288 – Capre e cornacchie nella pineta di Dante

288) PINETA YRIARTEAnche Charles Yriarte, al pari di tanti altri viaggiatori ottocenteschi che visitarono Ravenna, rimase affascinato dalla sua pineta e dalle memorie che essa custodiva a partire da quella di Dante che nel XXVIII canto del Purgatorio ne aveva ricordato la bellezza.
Nel 1883 darà alle stampe i suoi resoconti di viaggio in una pubblicazione intitolata Le rive dell’Adriatico e il Montenegro dove descriverà la pineta ravennate con intense e liriche parole: «La Pineta non ha nulla di cupo né di terribile, e fa pensare al genio di Dante unicamente per la grazia di alcuni epiteti squisiti e di certi episodii pieni di sentimento. Ci andai di primavera, in una di quelle splendide mattine in cui vi sentite avvolgere e accarezzare da un’aria soave; i tappeti di musco, fitti sotto il piede, erano smaltati di fiori; dai biancospini venivano de’ canti d’uccelli, l’aria era tutta imbalsamata di profumi portati dai venti dell’Adriatico passando su quelle dense macchie di ginepro e d’erbe aromatiche; la solitudine non era turbata che da alcune capre internate in mezzo ai cespugli e dal gracidar delle cornacchie. Un solo albero, sempre identico, il pino parasole, cresce sopra una lunghezza di parecchie leghe, senza lasciar larghe radure. Con tutto ciò, la selva non è punto monotona, e presenta un non so che di inatteso nell’aspetto; a luogo a luogo, delle vendite, dove stanno accatastate delle legne tagliate regolarmente, e de’mucchi di cenere circolari, indicano un’industria forestale sistemata».

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