Assenteismo dal luogo di lavoro e rimborsi chilometrici gonfiati per trasferte inesistenti sono i motivi per cui la procura della Repubblica di Ravenna ha chiesto condanne per tutti gli imputati nel processo “Dirty Water”, sette dipendenti del Consorzio di bonifica della Romagna Occidentale, l’ente pubblico che ha sede a Lugo con compiti di scolo delle acque, difesa del suolo, tutela delle risorse idriche e naturali, irrigazione e la valorizzazione del territorio. Come riportano i quotidiani locali in edicola oggi 7 giugno, Resto del Carlino e Corriere Romagna, sono state chieste in totale condanne per oltre diciotto anni: tre anni per due dei sette imputati e due anni e mezzo per i restanti. Si tratta di un dirigente d’area, un capo settore e cinque capi reparto. Devono rispondere a vario titolo di peculato, truffa aggravata perché ai danni dello Stato e falso ideologico.
Gli accertamenti erano scattati a cavallo tra il 2018 e il 2019 grazie alle rivelazioni di una fonte confidenziale. I pedinamenti degli investigatori avevano accertato assenze ingiustificate dal lavoro in orario d’ufficio (ad esempio alla bocciofila di Imola a giocare a carte). I lavoratori erano dotati di auto aziendale con card carburante ma avrebbero fatto figurare l’utilizzo della propria vettura privata per trasferte lavorative in realtà mai effettuate riuscendo a ottenere rimborsi fino a 5-6mila euro annui.
Il pubblico ministero ha chiesto la restituzione degli atti alla procura per un supplemento di indagine nei confronti dell’ex presidente e del direttore generale, ipotizzando che non fossero estranei al sistema messo in atto da oltre vent’anni, e che dunque porta l’accusa a ipotizzare che ci fosse l’avvallo e la connivenza della direzione del Consorzio a convertire ore di straordinario in rimborsi chilometrici per andare oltre al limite delle 250 ore annue e percepire guadagni esentasse.