Dradi: «Alle scuole superiori sarebbe meglio un biennio comune per tutti» Seguici su Telegram e resta aggiornato Il dirigente scolastico ravennate ha lasciato l’incarico al liceo artistico e ora lavora al ministero dell’Istruzione dove si occupa ora di internazionalizzazione. È stato tra i primi in Italia a introdurre la carriera alias per gli studenti che non si riconoscono nell’identità corrispondente al sesso biologico: «Strumento che evita inutili sofferenze» Gianluca Dradi è stato preside del liceo scientifico Oriani di Ravenna per nove anni prima di diventarlo al liceo Artistico nel 2021. Il suo nome è stato spesso associato a iniziative di innovazione e inclusione nelle scuole che ha diretto: dalla scelta di non cancellare una scritta sul muro di via Oberdan che lo “accusava” di essere gay, cogliendo l’occasione per affrontare laicamente il tema e far realizzare un murales (nella foto), alla carriera alias al liceo artistico dove nell’ultimo anno ha fatto anche allestire una nursery per permettere a una studentessa madre di poter portare a termine gli studi con il suo piccolo. Ora è a Roma per un incarico di calibro nazionale. Preside, di cosa si sta occupando a Roma? Perché ha scelto di lasciare l’incarico da dirigente? Stanco della vita della scuola? «Avevo partecipato lo scorso anno a una procedura selettiva bandita dalla Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici del ministero dell’Istruzione e del Merito. Oggi sono quindi a Roma, assegnato all’Ufficio che si occupa dell’Internazionalizzazione del sistema di istruzione. Non ero stanco della vita della scuola, ma curioso di vedere il funzionamento del sistema scolastico da un altro punto di vista. Spero, con questa esperienza temporanea, di ampliare le mie competenze». Che cosa significa internalizzazione del sistema scolastico? «Significa una serie di attività collegate al coordinamento del sistema della formazione italiana nel mondo. Io mi occuperò principalmente del riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero; al riguardo ci sono diversi problemi relativi a titoli di abilitazione sulla materia e sul sostegno conseguiti da cittadini italiani in alcuni Paesi europei con relativo imponente contenzioso». Si dice spesso che rispetto ad altri modelli, quello italiano sia ormai superato perché troppo rigido nella divisione tra tecnici, licei, professionali. Qual è la sua opinione dopo tanti anni nel mondo della scuola? «Al ministero si sta lavorando a un restyling della filiera tecnico-professionale a partire dall’anno scolastico 2024/25. Il sistema di un “doppio canale” nell’istruzione secondaria superiore, cioè un indirizzo di studi più teorico e uno di tipo professionale, è quello prevalente in Europa e credo sia necessario. Piuttosto io vedrei opportuno, nella scuola secondaria superiore, un primo biennio comune per favorire i riorientamenti degli studenti: oggi sono tanti quelli che, dopo aver scelto un indirizzo di studi, vogliono passare ad altro perché ritengono di aver errato la scelta, ma il passaggio non è agevole perché le discipline di studio sono diverse. Trattandosi del segmento della scuola dell’obbligo sarebbe utile che tutti gli studenti ricevessero la medesima istruzione, o quantomeno che le ore dedicate alle discipline comuni fossero maggiori rispetto ad oggi, per poi “specializzare” il percorso negli ultimi tre anni». Si potrebbero così forse evitare tanti “errori” nelle iscrizioni? I numeri di ragazzi che cambiano scuola sembrano in aumento e sentiamo sempre più parlare, non a caso, di orientamento… «Si, appunto. Sull’orientamento è da poco stata varata una riforma, prevista dal Pnrr, con l’obiettivo di rafforzare il raccordo tra primo e secondo ciclo, di contrastare la dispersione scolastica e favorire l’accesso all’istruzione terziaria. Proprio quest’anno scolastico vedrà l’entrata in funzione dei docenti tutor, col compito di aiutare studenti