Ecco come potete omaggiare Kurt Cobain

Come Gesù Cristo, Kurt Cobain è morto per voi. Per tutti voi che in questo periodo pensate a quel maledetto 5 aprile del 1994, a cosa stavate facendo, che non avete dormito la notte, che vi manca, che è stato come Jim Morrison, che i Nirvana sono il meglio eccetera eccetera. Così vi sentite anche voi veri alternativi, Kurt Cobain è un figo, e fate bene, ci mancherebbe. Però come con Gesù Cristo, non bisognerebbe solo festeggiare Natale, ma anche seguire i suoi insegnamenti. E quindi, per omaggiare il ventesimo anniversario della sua morte, smettetela di ascoltare i Nirvana e riascoltate tutti i dischi che il vostro Kurt ha meritoriamente fatto di tutto per farvi scoprire. Partiamo da un nome di nicchia come quello dei Vaselines, duo scozzese da poco riformatosi che il vostro Kurt chiamò anche ad aprire i concerti dei Nirvana e di cui riprese addirittura tre pezzi per farne altrettante cover. Comprate la bella raccolta di folk-rock sognante Enter The Vaselines e immergetevi in un ascolto facile ma appagante. Il livello si alza, e anche di molto, con Colossal Youth, dei Young Marble Giants, disco che il vostro Kurt in un’intervista al Melody Maker definì come uno dei cinque più influenti da lui mai ascoltati. Gallesi e band di culto per antonomasia con quel solo disco all’attivo, sono stati con il loro suono minimale molto lascivo un vero esempio di come sia possibile fare un certo tipo di pop restando con l’animo (post)punk. Sempre nel filone del pop sghembo, ma questa volta molto sghembo e anche figlio di un’attitudine rock, fatevi trascinare dai Beat Happening (l’album omonimo, o Jamboree o You Turn Me On) di Calvin Johnson, che per il vostro Kurt era un vero e proprio mito, tanto che si fece tatuare sull’avambraccio il marchio della K Records da lui fondata. Andando sempre più verso la follia, non fatevi mancare quel capolavoro sui generis quasi inascoltabile che è Half Gentlemen/Not Beasts degli Half Japanese, di cui il vostro Kurt indossava la maglietta proprio quel maledetto 5 aprile in cui ha deciso di farla finita (sempre che non crediate alla teoria del complotto). Follia vera, poi, con Daniel Johnston e il suo pop lo-fi (ma proprio in bassa, bassa, fedeltà) che è anche genio allo stato puro: il vostro Kurt anche in questo caso indossò una delle sue strampalate magliette e lo esaltò pubblicamente più volte (Daniel invece dichiarò di non sapere chi fosse questo Kurt Cobain), tanto da spingerlo verso una major (una major che pubblica un disco di Daniel Johnston! Erano altri tempi). Ascoltatevi allora il suo primo disco per la Atlantic, Fun, dove si esprime anche con un un bel rutto se non ricordo male. Proseguendo nella lista, un monumento lo meriterebero i brasiliani Os Mutantes, esponenti del movimento tropicalista degli anni Sessanta, di cui il vostro Kurt chiese a gran voce la reunion (il loro debutto del 1968 è uno di quei capolavori misconosciuti della storia del rock); ma non vanno dimenticate neppure le inglesi Raincoats con il loro post-punk molto artistico, che il vostro Kurt contribuì a far conoscere scrivendone meraviglie nelle note di copertina di una compilation dei Nirvana. Infine, non si può non ricordare i Meat Pupputs (con il loro folk misto a punk e psichedelia), che Kurt si portò anche sul palco dell’Unplugged In New York; oppure l’amore di Kurt per il rock duro di due band da riscoprire come Jesus Lizard e Melvins. Approfittatene.

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