Teatro (Tavolazzi vive a Pontedera, ndr) che mi ha coinvolto per primo nella realizzazione delle musiche per spettacoli. Si è trattato di una sfida professionale, un lavoro diverso dal solito, su cui ho dovuto concentrarmi per creare paesaggi sonori in grado di accompagnare testi scritti da altri, molto stimolante».
E come reagisce il pubblico del teatro, a differenza dei concerti?
«Spesso non sono presente agli spettacoli, la mia musica è registrata, a meno che non siano progetti speciali come quello con Silvia Pasello, che accompagno dal vivo. I concerti, in generale, restano ancora l’aspetto più importante del mio lavoro».
Nuovi progetti musicali in arrivo? Proseguirà la reunion degli Area?
«No, la reunion (con cui i membri originali nel 2010 avevano riportato in tour la musica degli Area senza volutamente sostituire il cantante Demetrio Stratos, morto come noto nel 1979 a soli 34 anni, ndr) non proseguirà. Lo spirito degli Area continua in qualche modo a vivere con l’Area Open Project di Patrizio Fariselli, che però è molto diverso da una reunion».
Che cosa ricorda di quell’avventura. E crede che qualcuno abbia raccolto l’eredità degli Area nel mondo musicale italiano?
«È stato un periodo fondamentale della mia vita e della mia carriera, che mi ha permesso innanzitutto di scoprire cose nuove, di crescere. A dire la verità non mi pare che davvero qualcuno abbia seguito le nostre orme. Anche perché è cambiato il modo di fare musica. Noi davvero la facevamo senza alcuno scopo commerciale, gli Area facevano musica per sperimentare, a fini solamente artistici. Oggi mi pare che non esistano gruppi così, almeno di così rilevanti…».
E che ricordo ha di Demetrio Stratos?
«Quando me lo chiedono non ho particolari aneddoti da rivelare, era uno di noi, un ragazzo con cui si stava bene. Dal punto di vista professionale, invece, era davvero incredibile, la sua voce era uno strumento in più, qualcosa di mai sentito e irripetibile».
E lei che rapporto ha con il suo? Il contrabbasso è uno strumento molto “fisico”…
«Sicuramente ci passo molto, molto tempo. E non solo per suonarlo, anzi. La maggior parte del tempo lo impiego a montarlo e smontarlo e rimontarlo. A cercare di ricostruirlo per trovare il suono che più mi aggrada…».

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