Riaprono i teatri, ma la musica dovrà ritrovare il suo pubblico

Teatri Post CovidFinalmente si riparte. Questo è certo un segnale positivo e incoraggiante, la cultura, come la coscienza, non può tacere a lungo. È evidente e fisiologico che ci siano molti punti di domanda sul come si ricomincerà, ma la necessità di arte dal vivo non si può contenere ad interim.
Uno dei segnali più incoraggianti di questa ripresa è, certamente, la conferma sul territorio romagnolo del Ravenna Festival, giunto ormai alla sua XXXI edizione, tuttavia non è la sola manifestazione musicale che “ricomincia a respirare”, anche se con la mascherina.

In questi mesi di cessazione forzata delle attività la cultura ha mostrato il suo aspetto resiliente, grazie anche ai numerosi appelli che, soprattutto i musicisti, hanno lanciato sulle varie reti sociali. Sono stati messi in luce tutti gli aspetti che spesso rimangono nascosti, celati dietro la patina dell’esibizione, dal perfezionamento costante alle difficoltà connesse alla retribuzione per quello che la comune sensibilità considera, purtroppo, un lavoro superfluo, o peggio, un non-lavoro.

Ciò dovrebbe aver portato a una maggior consapevolezza degli artisti sulla reale percezione della loro incidenza sulla società. L’arte, nel corso del Novecento ha vissuto una grande contraddizione, diventando alla portata di tutti grazie alla capillare diffusione dovuta alla sua riproducibilità tecnica, ma, nonostante ciò, facendo della fruizione una questione sempre più elitaria tanto che, oggi che la concezione imprenditoriale è (di nuovo) ritornata nella considerazione degli artisti, ci si è accorti che il bacino di utenza verso il quale ci si rivolge è esiguo e labile.
Non è questo il momento di una reprimenda sui costumi, benché o tempora, o mores si addica alla situazione attuale, ma è giusto che la musica in quanto arte più inafferrabile, faccia i conti con la sua grande difficoltà a comunicare con il pubblico di oggi, allontanato in maniera sistematica con un meccanismo di autoproclamazione di superiorità cui gli artisti di ieri hanno creduto davvero fino a causare nello spettatore disinteresse.

Ora si lasciano i teatri aperti cercando di far rientrare le persone, come se fossero buoi in un recinto, tuttavia il timore è che non basterà una captatio benevolentiae di bassa lega per ricondurre le genti a godere di forme d’arte le quali, per loro scelta, hanno ignorato l’uditorio per troppo tempo.

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