Intervista a Gianluca Costantini, che ha dato un volto alla protesta per Zaki

Le opere di impegno politico e sociale del disegnatore ravennate in mostra dal 7 dicembre alla galleria NiArt di Ravenna. Inaugurazione alle 18

Gianluca Costantini Autoritratto

Un autoritratto creato da Gianluca Costantini per R&D

La sua immagine di Zaki è diventata simbolo stesso della battaglia per la liberazione dello studente egiziano, ma immagini sue per le lotte per i diritti umani sono note in tutto il mondo da anni. Gianluca Costantini, artista ravennate di calibro internazionale, autore di nume- rosi libri, illustrazioni, collaboratore di giornali (a lungo anche di R&D), nonché insegnante all’Accademia di Belle Arti di Bologna, inaugura il 7 dicembre (alle 18) una mostra alla galleria NiArt di via Anastagi, a Ravenna. Una data non casuale. Il 7 dicembre si terrà il processo a Zaki e la preoccupazione è alta perché su di lui pesano ancora accuse di terrorismo e sovversione che potrebbero portare a pene pesantissime.

Il volto che hai dato Zaki è diventato un motore stesso dell’ampio movimento in favore dello studente. Come ti ci sei trovato coinvolto?
«Il 7 febbraio del 2020 fui contattato da alcuni attivisti egiziani che mi chiesero un’immagine per un ragazzo egiziano che era appena stato arrestato in aeroporto e proveniva dall’Italia, dove studiava. Io ho subito fatto il disegno che ha cominciato a circolare ed è stata utilizzata poi da tanti».

Patrick ZakiUn’immagine che abbiamo visto poi ovunque, dal grande manifesto in piazza a Bologna al mosaico in Municipio a Ravenna, fino alle sagome, che hanno dato letteralmente corpo a un’immagine. Come è nata l’idea?
«D’istinto. Il rettore dell’Università di Bologna mi chiamò dicendo che metteva a disposizione una sala della biblioteca universitaria per un evento di sensibilizzazione su Zaki, stavano per riaprire le sale dopo il primo lock- down e c’erano pochi studenti, così ho avuto l’idea. Da quel momento, l’iniziativa è stata ripetuta in tantissime situazioni, tanto che ho messo il disegno scaricabile gratuitamente. Le persone se la fanno stampare e sagomare, ho foto di gente che se l’è messa in balcone o in salotto».

Da qui sorge la domanda: come funzionano i diritti d’autore? Ti abbiamo sentito anche di recente accusare giornali im- portanti di aver pubblicato i tuoi lavori senza il tuo consenso.
«Dipende dai disegni, da come nascono. Se eseguo un’illustrazione per un committente, che può essere un’associazione come Amnesty o il quotidiano “Domani”, con cui collaboro, allora quelle opere non possono essere usate da chiunque. Se invece le metto in rete a disposizione di tutti, allora tutti le possono pubblicare. Posso capire che qualcuno possa fare confusione, ma non un grande giornale…».

Tornando alla mostra del 7 dicembre, cos’altro vedremo esposto?
«Ci saranno molti disegni, per esempio quello di Giulio Regeni, quello di Erdogan che mi è valso il divieto di entrare in Turchia, e poi ancora Cucchi, Willy e donne vittime di femminicidio».

Ci sarà anche il sindaco a inaugurare la mostra. Dobbiamo dedurre che sei diventato ormai un disegnatore filoistituzionale?
«Diciamo che io sono disponibile a collaborare con chiunque sposi le cause e le battaglie che porto avanti. A Bologna, in via Saragozza, c’erano il sindaco, il presidente della Regione, la Curia, forze dell’opposizione, un fatto piuttosto inedito. Per quanto riguarda il nostro sindaco, devo dire che non ho potuto che apprezzare le sue parole all’Omc per Zaki, dopo che avevo criticato la presenza del ministro egiziano a Ravenna».

