Diverserighestudio e INOUTarchitettura: il racconto e le opere

Il progetto come «scrittura collettiva» e «supporto alla socialità», per dare senso agli spazi collettivi

Diverserighestudio di Bologna animerà con lo studio InOut di Ferrara un nuovo incontro del ciclo “I 16 – SeDici Architettura”, in calendario giovedì 15 settembre ai Magazzini del Sale di Cervia. La rassegna propone incontri-confronti fra professionisti affermati della progettazione contemporanea e studi emergenti, è promossa dalla rivista Casa Premium della società editoriale Reclam e ideata dal comitato scientifico composto da Gianluca Bonini e Giovanni Mecozzi di Nuovostudio e da Filippo Pambianco di Cavejastudio, con il patrocinio degli Ordini professionali degli architetti e ingegneri di Ravenna e Forlì anche ai fini formativi. I Magazzini del Sale sono la sesta tappa dell’ideale percorso in otto date che attraversa la Romagna e indaga le migliori esperienze di progettisti e studi associati con sede in regione, ma operanti in Italia e nel mondo. “Rimodulare il costruito” ovvero come rimettere mano al patrimonio immobiliare, dalla messa in sicurezza, alla sostenibilità, alla qualità dell’abitare sarà il tema della tavola rotonda fra i relatori della conferenza e altri esperti a cura della rivista dell’abitare Casa Premium, condotta dal direttore Fausto Piazza. Le conferenze proseguiranno fino a novembre 2016, in spazi prestigiosi delle città del territorio romagnolo e dopo Ravenna e Cervia, toccheranno Cesena e Faenza.

Diverserighestudio e l’architettura come condivisione del bene comune

Sono temi, quelli della progettazione urbana e dei processi partecipativi ben presenti nelle esperienze progettuali di Diverserighestudio. Lo studio è stato fondato nel 2013 dagli architetti Nicola Rimondi, Simone Gheduzzi e Gabriele Sorichetti, tutti e tre nati nel 1975 e laureati all’Università di Ferrara. «La nostra architettura è scrittura collettiva – affermano i tre progettisti –: vorremmo tornare a dare senso sociale al lavoro dell’architetto. Sentiamo l’esigenza di costruire operazioni dotate di senso che siano in grado di generare linguaggi e strumenti comuni tra abitanti e luoghi. L’architettura per noi è un supporto alla socialità». Lo studio è indirizzato su due temi fondamentali: quello antropologico (l’architettura a servizio e in equilibrio fra esigenze della collettività e dell’individuo) e quello ecosostenibile (gli edifici devono consumare poca energia, tutelare il benessere fisico, quello acustico e l’armonia visiva degli abitanti). Per cui nel progettare, spiegano gli architetti, serve più know how che high tech. Numerose, nonostante la recente formazione, le committenze pubbliche e private. Ecco l’elenco dei progetti più significativi: riconversione dell’Opificio Golinelli (Bologna), residenze Casalogica, Viagenova, Libeccio, Ostro+Scirocco (Bologna), la serie delle case Acupuncture, casa del popolo Corte Campadelli (vincitrice del Premio Internazionale di Architettura Sostenibile), biblioteca multimediale dell’Alma Mater di Bologna nell’area Staveco, rigenerazione dell’area industriale Ex Eridania a Molinella (Bo), progetto Brionvega a Pesaro, il modulo abitativo in legno T-Time. Lusinghiero il dettaglio dei premi ottenuti, di seguito alcuni riconoscimenti: selezionato due volte per il Padiglione Italia alla mostra internazionale di Architettura della Biennale di Venezia; Premio “Nib 2012” al miglior studio italiano di architettura under 40 – studio vincitore (primo classificato);  “Medaglia d’Oro” Per l’Architettura Italiana, edizione 2012 – 2 opere candidate alla selezione finale; Premio “Fondazione Renzo Piano” edizione 2013 – studio finalista; Premio “Inarch” V edizione – 1 opera candidata alla selezione finale; Tiles of Italy, studio vincitore (primo classificato); “Medaglia d’Oro” Per l’Architettura Italiana, edizione 2015 – 1 opera candidate alla selezione finale.

A Simone Gheduzzi il compito di introdurre il lavoro e la filosofia di Diverserighestudio.

Di voi si legge che immaginate l’architettura come un supporto alla socialità e vorreste tornare a dare senso sociale al lavoro dell’architetto. Come avete accolto il tema della biennale di architettura di Venezia 2016 e l’invito a partecipare al padiglione italiano con la riconversione dell’opificio Golinelli? Il tema vi ha stupito, vi sentite anticipatori o si tratta di una conferma di un sentire ormai condiviso a livello globale?
«Pensiamo che il tema “taking care”, progettare per il bene comune, scelto dai curatori sia assolutamente nel tempo e dia una lettura dell’architettura che a noi interessa molto, ne condividiamo il senso. Una architettura che viene effettivamente realizzata per le persone che la abitano  e dove queste persone sono spesso protagoniste nel processo del progettare. In generale è auspicabile che il tema della Biennale di Architettura “ reporting from the front” possa divenire una tendenza globale ma pensiamo ci sia davvero ancora tanto da fare e certamente L’Opificio Golinelli ne può essere un esempio».

