La mappatura dei luoghi sensibili nel comune di Ravenna dove non si possono insediare attività di gioco d’azzardo, approvata dall’amministrazione nel 2018 in base alla legge regionale contro la ludopatia, è legittima. Lo stabilisce una sentenza del Consiglio di Stato che respinge il ricorso della sala videolottery in viale Randi, a cui Palazzo Merlato aveva imposto la chiusura per l’eccessiva vicinanza alle scuole elementari e medie di via Marconi. La norma dell’Emilia-Romagna stabilisce almeno 500 metri tra le attività di gioco e luoghi sensibili come scuole e chiese. La notizia è resa nota da Agipronews, prima agenzia di stampa che si occupa del mondo del gioco.
La decisione di Palazzo Spada è arrivata dopo una perizia affidata dai giudici al dipartimento di Architettura del Politecnico di Milano, che aveva il compito di stabilire se – come sostenuto dal ricorrente – il distanziometro determinasse un “effetto espulsivo” delle attività di settore. «Le aree disponibili all’interno del territorio comunale per l’insediamento delle attività del gioco di azzardo lecito ammontano a circa 170 ettari e rappresentano il 2,6 percento del territorio urbanizzato», scrivono i giudici. Tale dato «appare significativo in rapporto all’estensione del territorio urbanizzato, ma soprattutto alla sua particolare configurazione insediativa e morfologica».
Il Consiglio di Stato fa poi notare che le richieste di nuove localizzazioni accolte dal Comune «dimostrano che la localizzazione delle attività legate al gioco
d’azzardo lecito è probabile e praticabile, sia dal punto di vista delle potenzialità urbanistiche, sia della realtà del mercato urbano immobiliare locale». Non è dunque possibile sostenere la tesi dell’effetto espulsivo, visto che è confermata «la possibilità di un insediamento stabile e duraturo delle sale gioco» in altri luoghi designati dal Comune. Il distanziometro risulta ragionevole e proporzionato, in quanto «mezzo idoneo al perseguimento degli obiettivi prefissati di contrasto al fenomeno della ludopatia».
I giudici, infine, ricordano che la Regione ha dato agli operatori gioco la possibilità di delocalizzare l’attività in aree a norma; tale scelta «costituisce già una misura di salvaguardia degli interessi privati». Nel caso di Ravenna, poi, la ricollocazione degli spazi di gioco «non è né esclusa né resa particolarmente gravosa – tale cioè da rendere in concreto inesigibile la delocalizzazione, dal punto vista materiale e/o economico – dalla tipologia degli ambiti territoriali di destinazione».