La riuscitissima serie di Muccino, un modello di commedia “familiare”

A Casa Tutti Bene Serie MuccinoA casa tutti bene (di Gabriele Muccino, serie tv, 8 episodi, 2021)
In principio (2018) A casa tutti bene è un film di Gabriele Muccino che racconta le dinamiche di una famiglia allargata in occasione di un pranzo speciale. Tre anni dopo il regista riprende in mano la storia, riscrive con qualche differenza la situazione del film e “allunga” le vicende familiari trasformando di fatto un film in una serie (su Sky) che contiene la storia originale e il suo… seguito. Innanzitutto, è bene dire che non è affatto necessaria la visione del film perché la serie ricomincia da capo (il termine tecnico è “reboot”), è lievemente differente e soprattutto il cast è completamente diverso, fatto per lo più di attori giovani, emergenti e poco noti, affiancati da qualche “vecchia volpe” del nostro cinema, come Laura Morante, Paola Sotgiu e un bravissimo e insolito Valerio Aprea. Partiamo proprio dagli attori, perché il lavoro di direzione del regista si rivela perfetto, perché l’empatia coi personaggi da parte loro è tale che lo spettatore li identifica subito coi loro “beniamini”, tali da non patire minimamente il con- fronto coi volti più noti del film, anzi.

A casa tutti bene è una serie riuscitissima, divertente, emozionante, caricaturale, “mucciniana” con un piglio di maturità che gli mancava, e la narrazione seriale si rivela una carta vincente atta alla cronaca di dinamiche familiari complesse che scopriremo anche essere tinte di rosso. L’elemento giallo non è una rivela- zione, perché la sigla di apertura di Jovanotti scritta appositamente, lascia deci- samente intendere la tinta della storia, un’appassionante cavalcata di rapporti umani, divertente, angosciante, carica di tensione, e che, come spesso succede tra “parenti serpenti”, mostra dinamiche verosimili e disarmanti.

Quasi tutti i personaggi hanno un lato oscuro, i buoni si contano sulle dita di una mano, e spesso le dinamiche ribaltano in ogni momento la percezione delle gesta dei pro- tagonisti, raccontate con un ritmo da far paura, tali da temere in ogni istante cosa possano combinare. Su tutti, uno dei personaggi più divertenti e demenzia- li degli ultimi anni, il cugino Riccardino, trionfale e coatta via di mezzo tra i per- sonaggi di Jerry Lewis e Gian Burrasca, con decise tinte tarantiniane e vanzinia- ne: un genio epocale che meriterebbe uno spin off, una serie incentrata sola- mente sulle sue “gesta”. Il modello è la commedia familiare all’italiana, da Risi a Monicelli passando per Scola, e Muccino non sfigura davanti a questi mostri sacri, rinvigorendo il genere e portandolo alla serialità.

Ma il difetto, l’unico, è dietro l’angolo ed è un mal comune e mezzo gaudio, perché non si capisce per- ché non scrivere mai la parola fine davanti a gioiellini del genere, per tirare avanti con successive stagioni. Se la seconda, annunciata stagione, sarà all’al- tezza e soprattutto l’ultima, voto 9; altrimenti, un’occasione malamente spreca- ta. Regista avvisato, mezzo salvato.
Comunque, tornare su una sceneggiatura che si prestava a “lavori di amplia- mento” è un’idea geniale che dovrebbe fare da traino… anche fuori dall’Italia.

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