Protocollo regionale per tutelare la maternità e la paternità sul lavoro

Sono due i casi in provincia, 52 quelli segnalati in tutta l’Emilia-Romagna. Le violazioni riguardano le lavoratrici madri, riconducibili alla mancata fruizione di congedi, riposi, permessi legati alla gestazione o alla cura dei figli

La firma del protocollo

La firma del protocollo

A Ravenna nel 2017 sono state riscontrate due violazioni da parte dell’Ispettorato del lavoro riguardo alla genitorialità sul lavoro. Si tratta di uno dei dati più bassi (solo Rimini e Reggio Emilia fanno meglio, nessuna violazione). In totale sono 52 i casi in tutta l’Emilia-Romagna: sette violazioni a Bologna, quattro a Ferrara, tre a Forlì-Cesena, 16 a Modena, nove a Parma, 11 a Piacenza, due a Ravenna. In cinque casi le domande di dimissione anticipata sono state annullate dall’organo ispettivo ministeriale).  Le violazioni riguardano le lavoratrici madri, riconducibili alla mancata fruizione di congedi, riposi, permessi legati alla gestazione o alla cura dei figli: 14 nell’ambito industriale, 4 nell’edilizia, 34 nel terziario.

Per promuovere una cultura della reciprocità, del rispetto, della valorizzazione della genitorialità anche in azienda è stato sottoscritto il protocollo d’intesa sottoscritto  in assemblea legislativa tra la consigliera di parità Sonia Alvisi, nuova figura di garanzia regionale dell’Assemblea legislativa e Stefano Marconi, responsabile dell’Ispettorato del lavoro interregionale di Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche, in collaborazione con le associazioni sindacali.

Non è un caso che questo protocollo- il cui scopo è quello di contrastare e governare le dimissioni premature dal lavoro legate all’accudimento dei figli- sia una delle prime azioni messe in campo da Alvisi, la cui funzione, prima in capo all’assessorato al lavoro, è ora collocata nell’area dei diritti del parlamento regionale: le consigliere e i consiglieri di parità, organizzati su base territoriale provinciale, si occupano di promozione delle pari opportunità, di vigilanza e rilevazione di situazioni di discriminazione di genere nel mondo del lavoro.

Sono diverse, però, le motivazioni che spingono gli uomini e le donne a presentare le dimissioni. Gli uomini, tendenzialmente, rinunciano al loro lavoro per altre prospettive occupazionali (il 72%, infatti, rinuncia per altro mestiere). Solo il 2% rinuncia per occuparsi del neonato. Percentuali, ovviamente, molto diverse se si guardano i dati femminili: il 37% delle donne, infatti, rinuncia a fare il proprio lavoro per occuparsi del bambino (vuoi per assenza di parenti che possono aiutare o per i costi troppo elevati dei nidi o perché il bambino non è stato accolto all’asilo). Solo il 27% si dimette per scegliere un altro lavoro.

Soddisfatta della firma anche la presidente della commissione di Parità Roberta Mori: “Questo protocollo ci doterà di dati sempre più precisi per capire quanto pesino le discriminazioni di genere nel lavoro. L’autonomia economica è fondamentale – spiega – e permettere alle donne e agli uomini di mantenere il proprio lavoro è una grande responsabilità che come sistema e come istituzione vogliamo e dobbiamo promuovere”.

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