Francesca Michielin, una giovane cantautrice tra il pop e la difesa dei migranti

La ventitreenne, protagonista anche sui social contro il ministro Salvini, porta in tour il suo ultimo disco, tra mainstream e indie: «Mi è venuto spontaneo…»

Francesca MichielinFrancesca Michielin ha compiuto appena 23 anni lo scorso febbraio ma può già essere considerata una piccola popstar, in Italia, con alle spalle una vittoria a X Factor, un secondo posto a Sanremo, una partecipazione all’Eurovision in rappresentanza del proprio Paese e già tre album, l’ultimo dei quali, 2640, è stato pubblicato in gennaio da Sony e ha superato cinque mesi dopo i 22 milioni di stream su Spotify. E forse anche per la sua giovane età, oltre che per essere per tutti “solo” una cantante pop, ha fatto scalpore la sua recente presa di posizione su Facebook contro la chiusura dei porti del nuovo Governo per le navi delle ong che salvano migranti in mare dove è arrivata a definire la decisione del ministro Salvini «un atto spregevole». La nostra chiacchierata – in vista del concerto del 18 luglio a Cattolica – parte da qui.

Francesca, perché non sei stata zitta, come ti ha “consigliato” qualcuno tra i commenti al tuo post pro migranti?
«Da tanti anni sia a livello personale che artistico cerco di diffondere nel mio piccolo il concetto di umanità, anche in questo disco, in un pezzo come “Bolivia”, o portando in tour con me l’associazione “Via Scalabrini 3”. Da quando ho 13 anni faccio volontariato in un centro per migranti e ho lavorato in progetti di cooperazione allo sviluppo, per cui è una tematica su cui mi sento molto informata e per questo mi sono sentita in diritto di esprimere la mia opinione».

Sorpresa – e magari ferita – dagli insulti “social”?
«Purtroppo le persone spesso vedono in un’opinione un post politico, mentre non era mia intenzione. Il mio unico obiettivo era promuovere la cooperazione allo sviluppo. In generale anche sui social apprezzo sempre le critiche e il dibattito, ma quando non sfocia nella mancanza di rispetto, nel sessismo, come purtroppo avvenuto in alcuni commenti in questo caso. Ma il mondo dei social è così: sono felice di utilizzarli per comunicare con il pubblico ma so che possono esserci distorsioni, perché come sempre è “l’umanità che fa la differenza” (autocitazione dal testo di “Bolivia”, ndr) e ci sono persone che mancano di umanità».

Parliamo di musica allora: nel nuovo disco sembra quasi che tu abbia voluto unire l’ambito mainstream con quello alternativo, tanto che se ne è occupata anche certa critica che solitamente ti ignorava. E tanto che sei finita a suonare nelle scorse settimane al Miami, il più grande festival della musica indie italiana…
«È stato un onore per me essere invitata al Miami, ci siamo divertiti con una scaletta un po’ più rock. Quando faccio dei dischi tutto nasce da un’esigenza comunicativa che spesso non mi riesco neanche a spiegare: nel mio percorso ho sempre cercato di unire quella che è la comunicazione pop a una ricerca sonora costante sulla musica contemporanea, frutto anche dei miei studi al conservatorio. Questo è un album venuto fuori molto istintivo nella scrittura dei testi che poi ho cercato di vestire in maniera metalinguistica: volevo dire certe cose, ma anche con un certo suono. Si tratta di un lavoro più autentico e sincero, anche perché rispetto al passato l’ho scritto in gran parte io, con la collaborazione di autori come Calcutta e Cosmo che mi conoscono bene. In sintesi: è un lavoro più cantautorale e sono contenta sia arrivato a un pubblico nuovo, più trasversale, ma è una cosa che non ho cercato».

Come sarà il tour estivo rispetto a quello invernale?
«La formazione è sempre la stessa, stiamo rinnovando un po’ la scaletta, ma anche le luci che portano avanti un racconto cromatico e geometrico dei pezzi del disco. Stiamo ristudiando alcuni messaggi che vogliamo dare, a partire dal fatto che è il nostro primo tour estivo, sull’onda di un singolo con cui vogliamo rivisitare in maniera tropicale il nostro modo di suonare (scherza, con il titolo “Tropicale”, ndr)».

Hai parlato del conservatorio, cosa stai studiando in particolare e come influisce sul tuo lavoro?
«Sto facendo composizione classica, ma questo disco è molto distante dagli studi classici, essendo caratterizzato da una totale libertà espressiva. La scrittura parte da un certo tipo di accordi poco convenzionali e soprattutto negli ultimi pezzi che ho scritto, come “Comunicare”, “Due galassie” o “Tapioca” c’è questa libertà della tonica, che continua a spostarsi, con una fluidità tipica del mare, che è un elemento che ha sempre ispirato tutti i dischi. Mi sono divertita a ricominciare un po’ a giocare con i suoni».

Certo dopo la vittoria a X Factor non hai cercato di campare di rendita…
«Diciamo che avrei potuto prendermi delle pause e invece ho sempre fatto cose. D’altronde mi è sempre piaciuto studiare, voglio laurearmi in fretta (studia Beni culturali all’Università Ca’ Foscari a Venezia, ndr): quando studio scrivo di più, quando scrivo ho più voglia di studiare».

Cosa ricordi di X Factor?
«L’ho vissuto come una grande palestra di vita, soprattutto per imparare a stare sul palco. Ricordo che nel mio provino a Morgan dissi che da grande avrei voluto fare la musicista, non la cantante. Non avevo mai cantato prima, mi stravergognavo, a X Factor invece ho imparato che la voce è uno strumento e che è un grande dono riuscire a comunicare con la mia voce»

Ci sono stati insegnamenti particolarmente importanti per la tua crescita?
«Sempre a X Factor ho fatto due incontri bellissimi: uno con Rafael Gualazzi, che mi ha insegnato come la musica non sia competizione, come credono in molti, ma collaborazione e lavoro di squadra. E poi Giorgia, con cui ho parlato del mio amore per il mare, e che mi ha detto che facendo questo lavoro mi sarei trovata in un grande caos, ma di ricordarmi che nel caos c’è anche molta libertà, e questo è ancora oggi per me un motto da seguire, essere libera».

Che musica ascolti e quali sono i tuoi artisti preferiti?
«In italia Jovanotti e Cremonini, oltre a Elisa che è stata per me una sorta di madrina, e Carmen Consoli. All’estero un riferimento primordiale è stato Bjork mentre dal punto di vista della poetica Damien Rice e Jeff Buckley. Ma a influenzarmi più di ogni altra cosa è stato il mio autore preferito in assoluto, Italo Calvino…».

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