Il cantautore di culto per antonomasia, che ti spezza il cuore

Nick Drake

Nick Drake

Il punto è che dentro quelle canzoni, dentro quei (purtroppo solo tre) dischi, c’è davvero tutta la sua vita. Tutta. Ci sono il suo malessere e la sua vena poetica, ci sono la depressione che l’attanagliava e allo stesso tempo il suo continuo chiedere aiuto, vicinanza, anche amore. Ci sono un talento musicale cristallino e la sua timidezza, l’innocenza, la solitudine. Ma ci sono perfino slanci vitali, speranze di cambiamento. E poi cupi presagi (basti pensare che la “luna rosa” del suo ultimo album secondo la tradizione cinese significherebbe l’arrivo di sciagure imminenti), momenti di leggerezza e pure dell’ironia. C’è però, sullo sfondo, in definitiva, una tristezza che ti spezza il cuore, come non succede forse con nessun altro. Perché appunto – grazie anche ai biografi del tempo – l’impressione, ascoltandolo, è quella di ritrovarsi quasi fisicamente davanti a lui e alla sua (breve e tormentata) vita, con le sue emozioni totalmente a nudo.

Nick Drake d’altronde pare si esprimesse solo o quasi con la musica, che fosse questo il suo unico modo di comunicare con il mondo. Per il resto poche parole, nessun rapporto sentimentale (se non platonici, stando ad alcune biografie, o quello mai chiarito del tutto con la cantautrice francese Françoise Hardy), una mezza intervista, concerti interrotti a causa del chiacchiericcio del pubblico e passati a suonare fissando il vuoto, prima di fuggire. E poi naturalmente la depressione che lo ha portato, quella notte del 24 novembre 1974, a ingerire una quantità troppo elevata di antidepressivi (famigliari e amici non hanno mai creduto al suicidio, propendendo invece per una sorta di errore o di sfida alla sorte), dopo essersi alzato come faceva sempre per mangiare una tazza di cereali nel cuore della notte, l’ennesima senza dormire, nella casa dei genitori nei pressi di Birmingham, dove era tornato a vivere dopo la fallimentare esperienza da solo a Londra e dove la mamma lo ha ritrovato morto la mattina dopo. Sul tavolo Il mito di Sisifo, saggio sull’assurdo di Camus. Sul piatto i Concerti Brandeburghesi di Bach.

Il suo terzo e ultimo disco era uscito due anni prima: Pink moon, il più classico dei testamenti artistici, solo chitarra acustica (con il suo stile, fin quasi sperimentale per l’epoca, ha creato un mondo) e voce (fatta eccezione per il pianoforte della title-track aggiunto in un secondo momento) registrato di getto in poche ore, davanti a un estasiato John Wood (il tecnico del suono che lo ha sempre accompagnato nella sua parabola artistica): un capolavoro assoluto di cantautorato sussurrato, sfuggente eppure perfetto, di neanche mezz’ora, che ispirerà decine e decine di artisti negli anni a venire. Pink moon fu anche una sorta di reazione alla mancata attenzione prestata dal pubblico (e dalla critica) ai suoi primi due dischi – altri due piccoli capolavori prettamente acustici ma arrangiati in modo molto più ricco, grazie alla collaborazione di alcuni dei migliori artisti folk dell’isola, in particolare il secondo, Bryter Layter, con alcune sfumature perfino jazz – che lo hanno reso il cantautore di culto per antonomasia, di cui nessuno si è accorto in vita, riscoperto solo diversi anni dopo. Quando ormai era troppo tardi, quando lui aveva già finito con il pensare di essere solo un fallito.
Quest’anno, a giugno, Nick Drake avrebbe compiuto 70 anni. A ricordarlo è stato anche Manuel Agnelli nella seconda puntata del suo nuovo progetto televisivo in onda in seconda serata tutti i giovedì su Rai Tre. Sarà anche poco, ma per fortuna il servizio pubblico è tornato a occuparsi di musica seriamente.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24