lunedì
16 Giugno 2025
post alluvione

«La colpa è del cambiamento climatico. Il rigassificatore peggiorerà la situazione»

L’attacco di Anna Fedriga, portavoce ravennate di Fridays for future

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La 23enne Anna Fedriga è la portavoce a Ravenna di Fridays for future, il movimento internazionale di protesta che chiede una giustizia climatica con azioni politiche che prevengano il riscaldamento globale.

Anna, quando hai iniziato a partecipare agli scioperi per il clima e come è nata la tua passione per la difesa dell’ambiente?
«Il primo sciopero a cui ho partecipato è stato quello del 15 marzo 2019, il primo a tenersi in città. La difesa dell’ambiente e la lotta al cambiamento climatico è stata sempre una cosa che mi ha interessato. Credo che tanti della mia generazione ci siano cresciuti con questa consapevolezza. Le cose poi si sono concatenate da sole: era il periodo in cui la lotta di Greta era più visibile e con un gruppo di amiche e amici abbiamo deciso di fare la nostra parte».

Da quanto tempo siete attivi come gruppo? Quanti siete?
«A Ravenna da quattro anni. Eravamo studenti e studentesse delle superiori, poi con il tempo si sono aggiunte altre persone. Ad oggi del gruppo organizzativo a livello comunale siamo in sei-sette, però poi con gli scioperi raccogliamo più gente, anche se non come con i primissimi».

Veniamo alla questione più attuale. Cosa ne pensate del disastro dell’alluvione in Romagna? Si poteva evitare?
«La causa primaria chiaramente è il cambiamento climatico. Alla fine siamo arrivati al punto in cui ne sentiamo veramente, tangibilmente e in maniera massiva le conseguenze. Il clima in Italia si sta sempre più tropicalizzando, abbiamo avuto una lunghissima siccità e poi delle piogge di una mole che tutti hanno riconosciuto come assolutamente atipica e inedita. Questa di sicuro è la prima causa; ce ne sono poi tantissime altre più contingenti, come la mala gestione del suolo, soprattutto in Emilia-Romagna, ma anche problemi di manutenzione alla rete fognaria, come accaduto a Faenza. Se continuiamo a mettere del cemento per terra, la terra l’acqua non la può più prendere. Quanto accaduto dovrebbe “svegliare” chi – soprattutto i potenti – ancora si rifiuta di crederci, ai cambiamenti climatici. Sono già qui. Ora bisogna lavorare per non farli arrivare oltre, perché quello che ci aspetta in futuro, purtroppo, è questo».

Che giudizi avete della politica locale?
«C’è un’attitudine ridicola e pericolosa del sindaco De Pascale in primis, ma anche di tutti i suoi “compagni”, di dare la colpa agli ambientalisti che non vogliono togliere le nutrie e gli alberi dai fiumi. Come se non fosse lui a decidere alla fine quello che si fa in Comune, come se gli ambientalisti avessero tutti questo potere decisionale. Bisogna guardare in faccia le proprie responsabilità e prendersele. Il fatto che adesso stiano giocando a scarica barile è veramente becero. Dicono ad esempio che siamo noi quelli meschini a manifestare, quando in realtà le manifestazioni erano programmate da mesi. È accaduto a Faenza con la prima alluvione, in cui c’era già una manifestazione nazionale contro il rigassificatore programmata e ovviamente l’abbiamo usata anche come occasione per parlare della questione».

Il Comune di Ravenna non fa abbastanza per la tutela dell’ambiente secondo voi?
«Le politiche più progressiste dal punto di vista ambientale di De Pascale sono, per così dire, “pop”, tali da poter essere racchiuse in un piccolo slogan. Per esempio, nelle scuole ora ci sono le fontanelle dell’acqua, che è una cosa bellissima, però allo stesso tempo il problema credo sia altrove. Le politiche locali sul clima e sull’ambiente non sono politiche strutturali, veramente impattanti e che abbiano un vero peso, o comunque quelle che ci sono sono insufficienti. Per un progetto Agnes che viene portato avanti ci sono una sfilza di altri progetti “omicidi” che vengono promossi con molta più foga e convinzione perché portano soldi e voti».

Parli del rigassificatore, immagino…
«Esatto, che altro non è che un impianto che ci terrà legati per altri 25 anni ai fossili, una fonte energetica che ci sta letteralmente uccidendo non soltanto a lungo termine, ma anche nell’immediato: la Pianura Padana è una delle aree più inquinate in generale dove ci sono più tumori alle vie respiratorie, problemi cardiovascolari legati alla qualità dell’aria. È assurdo che si voglia puntare su un impianto del genere in una città come Ravenna, che sappiamo da decenni essere una di quelle che andrà sott’acqua nel 2050».

Come giudichi invece la partecipazione dei giovani? Sono più sensibili riguardo alla lotta al cambiamento climatico o c’è ancora disinteresse?
«Noi un po’ ci siamo cresciuti con questa consapevolezza. Ci sono persone che ci credono di più, altre che ci credono di meno, altre ancora che non ci credono per nulla purtroppo. Questo dipende da tantissimi fattori come l’educazione e il percorso che ognuno di noi fa. Penso che ci sia una base molto più solida rispetto alle generazioni precedenti, una consapevolezza più radicata. Credo però che ci sia anche da un lato un po’ di saturazione, dall’altro una difficoltà di guardare in faccia il problema, perché fa paura: noi sappiamo che è una cosa che ci colpirà direttamente, inciderà sulle nostre vite in maniera potente e incontrollata, ci sentiamo destinati. Penso che questo faccia molta paura e in alcuni casi scatta un meccanismo di rimozione. In generale, però, c’è un’ottima consapevolezza e un certo malcontento anche tra i non attivisti».

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