Non solo Hitchcock: viva gli eccentrici

Mi rendo conto che scrivere oggi, nel 2013, di Robyn Hitchcock o di Howe Gelb sa molto da sfigati. O da nostalgici, o al massimo da organizzatori di Strade Blu (con tutto il rispetto), il festival che in questi anni li ha ospitati più volte sui palchi di mezza Romagna. Ma poi scopri che continuano a fare dischi, e ti incuriosisci. Howe Gelb quest’anno ne ha già pubblicato uno acustico, di quelli registrati in casa, molto carino e forse anche di più, con una copertina che è però quasi uguale a quella di un altro disco che uscirà già a novembre, pieno di collaborazioni illustri (da Will Oldham a M. Ward, fino ad Andrew Bird). Una roba che non si spiega e che anche in internet sta facendo confusione tra gli addetti ai lavori, ma che è nella natura stessa di Gelb, cantautore di Tucson che non si può dire non sia un piccolo genio, non si può dire non abbia plasmato a suo modo un certo tipo di Americana (il genere, quello legato al folk tradizionale statunitense) ma di cui si può anche dire che ha un pochino esagerato. Tanti progetti, collaborazioni, concerti in cui tronca una canzone per fare una battuta, ne fa un’altra con la figlia in braccio, dischi registrati male volutamente, altri pieni di spunti mai completamente portati a compimento: un maestro nell’arte del gigioneggiare. Tanto che è difficile trovare nella sua discografia veri capolavori, se non il disco che vi consiglio qui, oggi, ora, ma che è di 13 anni fa, Chore of Enchantment con i suoi Giant Sand, il progetto per cui verrà ricordato. Discorso diverso per Robyn Hitchcock, tra i grandi eccentrici inglesi, per via della sua psiche non molto stabile, pare, ma che amo quasi incondizionatamente, anche ora che magari non pensavo neppure di mettermi ad ascoltare un suo nuovo album. Invece ne è uscito uno, Love From London, ed è quasi sorprendente, per la freschezza e l’ispirazione. Niente di clamoroso sia chiaro, ma Hitchcock è ancora in forma, a 60 anni. E questo è comunque solo un modo per consigliare a quei pochi che davvero ancora non lo conoscono di andare a ordinare, scaricare, ascoltare I Often Dream Of Trains, anno 1984, uno di quei dischi che ti può cambiare la vita, gemma di pop acustico, psichedelico nelle intenzioni, ballate  crepuscolari e pianoforti. Un altro folle ma grandissimo artista inglese a cui non si può non pensare parlando di Hitchcock è poi Julian Cope, anche per lui una carriera dispersiva, che va dalla neopsichedelia al post-punk per finire anche in territori heavy. Ma anche con alcuni capolavori da scolpire nella pietra: Fried su tutti, forse, ma è da riscoprire in toto la prima parte della produzione di Cope (senza dimenticare i suoi Teardrop Explodes; come è bene citare la band con cui è nato Hitchcock, i Soft Boys)…
In un articolo del genere bisognerebbe citare però anche il ritorno di questi giorni di Roy Harper e album di altri eccentrici-geni come Kevin Ayers o Alexander Skip Spence. Ma fate una cosa, andate a riascoltarvi i tre album solisti di Syd Barrett e dimenticatevi di tutto quello che vi ho appena detto. Non avrete più bisogno di altro.

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