128 – Scarpe arancioni, lustrini orientali e vizi segreti

San Apollinare Nuovo VerginiNon si può certo affermare che Hippolyte Adolphe Taine, storico e filosofo francese, non fosse un uomo di ampia cultura, tanto da essere definito una delle figure più rappresentative del mondo culturale europeo del XIX secolo. Eppure non fu assolutamente in grado di cogliere la profonda bellezza dei mosaici ravennati. Nella sua opera Voyage en Italie, edita nel 1866, non ebbe certo parole lusinghiere per l’antica arte della città di Ravenna. Ricordando le processioni della Basilica di Sant’Apollinare Nuovo ebbe a dire che i mosaicisti «da artisti sono divenuti operai e in questa caduta ogni giorno più profonda hanno dimenticato metà della loro arte. Non colgono più le differenze tra gli uomini, riproducono venti volte di seguito lo stesso gesto e lo stesso abbigliamento; tutte le loro vergini non fanno altro che portare una corona e avanzare con un’aria immobile, tutte con una grande stola bianca, per soprabito un drappo a righe d’oro, o ornate come stoffe cinesi, un gran velo bianco sulla testa, scarpe arancioni, in breve l’antico costume greco allungato in foggia monastica e ricamato con lustrini orientali. Nessuna fisionomia; spesso i tratti del viso sono primitivi come nei disegni dei bambini […]. Non hanno più movimento, non hanno più volontà, non hanno più pensiero, non hanno più anima; non sanno reggersi in piedi, quantunque in piedi. Fanno pensare a vizi segreti, tanto è visibile il loro essere esangui e non vitali». Fortunatamente, la storia non gli ha dato ragione.

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