«In questo momento la chimica sta bene», parola di sindacalista

Lorenzo Zoli è appena stato eletto nella segreteria nazionale della Femca Cisl. Dal 2006 era responsabile provinciale del settore

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Lorenzo Zoli, Femca Cisl

Due anni fa la chimica di Ravenna, e italiana, vedeva l’abisso, con lo spauracchio della vendita di Versalis a un fondo americano. Un salto nel vuoto che spaventava non poco. Oggi «il settore sta bene». Parola di un sindacalista, Lorenzo Zoli, appena scelto come membro della segreteria nazionale della Femca Cisl, dopo una vita a combattere le battaglie contro le chiusure, le delocalizzazioni e le multinazionali.

A Roma il 46enne, che è entrato in fabbrica nel 1994 e dal 2006 è diventato responsabile provinciale a Ravenna del sindacato di settore (poi unitosi a livello romagnolo), farà parte della segreteria di comparto ed è stato eletto da 90 delegati provenienti da ogni parte d’Italia. Prende il suo posto sul territorio Emanuele Scerra.

Zoli, che situazione lascia a Ravenna?
«La chimica in questo momento sta bene. Tutte le società sono in ripresa e hanno fatto investimenti, favoriti dal basso costo del petrolio. Il settore è molto legato alla dinamica dei costi della sua materia prima che era scesa fino a 33 dollari al barile e ha permesso alle imprese di investire e assumere grazie ai margini più alti».

Rispetto a due anni fa, una situazione totalmente diversa…
«Certo, il 2016 è lontano. Quello è stato un anno davvero particolare perché si temeva la vendita di Versalis che per il settore sarebbe stato disastroso. Inoltre l’operazione stessa sembrava piuttosto maldestra. Per fortuna tutto è saltato».

A proposito di Versalis, a che punto siamo con gli investimenti? Ormai se ne parla da un po’…
«Il progetto pensato inizialmente è stato ridimensionato negli anni ma rimane strategico. Nel frattempo è stato realizzato un altro importante investimento: l’impianto Butene-1,realizzato tra il 2014 e il 2016. Quello di cui si parla da tempo, e che vale 130 milioni di euro è quello che dovrebbe portare a realizzare l’impianto Sbr Solution. Questo progetto, in cantiere da un decennio, è stato variato molto negli anni».

A che punto siamo ora e da cosa si era partiti?
«Inizialmente la prospettiva era quella di costruire da zero l’impianto che doveva sorgere sulle ceneri di vecchie linee produttive chiuse all’interno del polo chimico. Si trattava obiettivamente di un investimento molto grosso, attorno ai 300 milioni di euro, che i tecnici di Ravenna hanno variato in favore di uno più versatile con il raddoppio di una linea di un impianto già esistente. Si è arrivati così ad un investimento tra i 130 e i 140 milioni di euro, più versatile e in grado di produrre nuovi tipi di gomme “green” perché quelle che vengono prodotte ora nelle nostre fabbriche cominciano ad essere un po’ datate. Una politica dei piccoli passi che permette maggiore versatilità ma aspettiamo che il tutto venga realizzato. Siamo a livello di ingegneria e prove sperimentali, per il via all’investimento serve l’ok del board di Versalis, speriamo che arrivi presto».

Il piano industriale dell’azienda è stato presentato?
«No, e purtroppo attendiamo da più di un anno. Il problema però è un altro: manca un piano industriale nazionale, che tocchi i principali poli chimici italiani, oltre a Ravenna anche Ferrara e Mantova. Su questi ultimi due distretti però, così come a Marghera, negli ultimi anni sono stati fatti imporanti investimenti. Ora, dopo dieci anni, dovrebbe essere il turno di Ravenna».

Guardando al passato qual è stato il periodo peggiore vissuto come sindacalista?
«Di certo quello che è partito con la crisi della chiusura della Vinyls (una vicenda che si è protratta per quasi dieci anni con la chiusura definitiva nel 2014 ndr.) e altre crisi di aziende chimiche. Poi nel 2016 la vicenda di cui parlavamo prima e l’idea della cessione del polo chimico da parte di Eni ad un fondo americano».

Secondo lei l’idea è stata archiviata?
«Mi auguro di sì. Ripeto: i margini di guadagno che ci sono in questo momento aiutano ma oggi siamo comunque a 77 dollari al barile mentre l’ideale sarebbe quota 60/65. Ci si comincia a preoccupare quando la materia prima va sopra quota 90».

Una delle caratteristiche del settore è la presenza di multinazionali. Come vede la situazione?
«La dinamica è sempre quella, il settore si è sempre sviluppato in questo modo. Uno dei problemi riguarda però il fatto che, in generale, gli stranieri non amano investire in Italia. Esistono però anche molte aziende nostrane che sviluppano tecnica, organizzazione e ricerca. Ravenna da questo punto di vista rimane una delle eccellenze, non dimentichiamo che l’industria chimica è nata qui».

Lei di cosa si occuperà a Roma?
«Oltre che della chimica in senso stretto anche di farmaceutica, gomma e ceramica, quest’ultimo è un altro settore strategico per la nostra regione: basti pensare al distretto faentino o a quello modenese. Spero che la presenza di un ravennate nel sindacato nazionale sia una spinta in più per aiutare il nostro territorio a crescere e a realizzare gli investimenti che da tempo aspettiamo».

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