Il labirinto cristiano: luogo simbolico carico di positività e concretezza

Il labirinto sulla facciata del Duomo di San Martino, a Lucca

Il labirinto, seppur già attestato nella preistoria come luogo di culto, diventa a partire dall’epoca medievale elemento caratterizzante uno degli spazi cristiani simbolici per eccellenza: la Cattedrale. Collocato in punti visibili come gli atri o i narteci delle chiese o in ambienti nascosti come le cripte, il labirinto, da figura geometrica, acquisisce per il cristiano una forte valenza, diventando mezzo di salvezza ed espiazione dei peccati. Nella rappresentazione del labirinto cristiano unicursale non c’è inganno: c’è consapevolezza sia per chi entra che per chi esce. Labirinti verticali murali, non percorribili e quindi puramente simbolici ed evocativi, e labirinti pavimentali, valida alternativa al viaggio reale, metafora del pellegrinaggio come strumento di salvazione, sono stati rappresentati nell’Europa cristiana medievale e rinascimentale su monete, manoscritti, su pietra o metallo, chiese e palazzi nobiliari. Di forma quadrata o circolare, con un numero di circonvoluzioni variabili anche se prevalentemente dispari (da 11 a 9, 8, 7 o 6), i labirinti potevano essere a via unica, con percorso dall’entrata al centro senza vicoli ciechi, o a vie multiple, con più percorsi verso il centro o vie senza uscita.
È quindi a partire dalle miniature carolingie del IX secolo che il labirinto assume una connotazione propriamente cristiana e inizia a essere realizzato all’interno di edifici religiosi gotici di grande importanza come le cattedrali francesi di Chartres e di Amiens o in contesti collocati in punti “strategici”, come le chiese poste lungo la via Francigena, attestata perlomeno a partire dal IX secolo, che conduceva dall’Europa Occidentale a Roma attraversando città come Pavia, Piacenza, Pontremoli, Lucca.

Iconologia E Storia:2jpg01

Pavia, chiesa di San Michele, presbiterio

Durante il medioevo e non solo sono attestati svariati itinerari di pellegrinaggio denominati genericamente “vie romee” in quanto conducevano verso Roma, la città che costituiva, assieme a Gerusalemme e Santiago de Compostela, una delle principale mete della cristianità occidentale. Un itinerario, testimoniato da antiche cronache di viaggio, era quello che ricalcava la Popilia, toccando Venezia, Ravenna, Classe, Cervia, Cattolica e incrociando in più punti le vie Emilia e Flaminia. Anche qui, lungo il cammino, i pellegrini trovavano importanti centri di preghiera e in essi importanti riferimenti simbolici della cristianità. Al XII-XIII secolo risale il labirinto musivo ravennate portato alla luce nel 1945 durante i lavori di restauro effettuati all’interno di San Giovanni Evangelista e ora esposto in chiesa a destra dell’ingresso. Di forma circolare e realizzato in opus tessellatum aveva un percorso simile a quello più noto e meglio conservato di San Vitale. Fasce concentriche bianche e nere si alternavano fino a racchiudere un disco centrale con un anello di contorno contenente un’iscrizione che allude al significato allegorico del soggetto e alla difficoltà di superare la prova: «Fec(isti) x sest(os), p(o)stremus est (sestus)».

Tra i più noti posti lungo la via Francigena è da ricordare il labirinto posto nel presbiterio della chiesa di San Michele a Pavia, mosaico pavimentale prevalentemente in bianco e nero con qualche sporadica tessera colorata databile alla prima metà del XII secolo, circolare e a senso unico. Mutilato nel 1383, quando venne in parte coperto da un altare in marmo, i suoi resti sono circondati dai simboli della terra, del mare, del cielo e dell’uomo. Un re incoronato, allegoria dell’anno solare, si trova al centro della rappresentazione dei mesi e delle stagioni, collocati entro nicchie e intenti nelle varie attività: febbraio appunta le pertiche, marzo soffia nei corni, aprile tiene dei fiori, maggio falcia l’erba, giugno regge le ciliegie e luglio miete il grano. I restanti periodi dell’anno non sono più visibili, come tutta la porzione sottostante del mosaico, quella che conteneva il labirinto con i suoi giri e rigiri che sviavano quanti vi fossero entrati, tutti tranne Teseo. Quasi completamente perduto è ricostruibile attraverso un disegno cinquecentesco che raffigura sia Teseo, vincitore sul Minotauro all’interno di un grande labirinto, che Davide che sconfigge Golia, doppio riferimento a Cristo e alla sua vittoriosa battaglia contro Satana.

