Marco Melandri ha detto basta con le moto: «Non mi divertivo più, era solo stress»

Il 38enne ravennate sembrava aver chiuso la carriera nel 2019 poi è tornato in Superbike quest’anno a stagione in corso ma dopo quattro gare il ritiro definitivo. Nel 1997 la prima volta in un Mondiale: «Oggi pochi sponsor, ce la fa chi ha già i soldi»

Melandri Barni Superbike Ducati

(foto dai profili social di Marco Melandri)

«Per uno che veniva dal quartiere di via Gulli a Ravenna, e partiva da niente, era abbastanza improbabile riuscire a fare qualcosa di buono». Invece Marco Melandri, oggi 38enne, è diventato campione iridato di motociclismo (2002) e l’italiano più vincente in Superbike. Per oltre vent’anni il ravennate ha sgommato sulle piste in giro per il mondo: tra Motomondiale e Superbike 416 gare con 44 vittorie e 137 podi. Sul circuito di Aragon a settembre è salito in sella per l’ultima volta poi ha detto basta e ha chiuso la carriera.

Melandri, cominciamo dalla fine: l’esperienza con il team Barni in Superbike. A Jerez a inizio agosto il ritorno in pista e l’addio quattro gare dopo. Cos’è successo?
«Non ho mai avuto sensazioni buone, non mi sono mai sentito a mio agio sulla moto. Recuperare in gara senza fare test è difficile ed era troppo stressante».

Sembrava aver chiuso la carriera a fine 2019 e in una intervista aveva già detto di sentirsi rinato e dormire meglio la notte…
«È vero che dormivo meglio. E appena sono tornato a correre ho ricominciato di nuovo a non dormire come prima, ero tornato per divertirmi e invece era solo stress…».

E allora tocca chiederlo: ma chi glielo ha fatto fare?
«L’adrenalina della gara è una cosa fondamentale per chi fa il pilota e quando ho smesso mi è sembrato di ritrovarmi in una vita un po’ piatta. Quando ho visto che il calendario del 2020 aveva poche gare fuori Europa mi è sembrata l’occasione perfetta per me che non volevo stare lontano da casa per periodi lunghi. Poi ero curioso di provare la Ducati V4 (la sua Panigale del 2018 andò all’asta per 50mila euro, ndr). Invece ho capito di non avere più gli stimoli per ripartire da zero».

Motociclismo Marco Melandri box team Barni

Marco Melandri nel box del Team Barni: 4 prove sulla Ducati nel 2020 per il centauro di Ravenna (foto dai profili social del pilota)

La voglia di stare in famiglia è stata uno dei motivi per interrompere?
«Di sicuro non ho più voglia di stare via da casa per periodi lunghi. Mia moglie (la modella Manuela Raffaetà, ndr) era d’accordo quando ho deciso di ricominciare e ha sempre rispettato il mio lavoro, del resto ci siamo conosciuti al Motorshow di Bologna nel 2005. In ogni caso avrei fatto solo quest’anno, anche se in pista avessi avuto sensazioni giuste».

E quindi con questa appendice extra si chiude definitivamente la carriera in pista. Ogni pilota sa che questo momento prima o poi arriverà ma com’è viverlo davvero?
«Psicologicamente mi sento molto sereno. Dico la verità: mi sentivo scomodo, non vedevo l’ora di tornare a casa».

Facciamo un po’ di bilanci. Mettiamo in fila i momenti più belli?
«Il più bello direi il periodo nel team Gresini (MotoGp dal 2005 al 2008, ndr): Fausto è una persona spettacolare, ci sono arrivato dopo un anno difficile con la Yamaha e lui ha lottato per avermi in squadra. Siamo cresciuti tanto insieme e credo avremmo meritato qualcosa in più di quello che abbiamo ottenuto».

Cosa è mancato?
«Secondo me in tante gare potevamo fare molto di più ma non ci è stato permesso. Mi ricordo nel 2007: la scelta delle Bridgestone fu una mossa azzeccata e la Honda ci aveva promesso un trattamento da team ufficiale, invece non è successo così. Poi da metà stagione ci hanno dato gli stessi sviluppi e siamo andati sempre a podio».

Manuela Raffaetà

Marco Melandri con la moglie Manuela Raffaetà: i due si sono conosciuti al Motorshow di Bologna nel 2005 (foto dai profili social della modella originaria del Trentino)

I momenti più brutti quali sono stati?
«Tante volte mi sono trovato nel posto giusto al momento sbagliato ma quello mi ha portato a maturare. Ad esempio se penso ai Mondiali persi nel 1999 e nel 2012 ho sempre saputo perché non è andata bene ma erano successe cose che non potevo controllare».

C’è un motivo per la scelta del numero 33 con cui ha corso tutta la carriera?
«Se lo ruoti di 90 gradi sembrano due emme che sono le mie iniziali».

Se non avesse fatto il pilota?
«Non ho mai avuto tempo per chiedermelo».

Nel 1997 all’età di 15 anni l’esordio in un motomondiale a Brno, nel 2002 il primo Mondiale vinto, nel 2020 l’ultima volta in sella. Come è cambiato questo sport in più di vent’anni?
«Io sono stato fortunato a vivere un’epoca di questo sport in cui riuscivi a essere aiutato anche senza possibilità economiche. Adesso invece è difficile trovare sponsor e devi avere soldi di famiglia. Ma partire con le spalle coperte non è un bene perché devi avere fame, devi rialzarti quando cadi, in tutti i sensi».

