«Dove c’è un solo teatro, come a Russi, dobbiamo pensare a una stagione per tutti»

Pasquale Vita di Ater spiega la collaborazione con il piccolo Comune che fa quasi il tutto esaurito a ogni replica tra prosa, comico, drammatico

Teatro Comunale Russi 02

Da quattro anni il cartellone del teatro Comunale di Russi è organizzato in collaborazione con Ater, colosso regionale che gestisce direttamente dodici teatri e collabora alle stagioni di altri 40 soci. Grazie a questa gestione, il pubblico di Russi ha potuto fruire di spettacoli di giro, spesso di grande qualità – e i numeri sembrano dare riscontri positivi. Quest’anno sarà l’ultimo della convezione, in attesa di un probabile rinnovo prima dell’estate. Ne ho parlato con Pasquale Vita, direttore del circuito regionale multidisciplinare di Ater, ovvero costruttore di tante stagioni teatrali delle città emiliano-romagnole, da Fidenza a Cattolica, passando naturalmente per Russi.

Come ha lavorato con l’amministrazione russiana?
«Il teatro di Russi funzionava già molto bene prima del nostro arrivo. Il pubblico è affezionato, ha una certa competenza teatrale. Elena Bucci e Marco Sgrosso hanno svolto un grande lavoro sul territorio, promuovendo la fruizione di un certo tipo di teatro. Il Comune si è affidato alla nostra gestione per alzare ulteriormente la qualità dell’offerta. Poi c’è anche da considerare che si tratta dell’unico teatro del comune: la stagione deve accontentare più pubblici».

In che senso?
«A Bologna ci sono 10 teatri, e ognuno specializza un’offerta. Se in un paese c’è un solo teatro, allora bisogna accontentare tutti, altrimenti diventerebbe il teatro di un solo gruppo sociale. Noi vogliamo parlare a tutta la città; da qui la grande varietà della stagione: comico, drammatico, classico, musica».

Come interviene il Comune nella creazione della Stagione?
«Si ragiona assieme. I responsabili culturali dei vari Comuni si confrontano con noi su come strutturare la stagione. Io per lavoro vedo tanto teatro, e di volta in volta propongo i lavori che ritengo più interessanti. A sua volta, il Comune ne propone altri. Quindi vediamo se questa integrazione è funzionale e sostenibile, cercando di fare il meglio possibile dal punto di vista qualitativo, a fronte delle risorse disponibili».

Immagino che anche quest’anno la scelta degli spettacoli si sia affidata a questo criterio.
«Esatto, ma sempre tenendo alta la qualità degli spettacoli. Questo è l’obiettivo di Ater e del Comune. Ci possono essere commedie, concerti, prose contemporanee, ma la qualità deve sempre rimanere alta. Il che non vuol dire per forza fare spettacoli “complicati”, vuol dire fare le scelte giuste».

Nella stagione ho notato un debutto interessante de Le belle bandiere, Ottocento.
«Le Belle Bandiere ogni anno debuttano a Russi con spettacoli nuovi. Il legame con il territorio è forte, ed è motivo d’orgoglio della comunità ospitare due artisti così importanti. Quest’anno saranno in scena con Ottocento, un racconto fra letteratura e musica, un bellissimo gioco di citazioni di grandi classici, da Čechov a Dostoevskij, dalla Dickinson alla Brontë».

Negli ultimi anni la programmazione ha lasciato molto spazio anche per spettacoli musicali.
«Sì, un altro aspetto su cui continuiamo a insistere è la stagione concertistica, che fa da prologo alla stagione e che sta avendo grande successo. Sta diventando davvero bella, quasi eguagliando i numeri della prosa. Lo scorso concerto, “Lirico ma non troppo”, ha avuto una bellissima risposta. Continueremo con un concerto di fado, Pasion y saudade, il 6 novembre e con l’Orchestra Cupiditas il 26. Siamo riusciti a portare un’orchestra intera sul palco di Russi: è una grande vittoria per noi!».

Ci sono mai stati problemi legati alla ristrettezza del palco?
«La maggior parte delle compagnie hanno allestimenti modulari, ovvero montano a seconda di quanto è grande il palco. È ovvio che certe produzioni da teatro nazionale, non molto elastiche e che non fanno recite singole, non riescono a replicare a Russi. Ma per quanto riguarda tutte le altre produzioni, non mi è quasi mai stata rifiutata una replica per la grandezza del palco. Forse due volte in quattro anni».

Questo è il quarto anno di cura Ater. Come si è evoluta la collaborazione? E come è stata la risposta del pubblico?
«I numeri sono aumentati tutti gli anni e abbiamo registrato un aumento del pubblico. È vero, non partivamo da una situazione emergenziale. Il teatro tiene 280 posti; da 230 paganti per sera siamo passati a 260 circa. Una situazione già positiva che, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito a migliorare ancora. Se ci hanno chiamato era soprattutto per avere la possibilità di ospitare a Russi spettacoli più grandi e importanti, grazie alla circuitazione di Ater. Ma questo non vuol dire affatto standardizzare l’offerta per ogni spazio».

Come si evita questo pericolo?
«Ogni luogo ha la sua peculiarità. Le stagioni vengono costruite pensando a quella peculiarità: ci prendiamo cura di ogni spazio assieme alle amministrazioni, analizzando di volta in volta cosa funziona bene e cosa no, per capire ciò che vuole il pubblico e per proporre ciò che ancora non sa di volere. L’anno scorso abbiamo portato a Russi il teatro delle marionette di Obraszov, che ha avuto un grande successo. Due anni fa c’è stata la compagnia di balletto di Leonid Yacobson di San Pietroburgo. Quest’anno porteremo Lo zoo di vetro con Tindaro Granata, una produzione del LAC di Lugano per la regìa di Leonardo Lidi: un lavoro molto originale, diverso dagli adattamenti classici dell’opera di Williams».

Si aspetta un rinnovo della convenzione?
«La convenzione scadrà alla fine di questa stagione. Stiamo lavorando al rinnovo, ma non spetta di certo a noi decidere. Io mi auguro di portare avanti le attività, che stanno venendo bene. Abbiamo un bel rapporto con il Comune, c’è confronto e l’amministrazione è di stimolo alla stagione».

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