Diario di Venezia 78, dall’uomo che non c’era

Mostra Del Cinema Di Venezia Parlare del Festival di Venezia senza andarci? In queste pagine tutto è possibile, soprattutto se la settantottesima edizione si rivela essere un’autentica sorpresa, perché nonostante pandemia e problemi annessi, è stata una mostra ricca di film e idee.

Il Leone d’oro parla francese, con il classico premio “accontenta-tutti” L’evenement (in Italia 12 settimane) della regista giornalista Audrey Diwan al suo secondo film, che parla di aborto nella Francia degli anni ‘60, dove era illegale. I Leoni d’argento sono due: a Paolo Sorrentino il Gran premio della giuria per l’applaudito e autobiografico È stata la mano di Dio, e alla storica Jane Campion per The Power Of The Dog, western un po’ troppo estetizzante e meditativo (così dicono i critici) che strizza un po’ l’occhio al mitologico Michael Cimino. Migliore attrice Penelope Cruz protagonista di Madres Paralelas, il nuovo e (pare) riuscito dramma di Pedro Almodovar, mentre l’attore uomo è filippino, si chiama John Arcilla, ed è il protagonista del lunghissimo (come da tradizione filippina) On the Job: The Missing Eigh, che è anche il secondo capitolo di una saga.

Ci sono alcuni premi molto interessanti, come la miglior sceneggiatura andata all’attrice Maggie Gyllehhaal con il suo primo film da regista, The Lost Daughter, che adatta il romanzo italiano La figlia oscura, di Elena Ferrante; un altro riconoscimento importante e gradito è il Premio speciale della giuria, andato a Il buco, di Michelangelo Frammartino, che racconta e ricostruisce (non è quindi un documentario) la spedizione avvenuta nel1961 nell’Abisso del Bifurto in Calabria.

Oltre ai premi, si è vista (in concorso e non) una discreta quantità di film molto attesi per la nuova stagione cinematografica che ci auguriamo possa tendere il più possibile alla normalità. Dune vede il regista Dennis Villeneuve tornare sul romanzo di Frank Herbert dopo che nel 1984 ci aveva provato (con pareri allora contrastanti) David Lynch. Spencer (Pablo Larrain) vede la figura di Lady Diana approdare sul grande schermo, per mano di un regista ben lontano da ammiccamenti e spettacolarità, che aveva già affrontato un’ingombrante figura femminile in Jackie (Kennedy/Onassis). Il collezionista di carte, che parla di un “mago” del casinò, è un film di un vero decano della Hollywood anni ’80 come Paul Schrader che conosciamo fin dai tempi di American Gigolò.

Infine, sono piaciuti molto anche due italiani: Qui rido io (di Mario Martone con Toni Servillo) racconta della vita del re della commedia napoletana Eduardo Scarpetta (il padre dei De Filippo, per intenderci), mentre Freaks Out è un kolossal d’esportazione a opera di Gabriele Mainetti (Jeeg Robot), con il fedele Santamaria, ed è a tutti gli effetti un fantasy di guerra, commistione di generi mai vista. Ma per chi scrive il film più atteso, senza darvi particolari spiegazioni, è Ultima notte a Soho, di Edgar Wright…

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