93 – Ravenna sepolta

Ravenna

La copertina del volume

Nel 1927, per la Società Tipo-Editrice Ravennate e Mutilati, si pubblicava una breve monografia dal titolo Ravenna sepolta. Per la zona archeologica a Ravenna e a Classe, che aveva lo scopo di puntare l’attenzione, con toni anche polemici, sugli scavi archeologici nel territorio ravennate.
Nella prima parte, dopo aver dato conto degli scavi legati alla Basilica della Santa Croce, si auspicava «l’esplorazione del quartiere dell’addizione onoriana», mentre nella seconda l’interesse era rivolto alla zona archeologica di Classe nella quale «il piccone, senza grande dispendio, perché i musaici di frequente son toccati dagli aratri che solcano i prati a nord della basilica, potrebbe svelarci il fascinante mistero dell’oppido». Assolutamente da leggere l’introduzione, così retorica: «La civiltà che fece grandissima Ravenna non ha lasciato fino a noi altri segni se non quelli che fiammeggiavano all’interno delle basiliche o dei mausolei. Basiliche e Tombe; battisteri ed urne marmoree. Le immagini impalpabili di un aldilà misterioso ed il sigillo inesorabile della morte. La caducità umana e la divina eternità par che si tocchino, qui, dove le civiltà e gli uomini-simboli di civiltà vennero a spegnersi come per un destino inevitabile. Tragica è la solitudine in cui ci si rivelano gli edifizi divini e le dimore dei morti, nel silenzio di ogni altra testimonianza profana, come se la vita terrena non avesse mai pulsato all’intorno o tutta fosse attratta verso gli immortali soggiorni».

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