Alla moglie disse: «Vado dove si spara». Vetrano, ucciso dagli imputati di Minguzzi

A luglio del 1987 un carabiniere di 23 anni ucciso a Taglio Corelli dagli autori di una tentata estorsione (altri due militari e un idraulico) che ora sono a processo per un altro omicidio di tre mesi prima

IMG 4789«Stasera vado in un posto dove si spara facile». Sebastiano Vetrano mette in guardia la moglie Mariagrazia Bognanni quando esce dalla loro casa a Lido Adriano il 13 luglio 1987. Lei non ha molto da rispondere, perché l’uomo che ha sposato da meno di due mesi è un carabiniere. Ma ci prova lo stesso: «Non mi lasciare vedova con un figlio in arrivo». Invece è così che va. Il 23enne in servizio al nucleo operativo di Ravenna muore in un’operazione notturna a Taglio Corelli, frazione di Alfonsine. Poco prima di mezzanotte un proiettile calibro 38 di un revolver Smith & Wesson lo colpisce “alla regione toracica sotto ascellare sinistra”, come scrive il medico legale.

L’arma è del 31enne Alfredo Tarroni che fa l’idraulico ad Alfonsine, ma il grilletto lo preme il 24enne Angelo Del Dotto che fa il carabiniere nella stazione locale. La stessa divisa indossata nella stessa caserma dal 23enne Orazio Tasca. Una banda di tre uomini con guadagni leciti troppo bassi per soddisfare qualche debito e la voglia di vivere alla grande gli ultimi sgoccioli dei ruggenti anni ’80, fra serate al casinò e il sogno di una Mercedes. Per racimolare soldi hanno messo in piedi un’estorsione da 300 milioni di lire – cifra poi dimezzata dopo l’iniziale richiesta per fare più in fretta – ai danni di Roberto Contarini, imprenditore locale dell’ortofrutta.

IMG 4799Quella sera d’estate, una settimana dopo la prima telefonata con minacce di ritorsioni ai familiari, devono ritirare la borsa con le banconote lasciata dall’industriale nel punto comunicato: nel fosso vicino al cartello del limite di velocità nei pressi della casa cantoniera sulla Reale. In quel punto oggi c’è una piccola lapide che ricorda Vetrano: “Ieri al nostro fianco, oggi tra gli eroi”.

Quando Tasca recupera il malloppo alle 23.50, Vetrano si alza dal fosso dove era nascosto e urla «Fermo!». Tasca gli butta la borsa addosso, l’altro lo afferra e viene colpito dallo sparo partito dal sedile posteriore della Fiat 127 bianca guidata da Tarroni in attesa sul ciglio della strada. «Oh Madonna», le ultime parole di Vetrano secondo il racconto del maresciallo Sergio Mastrodonato, compagno di pattuglia nell’operazione che puntava all’arresto. Il collega di pattuglia finisce davanti al tribunale militare per mancata consegna perché i due non dovevano essere in quel punto: si erano spostati da quello assegnato dopo aver visto una luce spegnersi in una abitazione e temendo la presenza di complici dei malviventi.

IMG 4794Il riconoscimento delle attenuanti generiche vale pene tra 22 e 25 anni per i tre della banda. Condanne scontate. E ora fronteggiano di nuovo il rischio di un ergastolo: sono alla sbarra per un altro omicidio avvenuto ad Alfonsine due mesi prima. Era stato rapito per estorsione, e ritrovato cadavere dopo dieci giorni, il 21enne Pier Paolo Minguzzi, carabiniere di leva a Mesola (Comacchio) e terzo genito di un’altra facoltosa famiglia di imprenditori a cui vennero chiesti 300 milioni di lire.

Alla fine di febbraio del 1988 a Caserta è nata Rossella Vetrano, la figlia del carabiniere che si è stabilita a Bologna da sei anni e sta seguendo le cronache delle udienze in corte d’assise per il cold case Minguzzi: «Si riapre una ferita. Alla famiglia di Pier Paolo va tutta la nostra solidarietà. A noi, a differenza loro, la magistratura ha dato il nome dei colpevoli e hanno pagato, spero che anche loro possano avere la giustizia che cercano». L’osservazione si porta appresso una riflessione: con tutte le somiglianze fra i due casi, se ora gli stessi tre imputati saranno giudicati colpevoli allora non potrà che venire il legittimo dubbio che si sarebbe potuto far crescere Rossella con un padre.

IMG 4800Di quel padre – nato a Caserta, ultimo di tredici figli tra cui altri in divisa – però Rossella sa tante cose, perché i racconti della madre e dei familiari le hanno dato un ritratto a cui è affezionata. «Papà voleva sposare mamma e si è arruolato per avere un lavoro che gli permettesse di creare una famiglia». Esce dalla scuola allievi di Roma nel 1984 e inizialmente resta nella capitale. Successivamente lo trasferiscono a Ravenna: «Dallo spaccio alimentare della scuola allievi carabinieri, fu assegnato come cuoco alla mensa a Ravenna. Poi successivamente passò alla stazione ed infine chiese il trasferimento al nucleo operativo». Solare e gioioso: «In Romagna si trovava bene per lo spirito delle persone. Era un grande appassionato del Napoli e di Nino d’Angelo: quando telefonava a mia madre le cantava le sue canzoni». Il caso Minguzzi lo colpì in modo particolare: «Era sul posto del ritrovamento del cadavere l’1 maggio 1987 e mia madre mi ha raccontato che le fece una telefonata in cui era molto scosso». Due mesi dopo toccò a lui.

EROSANTEROS POLIS BILLBOARD 15 04 – 12 05 24
CENTRALE LATTE CESENA BILLB LATTE 25 04 – 01 05 24
NATURASI BILLB SEMI CECI FAGIOLI 19 – 28 04 24
CONAD INSTAGRAM BILLB 01 01 – 31 12 24