Omicidio Minguzzi, il consulente della corte è sospettato di falsa perizia a Torino

L’11 ottobre 2021 il professor Luciano Romito è stato incaricato dai giudici di Ravenna di dare una identità alle telefonate ricevute dai familiari del 21enne, cinque giorni prima una sentenza della corte d’assise di appello piemontese aveva disposto una trasmissione di atti alla procura: «Singolari lacune»

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Il professore Luciano Romito in aula in corte d’assise a Ravenna il 2 maggio 2022 per la discussione della perizia fonica

Il perito fonico incaricato dalla corte d’assise di Ravenna nel processo per l’omicidio di Pier Paolo Minguzzi, il cold case di Alfonsine del 1987 ormai prossimo alla sentenza dopo un anno di dibattimento, è sospettato di falsa perizia dalla procura generale di Torino. L’ipotesi accusatoria fa riferimento a una consulenza svolta in precedenza dallo stesso Luciano Romito, professore di Linguistica e Fonetica all’Università della Calabria, su incarico del giudice per l’udienza preliminare di Asti in un altro procedimento per omicidio con rito abbreviato.

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I giudici togati della corte d’assise per l’omicidio Minguzzi: il presidente Michele Leoni, a latere Federica Lipovscek

Il 12 gennaio 2013 il gestore di un night club di Strevi (Alessandria) venne ucciso a fucilate mentre usciva di casa. Nel processo di primo grado Romito venne incaricato di trascrivere le intercettazioni e ne uscì una relazione che lasciò particolarmente soddisfatte le difese dei due imputati e fece infuriare le parti civili. «Le risultanze della perizia – scriveva il cronista Massimo Coppero per il quotidiano La Stampa a novembre 2016 – smentiscono in parte le trascrizioni della polizia giudiziaria. Molte frasi che venivano interpretate in un’ottica accusatoria hanno invece valenza neutra». Il gup però decise di ascoltare personalmente gli audio e di affidare lo stesso incarico di trascrizione anche a un altro perito. Nel 2018 la sentenza: condanna per i due imputati a 19 anni di reclusione.

3In appello l’accusa ha chiesto la conferma delle condanne e la trasmissione degli atti alla procura di Asti con l’ipotesi di falsa perizia a carico di Romito. Il 5 ottobre 2021 la lettura della sentenza della corte d’assise d’appello di Torino: condanne a 18 anni e accoglimento della richiesta del sostituto procuratore generale. Sei giorni dopo quella sentenza Romito ha ricevuto l’incarico in tribunale a Ravenna per dare un’identità alla voce di dieci telefonate anonime ai familiari di Minguzzi, il 21enne figlio di una facoltosa famiglia di imprenditori dell’ortofrutta rapito a scopo di estorsione il 21 aprile di 35 anni fa e ritrovato morto in un canale nelle valli comacchiesi dopo dieci giorni. Il compito assegnato dai giudici ravennati è di natura diversa rispetto all’altro e anche i metodi utilizzati sono stati diversi.

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I familiari di Pier Paolo Minguzzi: da sinistra la sorella, la madre e il fratello

Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado a Torino sono diversi i riferimenti al lavoro svolto da Romito. In un passaggio si legge che un dialogo è stato “ricostruito dal primo giudice sulla base del proprio ascolto diretto e della seconda perizia, a fronte dell’evidente carenza della perizia Romito”. Più avanti il testo è ancora più esplicito: “Il primo giudice, con metodo che questa corte ritiene di condividere, considerate alcune singolari lacune nelle trascrizioni effettuate dal perito Romito, ordinava una seconda perizia”. Infine un ultimo affondo a proposito di una conversazione registrata: la corte la definisce “di indubbia rilevanza a carico degli imputati e stupisce come la perizia Romito sul punto fosse assolutamente carente”. Mancava la trascrizione di una parte del dialogo “privandolo di quella chiara portata indiziante che viceversa possedeva”.

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La pm Marilù Gattelli e l’ingegnere Sergio Civino

L’esito della perizia Romito sul caso Minguzzi è arrivato in aula lo scorso 2 maggio. Secondo la valutazione del docente universitario la voce di Orazio Tasca, uno dei tre uomini alla sbarra, non è quella registrata nelle telefonate alla famiglia di Alfonsine. Di parere opposto invece il consulente della procura. Il 30 maggio si terrà la penultima udienza con la requisitoria del pm. L’8 giugno parola alle difese e camera di consiglio per la sentenza. Oltre a Tasca sono imputati Angelo Del Dotto e Alfredo Tarroni: i primi due erano carabinieri alla stazione di Alfonsine, il terzo faceva l’idraulico nello stesso paese. I tre hanno già scontato pene ultraventennali per un omicidio avvenuto a luglio del 1987 in circostanze del tutto analoghe.

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