I film del “ventennio”: il classico senza tempo di Sofia Coppola

 

Lo streaming forzato ci impone anche uno sguardo sui “ventenni”, inteso come film che nei primi vent’anni del nuovo secolo si sono rivelati come le gocce più interessanti cadute nell’oceano del cinema, che man mano che passano gli anni, sembra diventare sempre più arido. Ma queste gocce resisteranno? Ora che è passato un po’ di tempo, dimostreranno di saper navigare correttamente nel fiume temporale che a volte sembra una cascata?

A questa rubrica l’ardua sentenza.

Lost in Translation (di Sofia Coppola, 2003)

Lost In TranslationIn un lussuoso hotel di Tokyo si incontrano le solitudini di Bob, quasi anziano attore in declino costretto a girare uno spot per un whiskey, e la (circa) ventenne Charlotte, splendida sposina lasciata troppo spesso sola da un fotografo ambizioso e sfuggente. Il film racconta di questo incontro tra due americani, soli ma teoricamente accompagnati, diversi ma così simili, insonni e soprattutto completamente a digiuno della lingua giapponese. Commedia che ai tanti sorrisi alterna un’inevitabile vena malinconica, con due attori completamente immedesimati nelle parti: Bill Murray, realmente in parabola discendente, torna prepotentemente sotto i riflettori con un’interpretazione talmente da Oscar da far passare inosservata la maggior parte delle premiazioni da lì a venire (ha vinto però il Globe) e una giovane Scarlett Johannson che proprio qui inizia a rivelare la sua marcata sensualità che associa magnificamente alle sue innate capacità recitative.

Oltre ai due c’è una dominante, ironica, splendida, caotica, silenziosa e stupefacente Tokyo, che quasi come un burattinaio guida e controlla i nostri protagonisti in una storia d’amore e non amore, di sentimenti e soprattutto di pensieri, resi magnificamente da una Coppola che bissa e forse supera la magia delle sue debuttanti Vergini suicide.

Diciassette anni (e un’ulteriore visione) dopo possiamo tranquillamente dichiarare Lost in Translation un classico senza tempo e senza spazio, un prezioso oggetto emotivo da custodire, apprezzare e nel quale tentare di immedesimarsi, nei pensieri che inevitabilmente sorvolano le nostre solitudini.

Detto dei protagonisti, la regista (non a caso amica di Wes Anderson e Quentin Tarantino) cura la colonna sonora come la migliore degli chef stellati, dall’inizio fino ad arrivare allo splendido finale dove coi Jesus & Mary Chain risuona anche una magnifica aura di mistero. Un film “su un solo stato d’animo” (come scrisse la compianta Lietta Tornabuoni su La Stampa).

Lo avete già visto? Non lo avete mai visto? Non importa, portatelo a casa, visto che grazie allo streaming, nelle vostre case c’è già.

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