«Il consumismo aveva dimenticato i prodotti agricoli, ora l’approccio sta cambiando»

La riflessione di Raffaele Drei (Confcooperative): «Dalla pandemia la Romagna può uscirne valorizzata. L’emergenza sanitaria ha radicalmente cambiato lo stile dei consumi: la plastica è diventata una garanzia di sicurezza»

DreiconfcoopRaffaele Drei, presidente della cooperativa faentina Agrintesa, è il responsabile del comparto agricolo di Confcooperative Ravenna. Lo abbiamo contattato per chiedergli come si immagina il futuro del settore, già da tempo alle prese con importanti questioni legate ai cambiamenti climatici, una volta superata l’emergenza coronavirus.

La pandemia globale secondo molti osservatori potrebbe portare a una nuova riscoperata del mondo agricolo, una sorta di ritorno al passato dei consumatori, più attenti a quello che consumano e a come reperirlo. È d’accordo?
«Pur essendo in questo periodo, dal mattino alla sera, concentrati sulle problematiche del momento, non solo quelle legate al coronavirus, volendo provare a infondere anche un po’ di speranza, penso in effetti che in queste settimane stia cambiando l’approccio al consumo alimentare della nostra società, del cittadino medio, anche la percezione che l’opinione pubblica ha nei confronti del bene alimentare. Purtroppo la nostra società credo si stesse veramente dimenticando del valore dei generi alimentari, del bene agricolo e personalmente ho sempre provato abbastanza fastidio da un lato e preoccupazione dall’altro, da addetto ai lavori, per il fatto che non era solo una percezione ma un’attenzione da parte delle istituzioni e le normative pari pressoché a zero e via via calante al nostro mondo. Forse perché comunque la nostra società consumistica è sempre stata abituata a leggere l’articolo di giornale, dell’agricoltore in grande difficoltà, ma poi a trovare ugualmente di tutto nei supermercati, con ampi spazi di spreco. Con i prodotti agricoli che sembravano un po’ come l’aria che respiriamo, dati per scontato. Con questa pandemia, forse, si sta invece incominciando a prendere coscienza del valore che hanno».

Siccità AgricolturaIl virus cambierà anche il modo di lavorare nei campi?
«Il lavoratore agricolo, come tutti, dovrà pensare di lavorare più in sicurezza, a fronte di un rischio che in passato non c’era. Si dovranno prendere una serie di ulteriori adempimenti. E poi si continuerà con l’evoluzione che già era stata avviata verso un’agricoltura sempre più attenta all’ambiente, tecnologica e con strumenti che migliorino alcuni aspetti fondamentali, quali l’uso dell’acqua e la sicurezza alimentare. L’emergenza sanitaria ha radicalmente cambiato lo stile dei consumi. Fino a tre mesi fa per esempio c’era un demonio che si chiamava plastica, che oggi è invece diventato una garanzia di sicurezza. La percezione del consumatore su questo aspetto è stata stravolta. Credo che siamo tenuti a fare un esercizio di equilibrio, non è vero che era il demonio, se opportunamente riciclata, non è neanche vero che sia una garanzia. Ma sono tanti i comportamenti che repentinamente sono cambiati nell’approccio all’agricoltura e che condizioneranno il prossimo futuro. In Romagna io trovo in particolare un ulteriore elemento di positività: qui non si producono prodotti di “lusso”, ad altissimo valore aggiunto. La Romagna è per definizione popolare, nel turismo ma anche nel proprio modo di consumare, e credo che questo possa aiutarci nel momento in cui verrà rivalorizzata la logica dei consumi di generi alimentari, essenziali per la nostra vita».

Anche qui in questo periodo è scattata l’emergenza per la mancanza di manodopera nei campi?
«Purtroppo siamo un’isola “infelice”, nel senso che in provincia di Ravenna non mi risulta ce ne sia bisogno. A causa delle gelate tardive di inizio primavera abbiamo visto azzerare tante nostre produzioni. Circa l’80 percento delle produzioni estive. Una situazione che rasenta l’incredibile, storicamente mai verificatasi. La peggiore calamità che ci si poteva aspettare, da cui nessuno è stato risparmiato».

Healthy Dirty Agriculture Harvest 1268101Ma ci sono anche casi opposti, di prodotti raccolti nei mesi scorsi che non possono essere venduti per problemi logistici?
«Sono aumentate le difficoltà, questo sì. Credo non ci sarà dell’invenduto, ma la logistica, con il mondo dei trasporti stravolto anch’esso, è diventata molto più complicata, più costosa, con criticità organizzative».

Cosa ne pensa dei casi di caporalato che in questi giorni sono emersi anche in Romagna, in provincia di Ravenna, con extracomunitari sfruttati nei campi per 50 euro al mese?
«È un fatto che si commenta da solo. Gravissimo anche perché in Romagna ci eravamo sempre ritenuti terra di legalità. Credo, a tal proposito, che i cambiamenti economici e la crisi che vivremo necessitano di tanta lungimiranza da parte dei legislatori per studiare normative trasparenti e rispettose del lavoro delle persone. Più elasticità anche, magari per attrarre verso il nostro mondo chi faticherà a trovare ancora lavoro in comparti come quelli del turismo stagionale».

Cosa altro chiedete alle istituzioni?
«Di provvedere, attraverso modifica legge 102, a dirottare risorse con elasticità ad aziende agricole che oggi sono stremate. E, come in altri settori, un grande impegno sul tema della sburocratizzazione, ancor di più in questo periodo».

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