Cannabis terapeutica e dolore cronico, una trentina di pazienti seguiti dall’Ausl

Due modalità di assunzione: un decotto in acqua o latte oppure con aerosol. Il dottor Massimo Innamorato è il responsabile della rete di medicina antalgica: «Molti hanno interrotto le cure per mancanza di risultati. È un mondo ancora tutto da scoprire mentre per altre linee di terapia c’è una letteratura consolidata»

Se al medico capita di trovarsi di fronte la signora settantenne che chiede di avere la cannabis per alleviare i dolori perché ne ha sentito parlare dalla nipote, allora è chiaro quanta sia ancora la confusione sul tema dei farmaci a base di cannabinoidi. Ne abbiamo parlato con il dottor Massimo Innamorato, responsabile della rete clinica della medicina del dolore per l’Ausl Romagna. Un dato per cominciare: tra Ravenna, Faenza e Lugo sono circa una trentina i pazienti arruolati nel tempo dalla sanità pubblica per terapie di trattamento del dolore cronico con cannabinoidi. La maggior parte di loro ha interrotto il percorso perché non ha ottenuto risultati soddisfacenti. «Due-tre anni fa sembrava si fosse trovata la panacea di tutti i mali ma non è così – dice Innamorato –. C’è ancora un mondo da scoprire, come nel caso della patologia fibromialgica».

Dottore, cominciamo sgombrando il campo da possibili equivoci: i farmaci con il principio attivo della cannabis e la cannabis light sono due cose ben distinte?
«Certo. Nel secondo caso siamo più nel campo ludico se pensiamo che in alcuni negozi si trovano prodotti come le piadine. La differenza fondamentale sta nella concentrazione di Thc: in quella chiamata light siamo al di sotto dello 0,6 percento mentre in un farmaco come il Bedrocan stiamo tra il 15 e il 26 percento».

Già che ci siamo togliamo di mezzo anche l’altro equivoco: dalla piantina di canapa sul terrazzo o nell’orto non si ottiene alcun farmaco…
«Ovviamente no. I farmaci sono prodotti galenici realizzati in laboratori farmaceutici estraendo il principio attivo».

Parliamo dei farmaci. A cosa servono?
«Per il trattamento del dolore cronico generato da diverse patologie».

BedrocanChi è il paziente a cui viene proposta questa terapia?
«Si tratta di qualcuno che soffre di un dolore cronico e ha già provato altre terapie antalgiche più tradizionali ma non ha avuto benefici. Non si parte da zero con questi farmaci, nonostante capiti qualcuno che si presenta in ambulatorio la prima volta e chieda la cannabis terapeutica. Ovviamente deve essere un paziente che non abbia trascorsi di tossicodipendenza. E non è nemmeno secondaria una valutazione sulla persona che abbiamo di fronte: parliamo di prodotti che agiscono sui recettori del dolore ma si tratta pur sempre di stupefacenti. È vero che viene rilasciato il quantitativo per un mese di trattamento però dobbiamo essere certi che quella persona segua le indicazioni».

Se l’efficacia dei farmaci a base di cannabis è maggiore, perché non partire subito con questi?
«Intanto occorre chiarire che parliamo di farmaci che comportano delle controindicazioni importanti: non si può guidare e va prestata attenzione nella propria vita lavorativa. E poi stiamo parlando di qualcosa per cui ancora non c’è una letteratura consolidata».

Che percorso deve seguire il paziente arruolabile per questo trattamento?
«La prescrizione di questi farmaci può arrivare da qualunque medico, non solo un algologo del servizio ospedaliero ma anche il medico di base. Di solito però quest’ultimo si consulta con noi. Deve registrarsi sul portale del progetto Sole della Regione (rete che collega i medici e i pediatri di famiglia con le strutture sanitarie ed ospedaliere della Regione Emilia-Romagna, ndr), e a quel punto può prescrivere un piano terapeutico. Con questo il paziente si rivolge in farmacia, quelle ospedaliere o quelle private abilitate per ottenere il prodotto. Se soffre di certe patologie il farmaco è erogato dal servizio sanitario altrimenti è a carico del paziente».

Ci si può rivolgere a strutture private e poi acquistarlo a proprie spese?
«Sì, serve sempre la prescrizione di un medico. Sinceramente ho qualche perplessità su questi percorsi».

Decotto CannabisIn che forme si presentano i farmaci e come avviene l’assunzione?
«Due forme: si può fare un decotto in acqua o latte, come se fosse una bustina da tè. Oppure per inalazione in aerosol. La difficoltà principale è quella di dosare le percentuali. Per questo si stanno cercando nuove formulazioni come ad esempio la produzione di olio: qualche laboratorio privato lo sta producendo ed è molto più facile perché si tratta semplicemente di prendere un numero di gocce indicato. Di solito si consiglia l’assunzione serale, tutti i giorni o a giorni alterni in base al singolo caso. Poi mese per mese si valuta l’andamento».

Perché i pazienti lamentano la mancanza di continuità nella disponibilità del prodotto?
«Non dipende dall’Ausl ma dalla fornitura. Ma anche perché siamo in una fase davvero iniziale e ancora facciamo fatica a capire qual è la massa critica che può avere beneficio da questo principio».

Altra lamentela riguarda una presunta difficoltà nel trovare medici aperti verso questi trattamenti…
«Il medico algologo di fronte a un paziente con fibromialgia o dolore cronico ha il dovere di verificare altre linee terapeutiche. È un’indicazione che ha una logica perché altre terapie hanno studi e letterature vaste e comprovate».

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