Un’America “hippie” in una delle migliori visioni del momento

American HoneyAmerican Honey (di Andrea Arnold, 2016)
Annoveriamo tra i grandi misteri d’Italia l’ignorare la conoscenza della regista inglese Andrea Arnold: Oscar miglior Corto nel 2003 (Wasp), tre film su tre premiati a Cannes dalla giuria (American Honey, Red Road e Fish Tank) e un quarto film, riedizione di Cime Tempestose, che ha ottenuto un riconoscimento (minore) al Festival di Venezia.
Risultato?

A parte i primi due film citati di Cannes che sono usciti in piccole distribuzioni e li hanno visti in pochissimi, Cime Tempestose non è mai uscito e American Honey è arrivato direttamente in streaming. Un buon servizio a un’autrice di questo livello che in patria ha pure ricevuto un riconoscimento politico (“Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico”), per i servizi cinematografici resi.

Il film, girato con un “antico” formato 4/3 (le vecchie televisioni quasi quadrate), segue, con rigorosa camera a mano puntata decisamente sui primi piani, la scelta della giovanissima e indigente Star che lascia la complessa famiglia per seguire un gruppo di hippie che, con l’obiettivo ufficiale di vendere riviste, girano con un furgoncino gli Stati Uniti alla ricerca di vita, libertà, di compimento dei loro ideali e soprattutto di loro stessi.

La Arnold racconta con distacco ideologico una generazione atipica, che pare aver saltato a piè pari i trent’anni che hanno caratterizzato le generazioni ottanta, novanta e duemila, e si mette a bordo di questo stravagante gruppo per fotografare un’America di oggi che pare, come i suoi protagonisti, completamente senza tempo e ideali precisi, come se il tempo stesso non fosse passato o meglio non fosse servito a formare delle coscienze per lo meno diverse.

Il film prende beffardamente spunto da un’omonima canzone del gruppo country Lady Antebellum, e in generale detta il ritmo ai suoi protagonisti a suon di musica, a volte hip hop, mentre in altri momenti si affida ai racconti della stessa America vissuti da giganti come Springsteen, Earle, i Mazzy Star fino agli europei Raveonettes, come a non voler riconoscere un divario spazio-temporale.

Per come è girato, il film ha un taglio estremamente realista e la durata non indifferente di 2 ore e 45’ mette in chiaro le intenzioni dell’opera stessa, che si poggia anche sulla rivelazione Sasha Lane e sul bravissimo Shia LaBeouf. Visione corposa ma non impegnativa, film disincantato, non politico né tragico, American Honey rappresenta sicuramente una delle migliori visioni del momento, pur discostandosi dalla cifra stilistica e dalla poetica del periodo stesso.
Su Netflix per gli abbonati, su tutte le altre piattaforme streaming a noleggio per gli altri.

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