Tra art-punk e rock psichedelico

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La copertina di Pink Flag dei Wire

Con questo giochino degli anniversari è naturalmente molto facile farsi prendere la mano e così, dopo aver parlato l’ultima volta da queste parti di una serie di capolavori del favoloso 1967, ora viene quasi naturale proseguire con il 1977. Quarant’anni fa, tondi tondi, e un’altra caterva di dischi da rispolverare a vostra scelta (per quello che mi riguarda citerei almeno quelli di Bowie, Television, Clash, Kraftwerk, Talking Heads…). Tra tutti, però, concentriamoci su un disco di cui purtroppo si parla meno rispetto ad altri suoi diretti concorrenti – si fa per dire – come quelli di Ramones o Sex Pistols. Per citare titolo e, iconica, copertina, si tratta di una bandiera del post-punk ante litteram, di un album venduto ai tempi come punk ma che dentro di punk in realtà aveva soprattutto l’indole (la lunghezza ridotta di molti brani, i suoni grezzi e i pochi mezzi a disposizione), insieme a una naturale propensione verso la sperimentazione, la capacità di scrivere melodie a presa rapida, un certo minimalismo di fondo e una chiara predilizione verso il mondo dell’arte (da cui in qualche modo provenivano). Il tutto si mischia straordinariamente in un album (tra l’altro non il loro migliore, probabilmente) che suona interessante tutt’oggi e che ha di fatto aperto la strada al rock meno allineato e più avventuroso che si trasformerà poi in, appunto, post-punk e new wave. Buon 40esimo anniversario a Pink flag, quindi, disco di debutto degli inglesi Wire, che ancora oggi (con i protagonisti di allora Colin Newman e Graham Lewis) portano in giro, alta, la loro bandiera.
Dieci anni dopo, 1987, altro album che deve essere assolutamente rispolverato, altro disco che prende a mani basse dal passato (Velvet Underground in particolare) per portare tutto avanti, pur senza particolari stravolgimenti, diventando ugualmente esso stesso uno spunto per le generazioni a venire. Loro sono gli (ancora inglesi) Spacemen 3  e con The Perfect Prescription incidono (almeno per chi scrive) il disco di rock psichedelico definitivo, un album visionario e allucinato, che ti culla come, forse, chissà, potevano fare trent’anni fa certe droghe sintetiche (a cui il disco non per nulla è dedicato), con atmosfere rarefatte ed eteree, considerato il padrino del cosiddetto shoegaze, a pensarci bene poi, questo, non un gran merito. Per Jason Pierce degli Spacemen 3, un merito è invece sicuramente quello di aver poi fondato anche gli Spiritualized e di aver pubblicato nel 1997 (vent’anni fa tondi, incredibile) Ladies and Gentlemen We Are Floating in Space, il disco di rock psichedelico definitivo. O lo avevo già detto?

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