Nei primi trent’anni del nuovo secolo, Ravenna avrà avuto due soli vicesindaci, repubblicani. Prima Giannantonio Mingozzi, che è appena stato eletto per la seconda volta anche in consiglio comunale e per la seconda volta rinuncerà perché non gli interessava in realtà fare il consigliere comunale. Poi Eugenio Fusignani. Tre mandati a testa, in un’epoca in cui si è spesso gridato al rinnovamento a tutti i costi, per una piccola-grande eccezione tutta ravennate (è bene sottolinearlo, con il beneplacito del Pd ovviamente). E con a sua volta una piccola-grande eccezione, di qualche mese, quando il vicesindaco sarebbe dovuto diventare effettivamente sindaco, non essendoci più il sindaco (quando De Pascale è stato eletto in regione). A quel punto, però, piuttosto che un sindaco repubblicano, il Pd ci ha messo un suo assessore. Lo stesso che – dopo aver fatto appunto il vicesindaco e il sindaco facente funzioni – ora rientra in giunta come semplice assessore. Con Fusignani che, naturalmente, essendoci ora un sindaco, rientra di nuovo da vicesindaco, come se nulla fosse. Tutto molto logico, no?
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