L’annosa questione dei candidati assessori…

Come da copione, non stanno mancando le polemiche per la presenza di assessori comunali candidati alla prossime elezioni a eventi pubblici. In particolare poi se questi eventi riguardano studenti durante l’orario scolastico (vedi Igor Gallonetto all’assemblea d’istituto del liceo scientifico, come riportato a questo link).

Ora, il tema può sembrare secondario, ma in realtà può essere utile a far riflettere sullo stato delle cose e della politica locale. La domanda da cui partire è: perché più di metà giunta è candidata al consiglio comunale, incluso lo stesso sindaco facente funzioni e assessore alla Cultura? La risposta potrebbe essere in realtà più d’una.

Per un partito minore come i 5 Stelle potrebbe essere solo il bisogno di avere almeno un volto noto in lista. Per un partito come il Pd invece la questione potrebbe essere più complessa. L’assessore che si candida al consiglio comunale infatti ha il compito (come tutti) di raccogliere preferenze e lo fa ovviamente da una posizione almeno in teoria di assoluto vantaggio rispetto ai colleghi di lista. Se è stato bravo o brava, in cinque anni ha incontrato migliaia di persone, esaudito richieste, risposto a sollecitazioni, rilasciato interviste, celebrato matrimoni. E finito in foto di ogni tipo. Dunque nome e volto sono più noti di quelli degli “oscuri” consiglieri comunali uscenti, per non parlare della gran parte di chi si candida per la prima volta. È altrettanto vero che ovviamente l’assessore in questione potrebbe non essere stato in grado di dare risposte, aver rilasciato interviste discutibili ed essere venuto male in foto. Insomma, per queste persone il voto per il consiglio comunale diventa un po’ una sorta di referendum indiretto sul loro operato, un “esame” da superare o meno. Ma un esame per cosa? Probabilmente per la riconferma in giunta. Come in effetti si potrebbe non confermare un assessore che abbia avuto tanto apprezzamento? Il che apre altre due questioni. La prima è che l’assessore non è una carica elettiva. Dovrebbero essere persone di fiducia del sindaco che risponde del loro operato e che li sceglie quindi sulla base delle competenze eccetera eccetera. La seconda è che un meccanismo come questo, se effettivamente applicato, non può che limitare la possibilità di ricambio nella giunta medesima. È un po’ come se il Pd chiedesse ai suoi assessori di farsi riconfermare al secondo mandato. Secondo mandato che in teoria dovrebbe essere il termine massimo anche per le candidature a consigliere comunale, sempre nel Pd. Ma che ovviamente prevede deroghe, per esempio quella per Sbaraglia stesso (ma anche per Molducci e il non-assessore Baldrati).

Insomma, un intreccio di questioni e in un certo senso contraddizioni che portano peraltro a pasticci inevitabili, visto che si trovano contemporaneamente in due posizioni distinte e (teoricamente) antitetiche: da un lato candidati in campagna elettorale, dall’altro amministratori tenuti al silenzio elettorale. La soluzione sarebbe così semplice, eppure…

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