Addio perforazioni, 600 addetti in meno Allarme della Cgil per la crisi del settore

«Si ferma anche l’ultimo impianto. Azzerate le attività sul territorio»
E le multinazionali di servizio dimezzano il personale

trivella ravennaNonostante l’annullamento del referendum sulle trivelle che ha consentito la tenuta del sistema infrastrutturale e produttivo facente capo a Ravenna, si consolida la crisi internazionale del comparto delle estrazioni con gravi conseguenza anche per il territorio locale. E nonostante il prezzo del greggio sia risalito negli ultimi tempi a quotazioni che avrebbero dovuto già stimolare le oil company a ripartire con gli investimenti  – si legge in un comunicato del sindacato Cgil di Ravenna – di fatto continua la completa stagnazione e la mancanza di commesse  che si ripercuote direttamente su tutte le aziende della filiera della perforazione.
«Le principali services company multinazionali – commenta Alessandro Mongiusti, della Filctem Cgil Ravenna e responsabile nazionale di categoria per il comparto perforazione – hanno avviato piani di ristrutturazione devastanti che vedono coinvolte anche le basi operative nel nostro paese e nella nostra città. Dimensionalmente le tre big, Halliburton, Baker Hughes e Schlumberger hanno già ridotto il personale di oltre il 50% e stanno proseguendo nel percorso di riduzione. Stiamo parlando di personale altamente specializzato, formato su standard operativi e di sicurezza internazionali. Basti pensare che il costo di investimento formativo base di un tecnico supera i 130.000 dollari. Poi ci sono le piccole aziende, quelle composte da 15/30 addetti, sempre attive in ambito operativo ma anche legate alla logistica o alle forniture: qualcuna è ancora sostenuta dagli ammortizzatori sociali ma tante, dal 2010 ad oggi, sono state o assorbite o hanno chiuso i battenti. Nell’ultimo anno si può stimare che siano usciti dall’area ravennate all’incirca 600 lavoratori, suddivisi tra personale tecnico, dirigente e di staff, di cui un terzo residente a Ravenna e il restante in transito semipermanente da anni, veri e propri generatori di ricchezza».
A quanto pare, a fine mese, si fermerà anche l’Atwood Beacon, l’ultimo impianto di perforazione attualmente operante in zona e si toccherà così una storica “attività zero”, mai accaduta prima.
«Altra certezza, purtroppo – continua Mongiusti – sono i futuri piani operativi comunicati da Eni per Ravenna. Stante l’attuale situazione di mercato non vi sono operazioni in programma per tutto il 2016 e credo sia inutile andare oltre e fare i veggenti per il 2017. Se le operazioni non ripartono a breve termine quanto rimasto della forza lavoro dell’intero comparto subirà nei prossimi mesi una decimazione irrecuperabile. Resta stupefacente la sottovalutazione complessiva degli effetti che questa crisi può provocare: non è pensabile che nella stanza dei bottoni operativi, non in quelli finanziari, non siano ben chiare le conseguenze negative anche in termini garanzia di sicurezza».
La Filctem Cgil evidenzia che se Ravenna ha uno dei più elevati standard di sicurezza nel settore a livello globale, lo si deve soprattutto alla continuità operativa e alla costante crescita e consapevolezza di tutti gli attori in campo: operai, tecnici, dirigenti, aziende, sindacati ed enti di controllo.

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