Il Paradiso «è eros puro è danza… Per entrare dobbiamo abbandonarci alla grazia»

Ermanna Montanari e Marco Martinelli parlano della straordinaria impresa teatrale dedicata alla Commedia, in scena al Ravenna Festival fino all’8 luglio. FOTO

Paradiso Albe Corteo

Rimandata al 2022, per motivi anticovid e organizzativi, – dopo il prologo “Verso Paradiso” del 2021 – la grande festa delle tre cantiche dantesche “in moltitudine” giunge a compimento, in scena per il Ravenna festival dal 24 giugno all’8 luglio, fra la Tomba di Dante e il giardini pubblici nella cornice della Loggetta Lombardesca. Ricapitoliamo gli eventi assieme ai dioscuri del Teatro delle Albe, Ermanna Montanari e Marco Martinelli.

Dall’Inferno, nel 2017, a oggi, ormai è da un più di un lustro che vi state dedicando a Dante e al suo studio. Cosa avete imparato? Come siete cambiati?
Ermanna Montanari: «D’istinto mi verrebbe da dire che è Dante a essere sempre nuovo. Ci conduce, è la nostra guida: noi non scopriamo proprio niente. È un processo immersivo: più vai avanti, più l’enigma diventa grande. Dante è un grande e prodigioso enigma. ersonalmente posso dire che la cosa più importante che mi è capitata è stata la meraviglia della lettura pubblica. Comprendo adesso perché in tantissimi, nei secoli, hanno letto Dante. Non interpretato, letto. Soprattutto questo porta Dante agli attori: toglie qualsiasi egotismo. Bisogna farsi niente per essere attraversati da quella parola. Come in Fedeli d’amore, siamo tornati a leggere, per buttare via il talento, la bravura, tutte quelle brutture a cui il teatro spesso ci forza».

L’Inferno come gran sacco della malvagità umana; il Purgatorio come montagna e scuola da cui ricominciare. E il Paradiso? Noioso, lo dicono tutti: Croce, de Sanctis… Avevano ragione?
Marco: «Se avevano ragione loro, allora avevano torto Eliot, Pound, Mandel’štam, che invece sostenevano il contrario. A quale scuola, a quale poetica vogliamo iscriverci? Quale visione del mondo sentiamo più vicina? Non si tratta di avere torto o ragione. Kusturica diceva che dipende da come ci batte la circolazione del sangue: ognuno di noi è un mondo di immagini, di pensieri, di ideali, di sensazioni. Ci sono opere che ci toccano profondamente e altre che, pur essendo capolavori, non ci parlano allo stesso modo. Questo per Dante avviene addirittura all’interno della sua stessa cattedrale! Noi siamo affascinati dalla bellezza e dalla grandezza di questi salti danteschi. A ogni cantica Dante dice di dover fare un salto ulteriore e avvisa i naviganti: sono sempre io che ti sto conducendo, abbi fiducia in me, sono quello di prima, quello ti ha commosso con Ugolino, che ti ha fatto sognare con Oderisi da Gubbio… Adesso ti chiedo di fare l’ultimo passo sulla tua “navicella”. Il Paradiso è eros puro, è danza. Come si fa a non essere affascinati da questo fiammeggiare continuo?»
Ermanna: «È vero che il Paradiso è difficile. Ma per fortuna che la via è così dura, per fortuna che bisogna esercitarsi al volo! Beatrice dice una cosa importantissima: per farti comprendere questo Paradiso, così difficile, te lo faccio immaginare come un teatro, perché altrimenti non potresti. Dobbiamo smettere di giudicare o arrovellarci nella comprensione, e abbandonarci invece alla grazia. Non possiamo prescindere da questo concetto: o sei toccato o non vedi».

Chi non crede può capire il Paradiso? Può apprezzarlo come un credente? C’è veramente questa differenza, oppure no?
Marco: «Apri una voragine. Io non credo che la poesia del Paradiso possa essere apprezzata solo da un credente. Eliot era un cristiano; ma Pound non mi risulta essere un cristiano “canonico”. Era piuttosto una figura aperta al mistero, alla “grandezza”. Io posso anche non credere, e va bene: ma sono chiuso alla rivelazione? Il problema è questo: quanto la nostra mente e il nostro cuore sono aperti a un mistero che ci supera? I fisici contemporanei ci dicono che, nonostante tutti i passi in avanti della scienza, conosciamo a malapena il 5% della materia; e non dicono in fondo niente di diverso da ciò che dice Dante nel Paradiso. E tra l’altro lo stesso Dante continua a fare domande fino alla fine del suo volo, lui stesso dice che il dubbio è come una fiera, che fino a che non trova il suo luogo non si ferma. Non posso fermarmi soltanto perché qualcuno mi dice di smettere di pensare: e anche qui, in mezzo alla beatitudine, la mia ragione continua a domandarsi il perché».

E infatti, anche in pieno Paradiso, Dante non abbandona la riflessione e l’invettiva.
Marco:
«Hai fatto bene a citare l’iracondia. La cantica che più trabocca di invettive anti-ecclesiastiche è proprio il Paradiso. Le tirate più forti contro i pastori che vestono di gioielli e abiti, carichi di oro, vengono addirittura da San Pietro! Anche questo è interessante».
Ermanna: «E a proposito di San Pietro, ci teniamo a ricordare Gianni Plazzi. Avevamo appunto pensato a lui per il nostro San Pietro. La sua voce di vetro, sempre sul punto di spezzarsi, era un varco della commozione. Anche lui attendeva con ansia il Paradiso…»

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