e famiglie nei momenti di scelta formativa e nella comprensione delle attitudini degli alunni. Sarà interessante vedere se funziona». Le cronache ci raccontano di ragazzi sempre più fragili, in difficoltà ad affrontare anche i “normali” fallimenti della scuola: è anche la sua esperienza? I sistemi di valutazione andrebbero rivisti? E quale dovrebbe essere il ruolo della famiglia rispetto alla scuola? «Indubbiamente in questi ultimi anni la fragilità è aumentata: molti più studenti, rispetto al passato, faticano ad affrontare le frustrazioni, i giudizi degli altri, gli errori. È sempre più frequente incontrare studenti con problemi di depressione, ritiro sociale, disturbi alimentari. Difficile spiegare il fenomeno, anche se io penso che giochi un ruolo importante il fattore famiglia, nel senso che il modello di rapporto genitori-figli è oggi guidato dall’idea di assicurare la felicità dei figli e ciò spesso significa proteggerli dalle avversità e da tutto ciò che può recare dolore. Da qui deriva anche la modifica del rapporto scuola-famiglia: un tempo c’era alleanza, oggi c’è spesso conflittualità perché a scuola gli studenti sono valutati e quando il giudizio non è positivo la famiglia spesso contesta, per “proteggere” il figlio dal dolore. Ma così i ragazzi non crescono e non imparano ad affrontare le difficoltà, gli ostacoli che inevitabilmente si incontrano nel percorso di vita. Inoltre ai ragazzi di oggi, e non per loro responsabilità, manca una prospettiva di futuro positivo; ai miei tempi era abbastanza scontato che, impegnandosi un po’ con lo studio, la situazione sociale sarebbe stata migliore rispetto a quella dei propri genitori. Oggi non è più così e l’assenza di fiducia nel futuro schiaccia sul presente rendendo più difficile sopportare le difficoltà». Tra i suoi tanti meriti come dirigente scolastico c’è stato quello di aver introdotto, tra i primi in Italia, il regolamento per la carriera alias al liceo artistico di Ravenna che è ancora per la verità un fatto piuttosto raro. A oggi, in città solo l’istituto professionale Callegari-Olivetti ha “seguito” l’esempio. FdI, partito di governo, sta presentando mozioni in alcuni consigli regionali per vietarlo. Teme che si potrebbe arrivare a un simile provvedimento da parte del governo? «Il regolamento sulle carriere alias è stato adottato a Ravenna anche dall’istituto comprensivo Ricci-Muratori e, a Faenza, dal liceo Torricelli-Ballardini. È uno strumento di inclusione utile per evitare inutili sofferenze a quelle persone che non si riconoscono nell’identità corrispondente al sesso biologico. Io penso che sia un modo di dare attuazione concreta ad alcuni doveri che la scuola ha, come quello di promuovere la salute (tra i cui determinanti vi è l’ambiente sociale), prevenire il bullismo, prevenire la violenza di genere ed ogni forma di discriminazione, contrastare la dispersione scolastica. Sono tutti doveri previsti da norme nazionali. Aggiungo che nella raccomandazione del consiglio europeo del 28 novembre 2022 si suggerisce, al fine di ridurre l’abbandono scolastico, di “favorire il benessere dei discenti e creare un ambiente sicuro per il dialogo su questioni controverse”: l’istituto delle carriere alias, che consente nei documenti interni alla scuola di utilizzare il nome elettivo dello studente trans, è un’applicazione di questi principi. Peraltro nel recentissimo contratto collettivo di lavoro della scuola l’istituto è previsto anche per il personale scolastico. Sono felice che l’esperienza del Liceo possa essere di ispirazione anche per altre scuole, pensi che il 2 ottobre sono stato invitato dall’Ordine degli Avvocati di Firenze a parlare di questa esperienza». Total1 0 1 0 Forse può interessarti... Il Comune organizza 4 assemblee pubbliche per parlare di alluvione e indennizzi Frazioni del comune di Ravenna pronte per l'evacuazione. 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