164 – Dante e «il pane ferrigno dell’esilio»

Dante RidimensionataIl 6 marzo 1921 usciva come allegato alla Pro familia, rivista settimanale illustrata, un «Numero Ricordo» per il sesto centenario della morte dell’Alighieri intitolato «Onorate l’Altissimo Poeta, 1321-1921».
Il fascicolo riportava numerosi contributi, dal taglio divulgativo, che oltre a raccontare la vicenda biografica del Sommo Poeta offrivano vari spunti di riflessione sulla sua opera. Alcune pagine, arricchite da un ampio apparato fotografico, erano state riservate per illustrare i lavori della zona dantesca che interessavano la Tomba, il Quadrarco di Braccioforte e la Basilica di San Francesco.
Tra i vari saggi trovava spazio uno scritto di Tomaso Nediani che celebrava la Romagna, terra libera e accogliente: «Dante! Sì; a questo nome gigante sembra che ogni fibra del cuore arda di ammirazione e di forza, e noi sentiamo quanto orgoglio e gloria si compendi oggi sui Romagnoli nell’aver dato a Dante l’ultimo rifugio, nell’avergli prestato i colori e le luci per la sua tavolozza, nell’averlo fuggiasco ed esule ricoverato fra le grandi braccia di questa aspra terra di Romagna che ha sempre avuto impulsi generosi per tutti gli esuli, come odio furente per tutte le tirannie. Dante! E chi non ha piegato e non piega le ginocchia della mente, solo all’evocare il suo nome, quanti non s’inchinano specialmente qui, alla visione della pianura Romagnola per la quale egli camminò mangiando il pane ferrigno dell’esilio, picchiando ora ad un castello amico ed ora ad un cenobio ospitale!».

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