«A scuola (e a casa) soli, ma insieme. Con la voglia di parlarsi grazie al digitale»

Gianluca Dradi, dirigente del Liceo Scientifico di Ravenna, guarda a come nella crisi siano riemersi il bisogno di socialità e l’importanza della solidarietà «germogli che vanno coltivati passata l’emergenza»

Avvocato, con un passato impegno in politica come amministratore, docente e oggi dirigente scolastico del Liceo Scientifico Oriani di Ravenna, tra le scuole che per prima si è distinta per l’attiva della didattica a distanza durante la crisi per l’emergenza Covid19, Gianluca Dradi, classe 1961, è una figura di riferimento, spesso parte attiva del dibattito pubblico cittadino su diversi temi anche relativi ai diritti civili.

Murales Dradi

Gianluca Dradi

«Come scriveva Alessandro Baricco su Repubblica della settimana scorsa, è arrivato il momento dell’audacia che, in questo angoscioso periodo di emergenza sanitaria, significa mettere da parte paura e pessimismo, che pure trovano presupposti razionali nel prolungarsi del blocco delle attività economiche e delle relazioni sociali, per cercare di individuare, nei comportamenti di oggi, i segni di quello che potrebbe essere il nostro mondo dopo il Coronavirus. E, direi meglio, per provare -ciascuno nell’ambito della propria attività- a spingere gli eventi di oggi verso soluzioni positive per domani.

Oggi viviamo la paura della malattia e dell’impoverimento, la tristezza per la perdita di conoscenti, la depressione derivante dal forzato e prolungato distanziamento sociale. Ma, di fronte a questo trauma, tutti stiamo reagendo e già ora assistiamo a tante forme di solidarietà e creatività.

Nel mondo della scuola, ad esempio, la grandissima parte dei docenti si è attivata nelle forme più diverse (dall’elementare messaggio whatsapp alla più complessa attività didattica telematica) per riprendere i contatti con i propri alunni; le scuole stanno prestando i personal computer agli studenti che non ne sono in possesso, molte compagnie telefoniche offrono gratuitamente un potenziamento di connettività.

Tutto questo sta avvenendo senza approcci burocratici, ma sperimentando, aggiustando il tiro via via che si incontrano problemi, in modo spontaneo e creativo.

Riemerge inoltre il bisogno di socialità, la comprensione dell’importanza della solidarietà, la voglia di scuola.

Questa stagione sta altresì offrendo l’occasione per realizzare quel fondamentale progetto di digitalizzazione della società che oggi non è ancora pienamente decollato. Ora è la cruda realtà ad imporci l’innovazione.

Ho visto, anche nella scuola, professori che non avevano mai neppure acceso la LIM, chiedere il sostegno degli esperti di informatica e, nell’arco di due giorni, imparare a fare lezione via web. Si percepisce il desiderio degli insegnanti di abbandonare ogni atteggiamento autoreferenziale per confrontarsi sull’uso dei diversi applicativi e realizzare uno scambio di esperienze e buone pratiche.

La scuola, come la sanità, sono improvvisamente percepiti da tutti come servizi essenziali, sui quali sarà necessario investire maggiori risorse. Sta crescendo la voglia di competenza, a scapito di no-vax e terrapiattisti.

Ecco, penso che sia nostra responsabilità coltivare questi germogli di positività, aiutarli a crescere e consolidarsi. E al tempo stesso chiedere alle istituzioni, passata l’emergenza, di compiere ogni sforzo per eliminare il digital divide.

Concludendo sul digitale, la docente di psicologia al MIT, Sherry Turkle, ha scritto un libro dal titolo “Insieme ma soli”, dove si analizza il fenomeno per cui sempre più spesso persone sedute l’una accanto all’altra sono concentrate sul proprio smartphone: vicini ma soli. Perennemente connessi ad una realtà artificiale, preferita alla dimensione reale; isolati pur di non affrontare la difficoltà dell’incontro tra persone fisiche. Ed ovviamente perdendo la ricchezza di questo rapporto.

Ebbene, sembra che oggi il fenomeno possa essere letto in modo opposto: non “insieme ma soli”, bensì soli – perché costretti a casa – ma, grazie ai device elettronici, insieme. Con la voglia di parlarsi, seppure a distanza.

Domani è un altro giorno, sta a noi agire per renderlo migliore».

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