Breve guida alla lettura di recensioni musicali

Ecco una piccola guida alla lettura di riviste e recensioni musicali.
Moniker: termine inglese utilizzato correntemente al posto di “nome d’arte” (es.: Will Oldham si nasconde dietro il m. di Bonnie Prince Billy).
Combo: secondo il dizionario è “un complesso jazz di quattro o cinque elementi” ma viene normalmente utilizzato al posto di un banale “gruppo” per cercare di ostentare la propria varietà lessicale.
Attitudine: termine utilizzato probabilmente a sproposito per cercare di descrivere il genere musicale di una band quando non si è proprio sicuri di una cosa ma la si butta là cercando di fare comunque bella figura (“suonare rock con un’attitudine jazz” magari significa che ogni tanto improvvisano o anche solo che c’è un batterista cazzuto).
Indie: è l’esempio perfetto della nascita di nuovi generi musicali tirando un po’ a caso. In teoria dovrebbe caratterizzare un certo tipo di musica indipendente, appunto, fatto sta che la musica indipendente è suddivisa in milioni di generi e quindi è diventata prassi comune utilizzare “indie” per descriverne il filone più leggero e orecchiabile (forse). Poi le cose si complicano quando precede a sua volta altri generi (es.: “indie-pop” o “indie-folk”, che noi che leggiamo robe così da anni ormai capiamo la differenza rispetto a “pop” e “folk” e che non è solo questione di “indipendenza”, ma in realtà una persona normale non capisce giustamente una mazza e noi non siamo in grado di spiegarglielo meglio).
Desertico: è un termine molto in voga in questo periodo per descrivere un certo tipo di musica americana che secondo me, detto in confidenza, con il deserto poi non è che c’entri poi molto.
Pop ipnagogico: è l’apoteosi dell’etichettismo sfrenato. Stando alle numerose recensioni in cui compare, ancora i critici pare non si siano messi bene d’accordo sul significato. C’entrano gli anni Ottanta e un certo suono easy, ma la definizione esatta è in via di sviluppo.
Albione: semplicemente, quando fai il critico, scrivere sempre Inghilterra fa un po’ sfigato, e così si usa spesso “terra d’Albione”, che dovrebbe essere un po’ la stessa cosa.
Status di culto: un marchio di fabbrica utilizzato da tutti per individuare un artista che piace a poca gente ma che è molto figo. Se uno raggiunge uno status di culto ce l’ha fatta, nel mondo musicale alternativo.
Eponimo: dal dizionario, “che, chi dà il proprio nome a qualcosa”. In musica, sempre per voler fare i fenomeni, viene usato invece per indicare un album o una canzone che portano lo stesso nome del gruppo musicale con il risultato che non cambia nulla, naturalmente, se definisco eponimo “Blur” dei Blur. Ma a rigor di logica i Blur poi si dovrebbero chiamare Parklife, e tutto ciò non torna. Ma non so se mi sono spiegato.
Decade: utilizzato nelle recensioni a sproposito al posto di decennio.
Deus ex machina: fino all’altro giorno ne ero proprio convinto, avendo alle spalle quindici anni di letture di riviste musicali. Ma no, deus ex machina non vuol dire essere la mente dietro una band.
Altri termini su cui bisognerebbe tornare in una prossima, ipotetica, guida: etereo, anthem, “il nostro”, sophomore, seminale, lisergico, hype, drone, dissonante.
P.s.: il blog Bastonate un paio d’anni fa ha scritto già qualcosa del genere ed è molto più divertente e interessante di quello che avete appena letto. Giuro però che non ho copiato.

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