Un ravennate nella Ducati iridata: «Siamo artigiani dell’innovazione»

Davide Tardozzi è il team manager: «Tutte le novità in MotoGp degli ultimi anni vengono da noi. Per la vittoria è stata fondamentale una scelta di Bagnaia fatta prima del Mondiale»

Bagnaia Moto Ducati

Francesco Bagnaia, campione del mondo in MotoGp con la Ducati, è nato a Torino nel 1997. Il soprannome Pecco è come lo chiamava la sorella da bambino

Nella vittoria mondiale di Francesco Bagnaia con la Ducati in MotoGp – tredici anni dopo l’ultimo italiano (Valentino Rossi), 15 anni dopo l’ultimo ducatista (Casey Stoner) e 50 anni dopo l’ultimo italiano su moto italiana (Giacomo Agostini-Mv Agusta) – c’è lo zampino anche di un ravennate. «Ogni tanto parlo anche in dialetto romagnolo nel box»: l’ex pilota Davide Tardozzi, nato e tutt’ora residente a Ravenna, da otto anni è il team manager del reparto corse della rossa nella classe regina del motomondiale. «Io sono il ragazzo del box», aveva sintetizzato il 63enne con ironia in un’intervista di qualche tempo fa per definire il suo ruolo accanto a Luigi Dall’Igna (direttore generale) e Paolo Ciabatti (direttore sportivo). Li chiamano il triumvirato di Borgo Panigale.

Tardozzi, com’è il suo weekend classico quando si corre?
«Arriviamo sulle piste già il mercoledì, in totale ci spostiamo in circa 60 persone. Tengo i rapporti istituzionali con l’organizzatore e il gestore del campionato. Il mio compito principale è la gestione del box e dei meccanici e tutto quello che gira attorno ai mezzi. Vedere 5-6 persone che si muovono attorno a una moto è il film più bello di questo sport: le moto sono piccole ma sono talmente sincronizzati che nessuno disturba l’altro».

Per lei è il primo mondiale piloti con la Ducati in MotoGp ma in passato diversi titoli iridati in Superbike. È lei che ha il tocco magico?
«Aver vinto in entrambi i contesti è senza dubbio una soddisfazione ma non c’è mai solo un nome nel merito della vittoria di una squadra. Siamo un gruppo di persone dove ognuno conosce il suo orticello in cui muoversi e fa squadra con chi ha accanto».

La Ducati ci riesce perché conserva ancora un approccio artigianale?
«Artigianato è la parola giusta ed è sicuramente una nostra capacità rispetto alle fabbriche di moto giapponesi. Dalla nostra parte abbiamo l’innovazione. È una grande soddisfazione poter dire che vengono da noi tutte le novità entrate in MotoGp negli ultimi 6-7 anni».

E gli altri copiano?
«Alla fine fa piacere, è stimolante per cercare nuove strade».

Alcune innovazioni, come le ali aerodinamiche, hanno fatto anche discutere…
«All’inizio gli avversari le criticano provando ad accusarci di infrazioni al regolamento, poi si rendono conto che sono regolari e non resta che adeguarsi. In fin dei conti il paddock è un paesone di 1.500 persone e in paese la gente mormora».

Lo straordinario 2022 è il traguardo di un percorso che per lei è iniziato nel 2014. Erano questi i tempi che aveva in mente?
«Diciamo che speravo di vincere un po’ prima e nel 2017 o 2018 ci siamo andati vicino. Però, senza cercare scuse, dobbiamo riconoscere che in quegli anni siamo riusciti a tenere in gioco il titolo pur con un Marquez straordinario, un fenomeno degli ultimi 50 anni».

A metà stagione, il 19 giugno dopo il Gp di Germania, Bagnaia aveva 91 punti in meno di Quartararo. In quel momento credevate possibile la rimonta?
«Sono sincero: quando Pecco è caduto al Sachsenring ho detto “e anche quest’anno arriviamo secondi”. Però la forza di un gruppo è quella di continuare a crederci sempre, facendosi forza a vicenda. La vittoria nella gara successiva in Olanda ci ha subito ridato morale».

Quindi anche in un mondo dove la tecnologia è all’estremo e si contano i millesimi di secondo, alla fine la differenza la fa l’aspetto mentale?
«Sì. Il distacco di metà stagione poteva essere psicologicamente devastante. I piloti hanno istinti animaleschi e devono capire che il gruppo attorno è con loro. E così è stato».

Ducati Moto Campione Box

Festeggiamenti ai box della Ducati per il titolo iridato

A proposito di sintonia tra pilota e scuderia, nello sviluppo della Desmosedici si è detto che è stata importante una valutazione fatta da Bagnaia nell’ultimo test prima del mondiale. Cos’è successo?
«Da Pecco è arrivata una richiesta forte e perentoria, è stata una sua scelta strategica fatta a 15 giorni dall’inizio del campionato. Non è una cosa comune tra i piloti. E la squadra che credeva in lui lo ha seguito e in 10 giorni ha rivoluzionato le cose. Ci vogliono gli attributi da entrambe le parti: dal pilota che si prende questa responsabilità e dal team che lo asseconda».

Bagnaia ha le carte in regola per aprire una striscia rossa di successi?
«È quello che vorremmo. Soprattutto puntiamo a essere protagonisti il prossimo anno fin dalla prima gara, con meno problemi a inizio stagione».

La storia di Bagnaia è quella di un pilota che a un certo punto sembrava un po’ in ombra. La Ducati ci ha creduto sempre?
«Abbiamo visto qualcosa in lui fin dalla Moto3 e lo abbiamo confermato a inizio 2018 quando non aveva ancora vinto il Mondiale in Moto3».

Come si capisce se un pilota ha del manico e vale la pena aspettarlo?
«Pecco in Moto3 vinceva gare con la moto peggiore del gruppo. E poi bisogna investigare sui piloti fuori dalla pista. Il talento ce l’hanno in tanti, qualcuno lo mette a frutto meglio di altri. Un esempio: una decina di anni fa iniziamo a seguire Marco Bezzecchi nelle minimoto. Andava più piano degli altri ma quando finivano le gare lui continuava ad allenarsi mentre i suoi coetanei si mettevano a giocare con le impennate. Ora Bezzecchi è in MotoGp, aveva voglia di arrivare».

Al netto dei venti viaggi in giro per il mondo in nove mesi, vive ancora a Ravenna?
«Da sempre, mai andato via. Perché in estate ogni volta che posso metto le ciabatte e il costume e vado al mare. A Ravenna sono venuti ad abitare anche altri del team, un ingegnere di Torino e un meccanico di Livorno. Poi abbiamo un ingegnere di Forlì. Così se parlo in dialetto nel box qualcuno mi capisce. Quando festeggiamo le vittorie a un certo punto qualcuno mette su “Romagna Mia” e io parto».

Ravenna è la città di Marco Melandri. Il territorio offre altri nomi in questo momento?
«C’è tanta passione ma dubito che nel breve periodo ci possa essere qualcuno al livello della MotoGp. Se guardiamo ai team bisogna fare i complimenti a Evan Bros che sta facendo un ottimo lavoro».

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