Anche la cripta della chiesa di San Savino a Piacenza era caratterizzata dalla presenza di un labirinto oggi perso, realizzato a mosaico pavimentale e risalente al XII secolo, dal motto oscuro ma probabilmente dal valore negativo: «Hunc mundum tipice laberinthus denotat isteintranti largus, redeunti set nimis artus sic mundo captus, viciorum mole gravatus vix valet ad vite doctrinam quisque redire».
Il labirinto di San Caprasio di Aulla può essere invece considerato verosimilmente come elemento puramente decorativo. Distrutto durante la seconda guerra mondiale si trovava negli stucchi del sacello del santo.
Ben conservato è ancora il labirinto di Lucca ubicato nel nartece della cattedrale di San Martino, sulla prima colonna a destra. Posto verticalmente, si presenta circolare e unicursale a riempire completamente una formella quadrata. In origine al centro doveva trovarsi una figura ora abrasa, secondo alcuni da identificare con il Minotauro. Una scritta laterale in latino, probabilmente posteriore, riporta che «Questo è il labirinto costruito da Dedalo di Creta dal quale nessuno entratovi poté uscire, salvo Teseo grazie al filo di Arianna».
Della medesima tipologia appare il labirinto di Pontremoli conservato all’interno della chiesa di San Pietro, nel luogo in cui anticamente sorgevano la chiesa e il monastero di San Pietro de Conflentu: verticale, circolare e unicursale fu realizzato nel XII secolo e appare agli occhi dei fedeli come metafora di un viaggio obbligato. Si presenta come una lastra di arenaria, sovrastata da figure umane a cavallo. A sinistra si trova un uroboro, serpente che si morde la coda, mentre a destra una forma indistinta non leggibile. In basso a margine del labirinto la scritta «Sic currite ut comprehendatis», riferimento alla prima lettera ai Corinzi. Questa ultima assieme al monogramma cristologico “IHS”, posto al centro, fu scolpita probabilmente in un secondo momento.
Labirinti cristiani non potevano mancare a Roma, scelta, per ovvie ragioni, come meta da molti pellegrini. Significativi sono i labirinti di Santa Maria in Aquiro, di Castel Sant’Angelo e di Santa Maria in Trastevere. Questo ultimo, non più esistente, fu disegnato nel 1690 dal Ciampini nel secondo volume della sua opera intitolata Vetera Monumenta e ricordato come già distrutto a causa di un restauro maldestro da Rodolfo Lanciani nel 1892 in Roma Cristiana e Pagana. Posto nella navata laterale vicino alla sacrestia aveva un diametro di circa 3,30 metri; fu realizzato a piccole tessere di mosaico con al centro un disco di porfido.

Altro labirinto rovinato da restauri malfatti eseguiti nel corso del XIX secolo sotto il pontificato di papa Pio IX fu quello della chiesa di Santa Maria in Aquiro sorta su un piccolo oratorio che, grazie alla presenza di ambienti limitrofi, svolgeva in epoca medievale assistenza a poveri e a pellegrini.
Ancora esistente è invece il labirinto di Castel Sant’Angelo, posto sul pavimento della stanza del tesoro al piano superiore. Le volute realizzate di colore giallo chiaro con file di mattoni di colore arancio si presentano nello schema classico composto da otto spire.
Dai labirinti più propriamente musivi si discosta quello realizzato nell’ex convento di San Francesco ad Alatri. Scoperto in tempi recenti in un’angusta intercapedine, l’affresco che rappresenta Cristo nel labirinto è stato datato al XIII-XIV secolo e in origine probabilmente apparteneva all’apparato decorativo di una precedente chiesa. Il labirinto costituito da undici spire ha un diametro di circa 240 centimetri; al centro è dipinta la figura del Cristo Pantocratore con volto barbuto e aureola, con tunica scura e mantello dorato. Con la mano sinistra regge un libro chiuso, mentre con la mano destra indica l’ingresso al labirinto.
Insolito appare anche il labirinto quadrangolare di Volterra rappresentato sulla tarsia del leggio del duomo volterrano, opera probabilmente di Andreoccio di Bartolo del XIV secolo. I pannelli raffigurano su un lato un intreccio geometrico generato da otto cerchi, sull’altro un labirinto quadrato del tipo Chartres, a una via di colore nero delimitata da muri bianchi, con undici circonvoluzioni e nel centro una figura rampante identificabile o con un centauro o con un leone.

Mantova, Palazzo dei Gonzaga, soffitto

A Colli a Volturno, nella facciata della chiesa dedicata a San Leonardo, si trova incastonata una pietra nella quale sembra essere stato rappresentato uno pseudo-labirinto che si origina da una croce. Potrebbe simboleggiare Gerusalemme Celeste che avvolge il luogo della crocifissione secondo una consuetudine che pur ritrovandosi con frequenza nelle cattedrali gotiche ha origini ben più antiche. Anche in questo caso la scelta del luogo potrebbe non essere casuale: San Leonardo di Colli si trovava infatti su un importante itinerario frequentato nell’Alto Medioevo che collegava Roma a Brindisi e Gerusalemme.
Nel chiostro medievale del monastero di San Benedetto a Conversano è possibile scorgere su un capitello romanico un singolare labirinto unicursale, inconsueto sia nelle fattezze che nel contesto. Piccolo e discreto appare invece il labirinto di Guardialfiera in Molise, murato a lato del portale della Cattedrale.
Documentati a partire almeno dal XIV secolo nelle Isole Britanniche sono i labirinti tracciati su prato (maze), utilizzati probabilmente per danze e giochi legati a festività religiose, come suggeriscono l’utilizzo prevalente del “modello di Chartres” e la loro frequente presenza in prossimità di chiese.
Dal XIV secolo sono documentati anche labirinti da giardino, costruzioni in legno ricoperte di vegetazione, nelle quali la mitica architettura di Dedalo assume forma tridimensionale, iniziando a perdere in questi contesti la sua connotazione simbolico-religiosa per trasformarsi in strumento di intrattenimento, in una dimensione atemporale e amena, in cui prevale il valore estetico-ornamentale.
Le rappresentazioni dei labirinti unicursali e dal forte simbolismo cristiano tuttavia proseguono anche in epoca rinascimentale, nel pavimento di San Vitale a Ravenna, realizzato nel 1535 dai benedettini, nel soffitto del palazzo dei Gonzaga a Mantova, tanto caro a Isabella d’Este per la presenza di eloquenti scritte «Forse che sì forse che no», nel pavimento del Duomo di Siena con le sue tarsie marmoree a ricordo di labirintici disegni, solo per citare alcune delle testimonianze più note.

AGENZIA MARIS BILLB CP 01 01 – 31 12 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
AGENZIA CASA DEI SOGNI BILLB 01 01 – 31 12 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24