Che fine hanno fatto gli sponsor?
«Oggi anche le aziende che stano bene hanno paura a impegnarsi perché da fuori chi sponsorizza viene visto come qualcuno che ruba e non come qualcuno che sostiene lo sport e il divertimento».

Nel 1997 con la Honda l'esordio nel motomondiale per Marco Melandri: aveva 15 anni

A Brno il 31 agosto 1997 un 15enne Marco Melandri fa il suo esordio in un motomondiale: classe 125, con la Honda per sostituire l’infortunato Mirko Giansanti (foto Ig @marcomelandri33)

C’è qualche ricordo della carriera legato in particolare a Ravenna?
«A Ravenna sono nato e tutta la prima parte della mia carriera è stata lì, a partire dalle gare con le Bmx sulla pista al Gallery o alla Campaza. Per uno che veniva dal quartiere dalla Gulli e partiva da niente era abbastanza improbabile riuscire a fare qualcosa di buono e invece è stata una soddisfazione. Ora vivo in Trentino ma più o meno una volta al mese torno a Ravenna».

A proposito di Ravenna, ci sono nuove leve promettenti?
«Federico Caricasulo non è più un bambino (24 anni, ndr) ma ha buone possibilità, ci conosciamo bene anche perché suo padre è stato un mio insegnante a scuola… quanto era cattivo».

Cosa vuole fare da grande?
«Io vorrei restare bambino e mi sembra che ci sto riuscendo perché ho quasi 40 anni ma me ne sento 15. Adesso sto vivendo la nuova esperienza come commentatore delle gare di MotoGp con Dazn e mi sto divertendo. Di solito lavoravo in ambienti dove ero il più giovane e invece adesso il mio capo ha 7-8 anni meno di me: sono un po’ un fratello maggiore a cui chiedono consigli e mi piace».

Com’è iniziata la collaborazione?
«Quando mi hanno chiamato la prima volta ho detto no senza ascoltare la proposta perché mi ero promesso di staccare la spina. Poi si è fatto avanti Niccolò Pavesi e ho capito che potevo lavorare con loro nel modo che piace a me: racconto le gare dal punto di vista del pilota senza dare giudizi. Poi posso farlo senza viaggiare troppo: commento le gare da uno studio a Milano».

Marco Melandri pilota nato a Ravenna

(foto dai profili social di Marco Melandri)

Bisogna allenarsi anche per questo?
«Durante il lockdown ci siamo allenati un po’ facendo telecronache di vecchie gare, ma il miglioramento viene solo con l’esperienza: adesso mi sento già più sciolto».

Da commentatore bisogna anche valutare gli ex colleghi: Valentino Rossi fa bene a voler continuare anche nel 2021?
«Visto come sta andando quest’anno direi di sì. Se si diverte ed è competitivo è giusto che continui. Certo che fa effetto vedere dei podi con piloti che sono nati due anni dopo l’inizio della carriera di Valentino. Di sicuro per la visibilità è meglio un Mondiale con un Rossi che arriva quinto-sesto piuttosto che un Mondiale senza Valentino».

Non resterà nel giro con qualche altro ruolo più tecnico o gestionale?
«No. Non ho mai capito perché i piloti che smettono vanno a fare tutto quello che odiavano da piloti. Il team manager ad esempio è una figura che si ritrova in mezzo alla burocrazia e con cui il pilota spesso litiga. Mi piacerebbe fare l’ingegnere di pista perché la meccanica mi piace ma c’è da stare 10-12 ore in garage e non ne ho voglia».

Marco Melandri Team Barni Ducati V4 Sbk 2020

(foto dai profili social di Marco Melandri)

Investimenti in altri settori? Come procede il sito di e-commerce con sua sorella?
«L’abbiamo chiuso. Era diventato troppo complicato. In Italia se vuoi provare a lavorare sembra che tu stia facendo un dispetto a qualcuno. La burocrazia ha costi inaffrontabili e mi sono reso conto che a volte il modo migliore per perdere soldi è lavorare».

Adesso va ancora su due ruote ma a pedali…
«Mi sono appassionato alla mountabike da enduro. Tempo fa ho partecipato a una garetta di esibizione e mi sono divertito. E anche un modo per muoversi con la famiglia: andiamo alle gare in camper, siamo in mezzo alla natura e ci divertiamo».

Nel suo profilo Instagram dice “ambassador del Trentino”. Non è strano per un ravennate?
«Mia moglie è trentina. Ci siamo trasferiti quando nostra figlia ha cominciato l’asilo perché ci piaceva l’ambiente. Ma già frequentavo le zone ed è nato il contatto con i ragazzi del marketing della Regione Trentino che sono giovani e appassionati. È cominciato per gioco e ora continua, soprattutto con il discorso delle corse in bici che sono più green rispetto alle moto. L’Emilia-Romagna non me l’ha mai proposto».

L’influencer sarà il suo nuovo mestiere?
«Non è che mi ci ritrovi molto. È una vita parallela ma non è quella reale. Vedi persone che sui social sono sempre allegre poi li incontri di persona e ti chiedi se sono un parente di quelle felici. Quelli del marketing me lo dicono sempre che dovrei fare più foto quando giro in bici, ma non mi viene di fermarmi e tirare fuori il telefonino…».

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