«Blocco alle estrazioni disastro per tutti. E giù le mani dalle nostre cozze»

A pranzo con gli operatori dell’offshore, che difendono i pescatori Dopo le accuse di Greenpeace: «I mitili sono sani, ci sono le analisi»

«L’iniziativa conferma come l’attività di estrazione del gas in Adriatico, alla quale lavorano anche le aziende ravennati, non è ristretta alle nostre imprese, ma coinvolge pescatori, attività commerciali come alberghi e ristoranti, professionisti. La ricerca e l’estrazione del gas non può cessare a colpi di referendum, perché noi operiamo nel rispetto della sicurezza e di tutte le norme ambientali. Il blocco significherebbe un disastro economico per diverse categorie».
Così Franco Nanni, presidente del Roca (l’associazione che raggruppa le aziende del settore offshore ravennate), commenta il pranzo a base di cozze (a cui hanno partecipato anche alcuni politici del Pd tra cui il candidato sindaco Michele de Pascale) promosso mercoledì, 6 aprile, all’azienda Bambini di Marina di Ravenna, da operatori dell’offshore e associazioni dei pescatori, per fare il punto sugli effetti che il blocco dell’attività di manutenzione ed estrazione di gas produrrebbe sul tessuto economico ravennate ed emiliano-romagnolo.

«Abbiamo ormai un migliaio di dipendenti in cassa integrazione – aggiunge Nanni – tre multinazionali americane come Baker Hughes, Halliburton e Schlumberger stanno lasciando Ravenna per l’estero. Prevediamo altri 3 mila esuberi, su un totale di 6.700 dipendenti. Il Paese ha bisogno di una politica energetica decisa a livello centrale, sentiti esperti e tecnici, non affidata a un referendum».

Le cozze sono finite al centro della polemica dopo che Greenpeace ha scritto che quelle raccolte dai piloni delle piattaforme contengono metalli pesanti e sono inquinate.

Da decenni – spiegano nella nota inviata alla stampa da Roca – l’attività di raccolta di cozze è affidata a due cooperative (Conisub e La Romagnola), che occupano una cinquantina di persone. Ogni giorno escono in mare otto imbarcazioni e, grazie ai sub che scendono fino a 12-14 metri, si raccolgono circa 6 mila quintali di cozze ogni stagione; queste, poi, vengono smistate sui principali mercati nazionali a partire dalla Versilia fino a Porto Cervo.

«Il danno di immagine provocato da Greenpeace è enorme – commenta l’avvocato Marcella Pacchioli, che assiste le due cooperative di pescatori –. La nostra attività è sottoposta a scrupolosi controlli da parte degli organismi sanitari. Quindi, non può passare il messaggio che queste cozze sono inquinate. Abbiamo documenti che certificano l’esatto contrario. Le analisi dell’AUsl nel rispetto delle normative europee lo testimoniano. Le nostre cozze sono salubri e sono anche di ottima qualità, come dicono gli esperti».

I pescatori operano su 14 piattaforme Eni, che si trovano entro le 12 miglia dalla costa. Su un’altra trentina di impianti estrattivi viene effettuata la pulizia da incrostazioni, ma non c’è raccolta di mitili, perché le condizioni marine non consentono la loro crescita.

Conclude Sara Segati, biologa marina: «Qui vengono effettuati controlli assolutamente idonei, adeguati e costanti. La qualità di questi mitili è elevata e il prodotto messo in commercio è assolutamente salubre».

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