 

Il ritratto di Erdogan firmato da Gianluca Costantini che è stato censurato dal governo turco all’indomani del colpo di stato

Altre critiche le hai mosse, anche di recente, per la presenza di artisti diciamo perlomeno discussi in città, l’ultima per esempio a Polunin. Ma la cosiddetta “cancel culture” non ti fa paura? Il politicamente corretto non rischia di essere una gabbia per chi si esprime? Peraltro se non sbaglio in mostra ci sarà anche un tuo disegno “critico” rispetto a Montanelli…
«Credo sia necessario distinguere. Montanelli è un uomo che si è comportato da schifo e credo che ci sia bisogno di raccontare una nuova storia, altrimenti le cose non cambieranno mai. Non si tratta di cancellare una cultura, ma di cambiarla, per esempio quella sessista. Questo non significa decontestualizzare artisti o opere dal loro tempo, ma quelli di oggi? Un danzatore che esalta simboli di regimi dittatoriali e che è stato allontanato dall’istituzione per cui lavorava per comportamento sessista, perché deve essere ospitato qui? Un pittore accusato di molestie sessuali perché qui deve essere ricevuto con tutti gli onori (il riferimento è a Chuck Close, in mostra al Mar nel gennaio nel 2020, ndr)? Non è che se sono artisti sono speciali, bisogna uscire dalla visione romantica della questione. Io sono un autore che si occupa di diritti umani, non posso tacere».

Torniamo al fumetto, che per te è appunto il linguaggio con cui ti occupi di diritti umani. La sagoma di Zaki è uscita dai canali tradizionali, ma il fumetto di questi tempi sta invadendo molti altri campi. Penso per esempio al teatro: si stanno moltiplicando gli spettacoli in cui in scena c’è un disegnatore o ci sono comunque i disegni di un artista in dialogo con gli attori.
«È vero, sono molti gli esempi di recente. Io per esempio ho collaborato con ErosAntEros per il loro ultimo spettacolo e adesso loro stanno lavorando a un progetto tratto dal mio Libia. Trovo questo fenomeno molto interessante e immagino che lo potrà essere ancora di più quando il disegnatore sarà l’autore dello spettacolo stesso, potrebbe portare prospettive nuove. Chissà».

Poi ci sono le serie tv. A cominciare ovviamente da quella di Zerocalcare che sta avendo un grande successo…
«Sì, ma trovo che la serie non abbia tolto nulla, semmai anzi ha aggiunto, al fumetto di carta. Credo che la cosa porterà a sviluppi. Po- trebbe essere interessante lavorare a un progetto simile».

Roberta Femminicidio CostantiniIn realtà un rapporto stretto tra fumetti di carta e animati esiste da tempo, ed è quello che lega i manga agli anime.
«Io non amo la parola manga, li chiamo tutti fumetti. In quel mondo ci sono cose molto interessanti e molto belle. I ragazzi imparano ad amarle anche perché parlano di loro, della scuola, di temi a loro cari. In Italia abbiamo pochi esempi simili, mentre negli Usa una serie dedicata ai ragazzi vende tantissimo».

Ma la passione sempre più dilagante per il disegno del Sol Levante da ragazzi cosa implica per la loro formazione? Diventeranno poi lettori di graphic novel da adulti?
«Non necessariamente, lo vedo bene con i miei studenti dell’Accademia, che amano quei fumetti e continuano anche da grandi a leggerli insieme ad altri linguaggi, che possono esseri quelli della narrativa o del cinema, per esempio. Ma di certo quei prodotti hanno contribuito a far entrare ormai in tutte le librerie i fumetti, cosa che fino a qualche tempo qui non accadeva, o di certo non in queste proporzioni».

E dopo il magnifico, ma doloroso Libia, cosa troveremo a breve in libreria firmato da Gianluca Costantini?
«Sto lavorando a un libro sulla vicenda di Patrick Zaki. Anche in questo caso sarà un libro che racconta le cose per come sono andate e quindi necessariamente duro. Lo sto scrivendo con Laura Cappon, esperta di Egitto».

Libia era firmato con Francesca Mannocchi. Un caso o una scelta quella di coautrici donne?
«Un caso, direi. Ma di certo mi trovo meglio a lavorare con le donne».

 

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