Il caso della Cittadella della Conoscenza e della Cultura, voluta dalla Fondazione Golinelli e inaugurata ad ottobre 2015 rappresenta il miglior esempio di una committenza illuminata, merce sempre più rara in Italia, come è nato il progetto e come si è sviluppato?
«L’Opificio Golinelli nasce dal desiderio della Fondazione Golinelli di riunire tutte le attività in un unico contenitore  in grado di organizzare il loro lavoro. In primis rappresenta un’operazione culturale di portata nazionale e FMG, in virtù dell’importante opera di riqualificazione di un’area di 4.500 metri quadrati coperti e altrettanti scoperti, ha aggiunto un ulteriore significato a quest’opera, come contributo verso un “territorio metropolitano policentrico” a testimonianza del fatto che sia possibile iniziare ad abbattere le barriere culturali ancora prima di quelle architettoniche, per un collettività più coesa».

A Ravenna da molto tempo si dibatte della riqualificazione della Darsena di città, un’area post industriale divisa in molteplici proprietà private, disposta sulla parte terminale del porto canale a pochi passi dalla stazione ferroviaria e del centro città. Fra piani urbanistici, master plan, processi partecipati, slanci e brusche frenate ora si fa spazio l’idea di una rigenerazione che procede per riusi temporanei, valorizzazione di attività e spazi condivisi più che per investimenti immobiliari. Quale deve essere il ruolo del pubblico e qual è può essere il contributo dei progettisti?
«Il ruolo del pubblico deve essere certamente quello di generare del beneficio per gli abitanti tutti creando quegli strumenti che possono dare un nuovo senso a taluni spazi: certamente il progetto è uno di questi».

Come si può definire la storia di “acupuncture” ed è possibile immaginare un’applicazione anche ad altri ambiti geografici rispetto alla vostra esperienza nel territorio bolognese?
«È una attività di valorizzazione delle differenze in contesti in cui si era abituati a realizzare edifici identici gli uni agli altri a prescindere dal contesto in cui venivano calati. Il nostro esercizio è stato quello, come sempre e da sempre facciamo, di metterci in posizione di ascolto verso la committenza e realizzare assieme un percorso di conoscenza dello scenario contemporaneo. Quando questo accade il processo architettico si arricchisce e l’esito non è più scontato. Penso che tanti architetti in Italia applichino questo pensiero».

Terminata la lunga fase espansiva di consumo del territorio ora si pensa a rigenerare il patrimonio immobiliare esistente. Qual è la risposta del pubblico e degli investitori privati? Ci sono resistenze ad accogliere nuovi modelli sostenibili oppure la strada è aperta e in discesa?
«Pensiamo che ogni epoca racconti una storia e quella che viviamo ci indica una condizione. È cambiato il paradigma e i criteri per fare architettura sono già mutati. La strada è aperta e vedo ora più entusiasmo».

Sopa alcuni dei progetti firmati da Diverserighestudio. In gran parte si tratta di opere già realizzate

INOUTarchitettura: la contaminazione e lo sconfinamento dei luoghi comuni

INOUTarchitettura nasce nel 2012 dalla collaborazione di Mario Benedetto Assisi (Kicevo, 1982) e Valentina Milani (Ferrara, 1982). Entrambi si formano presso la Facoltà di Architettura di Ferrara, la Delft University of Tecnology in Olnanda e l’Etsav di Barcellona in Spagna). Si laureano nel 2007, relatore l’architetto Daniela Moderini, con una tesi in progettazione paesaggistica premiata dall’IFLA (International Federation of Landscape Architects). Dopo la collaborazione con diversi architetti italiani, dal 2009 svolgono la libera professione. Sono soci fondatori del gruppo Mmvl architetti, segnalato tra le 10 migliori realtà emergenti italiane (Premio New Italian Blood 2012) e selezionato Young Blood 09 (Annuale dei talenti italiani premiati nel mondo). Mario Benedetto Assisi nel 2013 inizia il dottorato di ricerca in Architettura presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara. Valentina Milani dal 2009 è membro della Commissione per la Qualità Architettonica e del Paesaggio del Comune di Ferrara. Dal 2012 al 2014 è professore a contratto del modulo di Architettura del Paesaggio presso il Dipartimento di Architettura di Ferrara. Tra i premi e i riconoscimenti si segnalano: nel 2014 la candidatura per European Union Prize for Contemporary Architecture – Mies van der Rohe Award 2015 e la selezione tra i cinque studi finalisti YAP 2014_Fondazione Maxxi, Roma (IT); nel 2013 il Primo Premio Europan 12_Kristinehamn.
INOUTarchitettura è uno studio multidisciplinare di architettura e paesaggio. Affronta progetti che spaziano dalla piccola scala fino a quella territoriale, ricoprendo un ampio campo d’azione trasversale in cui le componenti di progettazione urbanistica, paesaggistica e architettonica si integrano e si completano. Intrinseca nel nome stesso dello studio è la volontà di superamento della distinzione netta in categorie contrapposte (interno – esterno, dentro – fuori, aperto – chiuso, architettura – paesaggio, città-campagna), credendo fortemente nell’ambiguità e nella sfumatura, nell’ambito di reciproca contaminazione tra spazi e discipline differenti. Costante è la volontà di dare spessore allo spazio intermedio, di ritualizzare la transizione, di enfatizzare la soglia come luogo di espressione delle differenze, in cui l’urbano si fa sempre più domestico, in cui il pubblico diventa sempre più privato, in cui l’esterno diventa sempre più interno. Questo approccio non genera delle preferenze di scale e campi di intervento, ma si struttura come una modalità ricorrente di affrontare le tematiche più diverse. Gradienti, sfumature, soglie, passaggi, limiti sono solo alcuni temi che INOUTarchitettura cerca di esplorare ed approfondire tanto in occasioni di ricerca e sperimentazione, quanto attraverso il fare quotidiano, cercandone una diretta concretizzazione anche in soluzioni puntuali e di dettaglio.

Sopra una selezione di rendering e fotografie di progetti realizzati a INOUTarchitettura di Ferrara

 

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