Qualche anniversario che sarebbe meglio ricordare

Sarà anche vero che vedere i figli crescere fa notare di più il tempo che passa, ma niente ti può far sentire vecchio come questa moda di ripubblicare i dischi in occasione degli anniversari, l’album in tiratura limitata del 10th anniversary, la versione rimasterizzata per il 20th anniversary, eccetera.
Ma davvero, per esempio, ha già dieci anni Funeral degli Arcade Fire? E il primo meraviglioso album di Micah P. Hinson? E il sopravvalutato debutto dei Franz Ferdinand, che ci volevano spacciare come la band che avrebbe sconvolto il mondo? Ma in realtà volevo solo segnalarvi che sono passati dieci anni anche dalla pubblicazione di un capolavoro misconosciuto come Bluebarry Boat dei Fiery Furnaces, uno di quei dischi in cui si respira davvero una totale libertà, all’interno di un canovaccio pop. A un primo ascolto potrà apparire lezioso, barocco, presuntuoso, pesante. In realtà è uno dei pochi esperimenti riusciti a mischiare con gusto rock, blues, elettronica, prog, folk, ballate e ditemi voi cos’altro. Sembrava ieri. Sono passati dieci anni, siamo tutti più vecchi e non ci sono più le mezze stagioni.
Vi ho mai detto invece che i Built To Spill sono tra i più grandi gruppi del cosiddetto indie (nel senso di alternativo, nel senso di poco commerciale) rock americano? E che Keep It Like a Secret è qualcosa di superbo, con cambi di tempo e trame chitarristiche complesse che sembrano invece così semplici, di quelle che ti fanno suonare una chitarra immaginaria con le mani di fronte a uno specchio? Sono le classiche canzoni che paghereste (di solto funziona così, in effetti) per sentire dal vivo e che infatti sono entrate in un tour celebrativo di quel disco, che ora ha – ta-dan – 15 anni. Dico, 15 anni sono qualcosa di enorme.
E a proposito di indie-rock americano, vent’anni fa usciva Bee Thousand, il disco definitivo (loro non lo sapevano ancora, adesso invece hanno pure fatto la versione “direcotor’s cut”) dei Guided By Voices, che sono canzoni rock di appena un paio di minuti, spesso anche meno, mai sopra i 3 e qualcosa, che ti si appiccicano addosso. Disco che tutti almeno una volta nella vita dovrebbero ascoltare per capire cos’è il lo-fi, anche se in effetti dubito ci sia qualcuno che non sa cos’è il lo-fi e che vorrebbe saperlo. Robert Pollard dei GbV ha poi continuato (e continua tuttora) a fare dischi (migliaia di dischi, mi verrebbe da dire), ma la magia è svanita vent’anni fa, o quasi. Volete il disco notturno per antonomasia? Un disco di pop elegante, lento, con una voce profonda che ti fa commuovere mentre sei seduto ad ascoltarla sul tuo divano? Il vostro gruppo da riscoprire allora sono i Blue Nile e il loro secondo disco, Hats, compie oggi 25 anni. Dio mio, 25 anni dopo resta un gran disco, come quando lo scoprii furtivamente andando a sbirciare tra le cassette di mio padre. Chissenefrega, avete ragione, ma era per dire che esistevano le cassette, qualcuno non lo sapesse. A proposito di grandi voci, ecco David Sylvian, prima protagonista della musica pop d’autore con i Japan e oggi, dopo mille collaborazioni prestigiose, interessato anche a esplorare il campo dell’avanguardia. Grande voce, grande talento, 30 anni fa pubblicò forse il suo miglior album, in versione solista, Brilliant Trees: suoni anni ottanta, canzoni ispirate. Trent’anni e non sentirli (si trova a 5 euro anche nei centri commerciali). Mi fermo qui, che poi quelli davvero anzianotti si deprimono.

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