Jovanotti e Cremonini alla ricerca della maturità

Mentre è già decollato il tradizionale dibattito sui migliori dischi dell’anno tra i lettori e direttamente sulle riviste specializzate, in Italia il grande pubblico è più concentrato su alcuni attesi best seller.

JovanottiohvitaAncor prima della sua uscita (l’1 dicembre) e ancora prima della musica, a far parlare del nuovo disco di Jovanotti è stata la produzione di un mostro sacro come l’americano Rick Rubin, con una storia alle spalle che va dal rap della Def Jam e dei Beastie Boys fino alla rinascita di Johnny Cash, passando dal metal e dagli Slayer. Ora è finito a fare foto posate a piedi nudi sul divano con Jovanotti che fanno tanto Summer of Love, se non fosse che Jovanotti ha appena confessato in diretta tv (da Fazio) di non essersi mai fatto una canna in vita sua. Passando alla musica, grazie anche a Rick Rubin naturalmente “Oh Vita!” (il punto esclamativo del titolo è terribilmente jovanottiano) suona decisamente meglio di quasi tutti i suoi concorrenti e, seguendo sempre la linea del suo produttore, è stato deciso di puntare tutto sulla sottrazione con meno strumenti e meno elettronica. Il risultato, a conti fatti,  è però che c’è più Jovanotti, e questo non è un punto a favore del disco. La sua voce e i suoi testi sono al centro di tutto e metà dei pezzi in scaletta sono ballate con chitarra acustica neanche tutte brutte ma con tassi di glicemia spesso oltre la soglia di sopportazione. Una sorta di svolta cantautorale (dopo la sbornia electro-pop-rock di “Lorenzo 2015 CC.” che fosse lungo la metà sarebbe pure un gran bel disco, ne resto convinto) accompagnata anche da alcuni esperimenti per nulla disprezzabili (come la conclusiva “Fame”) per un risultato finale che non è comunque il disastro che qualcuno si diverte a descrivere, anche se da uno che si può comunque permettere alla batteria Tony Allen, tanto per dire, ci si aspetterebbe, a 51 anni, un (bel) po’ di coraggio in più.

Cesare Cremonini Cover Album Possibili ScenariCoraggio che pare invece aver avuto Cesare Cremonini, uscito a fine novembre con un disco (“Possibili scenari”) senza un pezzo breve, radiofonico, pieno di suoni e “colori” diversi, probabilmente (nel senso che non conosco così bene la produzione precedente, mi si scuserà)  il più ambizioso della carriera del cantautore bolognese che si è fatto conoscere con i Lunapop (ricordate?), un album che senza scomodare Beatles, Beach Boys o Morrissey (come si è letto in alcune recensioni) merita di essere approfondito non solo dai fan ma anche da semplici curiosi dello stato attuale del pop italiano.

Per cose più serie, invece, tipo appunto i dischi del 2017, passate da qui tra un paio di settimane…

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